Danni da trasfusione di sangue, indennizzo e risarcimento sono un diritto

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    E’ nota a tutti l’importanza delle ​trasfusioni​​, sia in ambito ospedaliero, in occasione di interventi chirurgici, sia per la cura di malattie croniche. E’ pacifico tuttavia che le trasfusioni presentano ​elementi di criticità e possono essere la causa di trasmissione di ​gravi malattie infettive​​, nello specifico le ​epatiti e l’Aids​​. Negli anni il rischio di contrarre agenti patogeni tramite pratiche trasfusionali si è quasi azzerato grazie ai test approntati, a partire dagli anni 70 del secolo scorso, dalla comunità scientifica e che consentono oramai di individuare virus particolarmente aggressivi ed invalidanti quali quello dell’epatite B, C e dell’Aids. Ma non è stato sempre così! ​​

    Le omissioni del Ministero della Salute. Nonostante fin dai primi anni 70 del secolo scorso fosse nota la pericolosità delle trasfusioni e la somministrazione degli emoderivati, il Ministero della Salute, a fronte di un’ampia normazione in materia, omise negligentemente di ​sorvegliare e vigilare attentamente la qualità del sangue importato da paesi esteri, nonché di controllare quello gestito e lavorato da ospedali, case farmaceutiche e farmacie nazionali. Alla luce di questo ​comportamento colposo ormai pacificamente riconosciuto dai Tribunali, in caso di contagio da sangue infetto conseguenza di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, il danneggiato può ottenere il ​risarcimento del relativo danno da parte del Ministero della Salute la cui responsabilità deriva proprio dalla violazione degli obblighi sullo stesso gravanti in materia di raccolta e distribuzione del sangue e dei suoi derivati.

    Il diritto al risarcimento. Il diritto deve esser fatto valere entro cinque anni ​​a decorrere dal momento in cui la malattia viene percepita o può esser percepita dal danneggiato quale ingiusta conseguenza della trasfusione e della somministrazione degli emoderivati. Possono avanzare richiesta di risarcimento danni anche i ​parenti del danneggiato​​, pure se deceduto. Oltre al risarcimento è possibile ottenere un ​indennizzo ovvero una somma riconosciuta dallo stato a titolo ​assistenziale​​ (una sorta di pensione di invalidità). V​iene erogato dal Ministero della Salute e consiste in un ​assegno composto da un indennizzo fisso e da un’indennità integrativa speciale​​, entrambi rivalutati annualmente e di valore crescente a seconda della gravità della patologia contratta e delle conseguenze che essa ha avuto sull’integrità fisica del soggetto interessato. Per chiedere l’indennizzo è necessario rivolgersi alla Asl competente per territorio, quella di residenza del soggetto interessato, e presentare apposita domanda. La domanda deve essere presentata ​entro 3 anni ​​nel caso di epatiti post – trasfusionali o di ​10 anni ​​nel caso di infezioni da Hiv; questo termine decorre dal giorno in cui il soggetto interessato è in grado di ricondurre la patologia sofferta alla trasfusione o somministrazione di emoderivati. La Asl provvede ad istruire la pratica che viene poi trasmessa ad un Commissione Medica allo scopo di convocare l’interessato ed esprimere un parere circa: 1. la ​tempestività​​ della domanda; 2. l’esistenza di un ​nesso tra la somministrazione di sangue od emoderivati e la patologia lamentata; 3. ​l’ascrivibilità​​ della patologia ad una di quelle indennizzabili per la loro gravità. Se sfavorevole, contro la decisione della Commissione medica ospedaliera si può proporre ricorso avanti al Ministero della Salute e, in caso di ulteriore diniego dell’indennizzo, entro un anno, ricorso al Tribunale di residenza del danneggiato. L’indennizzo può essere richiesto anche da quanti hanno subito danni a seguito della somministrazione di vaccini obbligatori per legge. Si consiglia dunque a tutti coloro che ritengono di aver contratto un’epatite o l’Aids a seguito di emotrasfusioni o somministrazione di emoderivati o hanno subito danni conseguenza di vaccinazioni obbligatorie per legge di rivolgersi ad uno studio legale esperto in materia o ancora ad una delle associazioni che tutelano i malati presenti sul territorio.

    Avv.ta Maria Teresa Votta (mariateresa@studiolegalevotta.it)

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