“L’alta formazione è un bluff “

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    “Cosa vi scervellate a fare tanto con la cultura restate pezzenti”. E’ questa la frase pronunciata da uno dei valutatori dei 18 allievi del Corso di Alta Formazione dal titolo “Nuove tecnologie digitali applicate ai beni culturali, archeologici e monumentali”.

    Un bando allettante
    Il Corso di Alta Formazione “Nuove tecnologie digitali applicate ai beni culturali, archeologici e monumentali” bandito dalla Regione Basilicata è rivolto a giovani laureati inoccupati e disoccupati residenti in Lucania. E’ indirizzato a laureati in materie umanistiche e dei beni culturali e in generale a tutti coloro che operano nel settore della conservazione dei Beni Culturali ed intendono perfezionarsi nella valorizzazione, recupero e gestione dei beni culturali attraverso il supporto e l’approfondimento delle nuove tecnologie digitali. Vi accedono in 18. Tra questi ci sono Giorgio Santoriello e Carmela Petrone. Due giovani laureati rispettivamente di Policoro e Ferrandina. Vorrebbero rimanere in Basilicata e sfatare quel mito negativo che se sei giovane qui non hai futuro. E così dopo la laurea, come tanti colleghi, si giocano la carta dell’Alta Formazione. Mal che vada un corso altamente formativo li renderà competitivi per andare altrove. Del resto il bando della Regione Basilicata a cui accedono parla di sbocchi professionali in “Enti Pubblici ed Istituzioni Private operanti nel settore dello studio, tutela e ricerca sui Beni Culturali ed Ambientali (Pubbliche Amministrazioni, Soprintendenze, Musei, Biblioteche, Mediateche, Archivi, aziende del settore), Centri di Ricerca Scientifica legati ai beni culturali (Enea, CNR, Università), Centri per la Diagnostica, Centri per il Restauro e la Conservazione, Aziende Editoriali”

    SOLO PROMESSE- Lascia ben sperare il bando dunque- Promette anche “un corpo docente composto da esperti provenienti dal mondo professionale con esperienza decennale nel settore, docenti universitari e ricercatori particolarmente esperti in materia”. Altrettanto allettante il programma didattico pubblicizzato. “Il Master prevede l’utilizzo di diversi metodi didattici: lezioni frontali, lavoro di gruppo, soluzione case history, presentazioni con strumenti multimediali, esercitazioni individuali e di gruppo, esposizione, redazione di progetti. Durante il Corso saranno forniti dispense e slide prodotte dai docenti, dispense multimediali e materiale di approfondimento cartaceo elettronico. Sono previsti anche stage formativi fuori dalla Basilicata.

    TRA IL DIRE E IL FARE…

    “Tutto è cominciato-racconta Giorgio Santoriello-con un bando molto allettante. Il corso di Alta formazione viene annunciato come qualcosa di davvero utile, con la possibilità di fare stages sia fuori dalla Basilicata, che all’estero”. E invece? “Invece quando abbiamo iniziato-ci siamo resi conto che per essere un corso incentrato sulle nuove tecnologie gli strumenti informatici messi a nostra disposizione erano scarsi: un computer ogni due persone. La logistica lasciava a desiderare. Eravamo stipati in aule di 40 metri quadri”. Le prime dolenti note non finiscono qui. Stando a quel che pubblicizzava il bando i giovani che sono stati ammessi a parteciparvi si aspettavano di assistere a lezioni tenute da docenti qualificati. E invece… ”Premesso che non vogliamo fare i nomi, perché secondo noi i docenti scelti non hanno colpa, è chi li ha selezionati che non ha rispettato il bando, diciamo che anche in questo caso non ci hanno dato le eccellenze promesse. In buona parte erano liberi professionisti con un titolo di studio, un paio di ricercatori del Cnr di Tito. Il resto semplici laureati”.

    ALTRO CHE ALTA FORMAZIONE!

