Le aziende che ci spiano

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    «Nel corso degli ultimi 10 anni», ha detto Julian Assange durante la presentazione dell’inchiesta, soprannominata SpyFiles, «è fiorita un’industria internazionale che fornisce ai servizi segreti degli stati equipaggiamenti capaci di sorvegliare masse di persone. Quelle aziende ora stanno esportando i loro prodotti in giro per il mondo in modo incontrollato». Assange e gli altri hanno rintracciato quanto più materiale possibile per identificare i nomi di queste società e descrivere in dettaglio i ‘servizì che sono in grado di offrire. Ecco allora spuntare i nomi di 130 aziende basate in 25 paesi: insieme si spartiscono un business che vale 5 miliardi di dollari.

    Clicca qui per la mappa http://wikileaks.org/The-Spyfiles-The-Map.html.

    Ma i cittadini comuni ne sanno poco o nulla. Gli agenti commerciali di questo Grande Fratello reticolare illustrano infatti i loro prodotti in fiere specializzate dove, spiega il BIJ, «la gente comune e la stampa non è ammessa». Si tratta di strumenti avanzatissimi, che sembrano tratti da un film di Hollywood. Invece sono veri e pronti sul mercato. «Società di sorveglianza come l’americana SS8, l’italiana Hacking Team, o la francese Vupen producono virus Trojans in grado di assumere il controllo di computer e cellulari – incluso iPhone, Blackberry e Android – registrando ogni uso, movimento e persino immagini e suoni della stanza in cui si trovano», spiega Assange. In pratica, taglia corto il boss di WikiLeaks, ogni cellulare diventa «una microspia che in più è anche in grado di telefonare».

    «Spero – ha concluso – che la pubblicazione di questo materiale faccia capire che tutti siamo spiati. Non è una minaccia teorica, che può verificarsi in un remoto futuro: sta accadendo oggi, e coinvolge ognuno di noi». «È importante che questi equipaggiamenti siano usati solo in casi molto ristretti e in modo proporzionato», spiega Eric King di Privacy International. «Non è il caso della Siria. In un paese dove non c’è lo Stato diritto queste tecnologie diventano strumento di controllo politico». «I documenti – dice Ross Anderson, professore in security engineering all’università di Cambridge – rivelano l’esistenza di un’industria dedicata alla sorveglianza di massa e non impegnata a fornire legali strumenti d’intercettazione. Sono strumenti che permettono ai governi di registrare e analizzare email, chat e sms della gente allo stesso modo in cui Google permette di scandagliare il web».

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