Mafia e mafiosità in Basilicata. La vera questione

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    Il teorema per cui “se i Basilischi non sono mafia, in Basilicata la mafia non esiste” è sbagliato. E porta l’opinione pubblica fuori strada

    Un giornale locale si occupa della sentenza della Cassazione che ha annullato le condanne a carico di 19 imputati per associazione mafiosa nel processo ai Basilischi e titola: “C’è mafia nella nostra regione? La Cassazione dice no”. E aggiunge: “Si riapre l’antica questione sull’esistenza di un “crimine” lucano al 100%. Per scrivere la storia degli ultimi 20 anni servirà un nuovo esame delle accuse.” Sembrerebbe un tentativo di capovolgimento della realtà. La storia criminale di una regione non si scrive con la cronologia dei delitti e delle faide Non si scrive con l’elenco dei reati di gruppi di delinquenti che si sono ammazzati a vicenda. Nella storia criminale della Basilicata ci sono le vicende giudiziarie legate a Fenice e Arpab, quelle dell’Arbea, le vicende di Tecnoparco e dei Consorzi industriali. Rimborsopoli e Monnezzopoli. Rifiuti connection. Total, Eni. I concorsi truccati, le gare di appalto manipolate. La corruzione. L’omertà intorno ai gravissimi fenomeni di inquinamento. Le società di comodo che servono certi poteri nella gestione di affari milionari. I casi di omicidio non risolti, e anche quelli in cui qualcuno è stato suicidato. E mi fermo qui. Ma torniamo al tema, all’antica e scivolosa questione sull’esistenza o meno della Mafia sul nostro territorio. In Basilicata la mafia esiste, certo non come struttura militare armata. Ma come sistema di mediazioni e di rapporti di natura egemonica. Esiste la “mafiosità” come cultura, come fenomeno con proprie radici sociali. E’ “la nuova mafia” che si è ramificata nei decenni, senza sparare un colpo, occupando istituzioni, partiti, aziende, dove ha costruito legami organici sul principio della spartizione delle risorse pubbliche e delle postazioni strategiche. Ecco la vera “mafia”, che nulla ha a che vedere con la Mafia. Un sistema di potere politico-economico, capace di risorgere ogni volta, di trasformarsi, di adattarsi, di tenere sotto scacco ampi settori della società civile. La presunta organizzazione criminale dei Basilischi è morta perché non aveva legami con il tessuto sociale. Quindi non è mai stata “Mafia”. Il sistema di Potere lucano ha profonde radici sociali, si nutre di “mafiosità”, cioè di quella subcultura che mantiene in vita un apparato di relazioni ai limiti della legalità formale. Quella subcultura che favorisce e sostiene processi di accumulazione e di formazione dei rapporti di dominio e di subalternità. Altro che Basilischi!

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