    Il corso era di 900 ore ripartite tra una fase d’aula, una di stage, elaborazione project work e accompagnamento al lavoro. “Ci è stato presentato un programma fatto di tante materie-raccontano Giorgio e Carmela-dalla fotografia all’infrarosso alla biblioteca digitale. In buona parte invece ci siamo trovati insegnamenti che si sovrapponevano, che si limitavano all’utilizzo di photoshop, tranne un paio di lezioni sull’utilizzo della termocamera. Finita la fase d’aula-continuano- ci siamo subito resi conto di non aver avuto la possibilità d’acquisire un bagaglio superiore rispetto a quello che già avevamo acquisito nel corso dei nostri studi universitari. Essendo tutti laureati in materie umanistiche – spiega Carmela-avevamo già sostenuto esami sulle stesse materie del corso. Insomma tra gli obiettivi formativi e un documentario del National geographic non vi era alcuna differenza”. A parte questo-tiene a precisare Giorgio-ci hanno fatto fare test psico-attitudinali che si sono portati via giornate intere”.

    I soldi che non arrivano
    I giovani laureati che prendono parte al Corso di Alta Formazione non sono tutti Matera. C’è chi viene da fuori ed affronta una notevole spesa per prendere casa nella città dei Sassi o per raggiungerla ogni giorno. Per questo i soldi che la Regione dovrebbe corrispondere ad ognuno, come rimborso in base ai chilometri di distanza dalla loro residenza, fanno molto comodo. “Durante la fase d’aula- raccontano i due corsisti-iniziavamo a chiedere all’ente, e alla Regione, quando ci sarebbe arrivato il rimborso per le spese di trasporto. Dalla Regione ci risponde il Dipartimento di Formazione, nella persona del signor Patrissi, il quale ci assicura che avrebbero cercato di darci un rimborso su base trimestrale o almeno seguendo l’erogazione del pagamento del voucher dalla Regione all’ente di formazione. I primi soldi ci sono arrivati a maggio 2012, sette mesi dopo la fine del corso, e- aggiunge Giorgio- solo dopo insistenti richieste e la minaccia che altrimenti ci saremmo incatenati all’ingresso della Regione.

    “E alla fine ci abbiamo pure rimesso”

    I rimborsi oltre che non recepiti a distanza di un anno dall’inizio del progetto, sono stati forzatamente forfettari. Infatti inizialmente era stata presentata la possibilità di rimborsi previa presentazione di regolare documentazione fiscale. Alla fine dello stage (quando diversi stagisti avevano conservato tutte le ricevute relative alle spese affrontate) l’ente formativo ci annuncia che dal Dipartimento formazione era arrivato il consiglio di riunificare le esigenze di tutti gli stagisti sotto un unico profilo di rimborso per velocizzare le pratiche di pagamento. Ciò ha causato un danno a chi ha fatto lo stage fuori regione o comunque oltre i 90 km di distanza dalla sede di residenza. “Oggi- spiegano rammaricati Carmela e Giorgio- dobbiamo prendere atto che il bando anche in questo punto non era chiaro. Diceva infatti che il rimborso sarebbe stato erogato compatibilmente “alle esigenze degli iscritti”. Il che vuol dire tutto e niente. Lo stesso ente di formazione, con una pubblicità ingannevole, ci aveva fatto capire che i soldi sarebbero arrivati durante il corso e non sette mesi dopo la fine. Di questo ci aveva dato rassicurazione, informale, anche il Dipartimento Formazione della Regione Basilicata. Queste rassicurazioni, considerate le spese che i corsisti provenienti da fuori Matera dovevano sostenere, aveva fatto sì che ci si iscrivesse al corso più tranquillamente”.

    I nodi vengono al pettine
    “Il bando- racconta Giorgio-per stessa ammissione di Patrissi, (funzionario Dipartimento Formazione Regione Basilicata ndr) è stato innovativo. Cioè l’ente di formazione ha avuto il soldi prima della fine del corso. Peccato che si sia trattato di un bando innovativo innestato su un meccanismo vecchio. Ecco questo ci è stato detto. E non abbiamo problemi a fare il nome del funzionario perché vogliamo che questa gente si debba vergognare, non tanto per le cazzate che vengono scritte nei bandi, che evidentemente non sanno scrivere, ma perché spesso gli stessi vengono scritti con ‘dolo’”.

    Bandi su misura
    Non è una scoperta evidenziare i meccanismi poco chiari che sono alla base dei bandi di formazione. Confezionati, molto spesso, per favorire questa o quella società. Si fa cassa elettorale anche così. Spesso i bandi sono il mezzo per elargire prebende. Questo sistema non proprio limpido è in qualche modo garantito da un’assoluta incapacità, o forse disinteresse, di controllo da parte dell’Unione Europea che finanzia i bandi. Il meccanismo messo in piedi dalla Regioni non viene monitorato, le Regioni, a loro volta non monitorano le società di formazione. Il tutto a discapito dei giovani che ci credono veramente.

    La solita filiera

    Giorgio e Carmela hanno chiaro il meccanismo. Tant’è che parlano di filiera corta, di legami tipici di una cultura mafiosa. “A febbraio 2012-racconta Giorgio- mi sono rivolto alla Regione con un esposto, mi hanno detto che il testo sarebbe stato girato alla Procura della Repubblica. Da febbraio ad oggi non è successo nulla. Abbiamo denunciato anche l’utilizzo di personale in nero da parte dell’ente di formazione presso cui abbiamo fatto il corso. Gente senza contratto che veniva lì previo accordo con chi aveva il potere di decidere. Ma anche in questo caso non c’è stato nessun controllo. Così come nessuno si è premurato di controllare, dopo la nostra lamentela, l’effettiva validità delle lezioni”. Per ogni corsista, erano 18, l’ente di Formazione ha incassato un voucher di 10.800 euro. Circa 90 euro l’ora era quanto prendevano i docenti. “Non tutti ci hanno dato il massimo-raccontano i due giovani- La qualità scendeva quando a farci lezione erano le persone “arrabattate” per rimpolpare le ore di lezione”

    L’intervento del Difensore civico
    “Ci siamo rivolti al difensore civico per appurare se il ritardato pagamento dei rimborsi fosse dovuto ad un ritardo nella rendicontazione o no. Il difensore civico-racconta Giorgio-ci ha dato una bella risposta. Quando io chiedevo all’ente di formazione i soldi loro mi dicevano che non avevano avuto ancora niente ma che quando li avrebbero avuti avrebbero diviso con noi perché- ci dicevano- sappiamo tutti i sacrifici che fate. Il Difensore civico invece ci ha assicurato che la Regione aveva erogato i fondi come da bando. E cioè la prima tranche del voucher era stata erogata al 30% dell’avanzamento del corso. Ma noi invece abbiamo dovuto attendere. Ed ancora, sulla capienza dell’aula messa a disposizione dall’ente di formazione, la Regione risponde al Difensore civico che la stessa era idonea in quanto bastavano 0.93 metri quadri per ogni allievo specificando che i canoni richiesti per le aule di alta formazione sono gli stessi della scuola dell’obbligo. Niente di più falso considerato che per l’accreditamento degli enti di formazione ci sono criteri molto rigidi tra cui appunto l’idoneità delle aule”.

    Lo stage? Praticamente inutile

    Alta formazione significa, o almeno dovrebbe significare anche stage qualificanti e utili per chi vi partecipa. Non è così nell’esperienza fatta da Giorgio e Carmela i quali ci assicurano che se la fase in aula è stata deludente non è andata meglio sul campo lavorativo. “Nella brochure che pubblicizzava il corso-raccontano-era riportata la possibilità di fare degli stages fuori dalla Basilicata e all’estero. Arrivati al momento in cui dovevamo decidere, la scelta si restringeva solamente a Roma e Firenze, (3 posti per ciascuna sede) il resto in Basilicata. Noi abbiamo ripiegato sulla Basilicata”.
    Entrambi spiegano perché la scelta è stata un ripiego. “Io- dice Carmela-ho fatto lo stage al Musma (Museo della scultura contemporanea di Matera ndr). Il mio tirocinio è consistito nell’estrapolare pezzi dalla mia tesi di laurea che loro (quelli del museo ndr) poi avrebbero inserito nel loro sito, nella sezione dedicata agli artisti che hanno esposto al Musma. In pratica ho fatto dei riassunti in formato word di quanto scritto nella tesi di laurea tre anni prima. Poi-aggiunge-ho anche spostato delle sculture”.
    Non è andata meglio a Giorgio che alla faccia delle nuove tecnologie alla Biblioteca di Matera, sede del suo stage- ha fatto la catalogazione dei libri a penna. “Quelli che sono andati a Firenze e Roma- ci riferisce- ci hanno detto d’essersi trovati meglio”. Fatto lo stage si arriva alla fase dell’orientamento al lavoro così come previsto dal bando. “12 ore interamente dedicate a navigare su internet assistiti da un sociologo”. La ciliegina sulla
    torta però arriva solo all’ultima fase. Quella di valutazione. “Il 14 novembre 2011 tre dipendenti della Regione Basilicata (Dipartimento Formazione) ci fanno l’esame finale. Due donne e un uomo devono valutarci. Le due signore- raccontano-si capiva che non avevano nessuna competenza in materia di nuove tecnologie. Vista anche l’età. Il terzo, invece, si è dimostrato subito molto affabile, talmente affabile, che a metà esame si è fatto scappare un’esternazione forte: “Che vi scervellate a fare con la cultura- ci ha detto- tanto morti di fame resterete”. Una doccia fredda per i giovani corsisti.

    Tempo perso
    Ecco che il dubbio d’aver sprecato energie e tempo diventa certezza proprio al rush finale. Il risultato è sconfortante. “Non ci sentiamo per niente competitivi- mastica amaro Carmela- E siamo ancor più amareggiati dal fatto che alla fine la battaglia la portiamo avanti in pochi”.
    Dei 18 corsisti 16 hanno espresso insoddisfazione per la formazione ma alla resa dei conti, e cioè quando si doveva denunciare a muso duro, solo pochi hanno presidiato le stanze del Dipartimento Formazione della Regione. Giorgio e Carmela hanno fatto da “capipolo”. Si sono interfacciati con funzionari e dirigenti. E oggi stentano a credere che quella gente occupi certe posizioni visto anche le risposte date ai loro mille perché. “Lo stesso Patrissi (Dipartimento Formazione della Regione ndr) alle nostre rimostranze ci ha detto che la la prossima volta i bandi li dobbiamo contestare prima. Ma cosa devi contestare se i problemi arrivano strada facendo? Si chiede sconsolato Giorgio. “quando ho chiesto espressamente a Patrissi chi scrivesse i bandi la risposta è stata raggelante: “I bandi li scrivo io. A volte, però, dietro c’è la volontà politica di dare una determinata sfumatura”.

    “Giovani valutate i bandi formativi con pregiudizio”
    Sul perché di questa ulteriore denuncia Giorgio e Carmela dimostrano ancora una volta di avere le idee chiare. “Ci sembra giusto che arrivi ai giovani lucani un messaggio: “I bandi formativi della Regione Basilicata devono essere accolti con pregiudizio”. Lo stesso signor Patrissi (Dipartimento Formazione e Lavoro Regione Basilicata ndr) alle nostre rimostranze ci ha invitato, in futuro, ad impugnare e contestare i bandi prima. Al che quando gli abbiamo ricordato che i problemi sono emersi strada facendo ci ha risposto “Da giovani quali siete sappiate protestare e farvi valere”. “Se oggi siamo qui- conclude Giorgio- è perché non siamo stati tutelati, in quanto non c’è mai stato un controllo sulla qualità didattica, sulla qualità del materiale informatico fornitoci, sulla corrispondenza di quanto scritto nel bando e quanto effettivamente svolto”

    “Sappiamo che prima o poi dobbiamo lasciare la Basilicata”
    E’ una mazzata la considerazione finale con cui i due giovani chiudono la nostra conversazione. Ci sono due modi per prendere le distanze da quella che definiscono una “cultura mafiosa”. “Non abbassare la testa e andarsene”. Due facce della stessa medaglia portata al petto con dignità da chi riesce a denunciare questi meccanismi perversi. “Noi lo sappiamo bene che al coraggio di denunciare queste cose deve poi corrispondere l’abbandono della nostra terra. Per noi non c’è posto. Noi, qui in Basilicata, non abbiamo libertà di scelta. Se stai qua o devi abbassare la testa o scegli il martirio. Noi non vogliamo fare né i martiri, né i sudditi. Significherebbe morire. Perché se pure non si muore per i proiettili si muore per la negazione dei diritti”.

     

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