Nucleare, per il sito unico “ignorato il parere dei sismologi”

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    Negli ultimi mesi un gruppo di studiosi italiani di fama internazionale ha iniziato a far sentire frequentemente le propria voce circa l’assalto delle “lobby della ricerca debole”, quando non corrotta o poco autorevole, verso la libera scienza competente: vertici deboli di enti di ricerca che di fatto annientano l’imparzialità della libera ricerca ed aumentano in maniera esponenziale la cosiddetta “Sindrome Nimby”. In generale si può non essere contrari a prescindere su nucleare o petrolio, ma sicuramente tremano i polsi quando a decidere è “la scienza dei mediocri”, riprendendo le parole indirizzate al Presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia- Stefano Gresta – dalla stessa Commissione Salamini del Miur, che lo ha eletto nel 2012 come “facente funzione”, dopo la debacle dello Svizzero Domenico Giardini, su cui poco si è parlato. La magistratura nonostante tutto ancora non procede ed i cittadini dovrebbero fidarsi di questi “enti” per questioni come l’individuazione del deposito unico nazionale di scorie radioattive. 

    “Nessun reale parere sismologico dietro la mappa dei luoghi che dovrebbero accogliere le scorie”. Su “Il Foglietto della Ricerca” i professori Boschi e De Vivo hanno negli ultimi mesi lanciato un pesante allarme, mai smentito, ossia che l’Ingv non avrebbe fornito alcun reale parere di natura sismologica – leggendo tutti i protocolli – per la stesura del rapporto “Criteri per la localizzazione del Deposito Nazionale delle scorie radioattive”, prodotto dall’Ispra, ossia la celebre Guida 29. L’assenza di convocazioni e protocolli tra “strutture Ingv” dimostrerebbero che l’Ingv non ha mai coinvolto nell’elaborazione del parere sismologico le proprie strutture competenti (proprio la sismologia è la ragion d’essere dell’Ingv) ed il parere su una tematica delicatissima e strategica come il sito unico sarebbe stata a detta di Boschi fornita da “un singolo ricercatore indubbiamente simpatico e gentile, ma con esperienze sismologiche non acclarabili “. Si tratta del ricercatore Ingv Massimo Chiappini, al momento con semplice ruolo amministrativo nella sezione Roma 2 dell’Ingv, noto per essere in conflitto di interessi, come già certificato dal Garante del Piano Anticorruzione Ingv – Tullio Pepe e riportato dalla rivista Panorama qualche mese fa, per essere presidente della società co-partecipata “Maris”, insieme a Francesco Mantegna Venerando, oggetto di una recente interrogazione parlamentare del 10 giugno 2015 per la vicenda delle reti geochimiche mancanti ai vulcanelli di Macalube, sito nel quale sono morti 3 bambini a fine settembre 2014. Una tragedia che non doveva verificarsi visto che i contribuenti hanno pagato milioni di euro per una rete di sorveglianza che dopo si è rilevata inutile, stando al testo dell’interrogazione parlamentare.

    Quegli strani criteri per individuare il sito: precauzione o business? Non solo sarebbe stata ignorata la sismologia nella formulazione dei criteri per individuare il sito idoneo allo stoccaggio delle scorie (guarda caso erano citate solo le misure gamma perfettamente inutili nella fase della scelta del sito ma potenziale interesse per la co-partecipata Maris, quindi Chiappini, che avrebbe potuto mappare mezza Italia), ma sarebbero state ignorate varie discipline geologiche: dalla geochimica all’idrogeologia, alla stratigrafia per arrivare ad ignorare la valutazione delle strutture sismogenetiche nel loro insieme, ossia le aree  predisposte naturalmente ad attività sismica. Qualche ‘anomalia’ sarebbe stato notata nella mappa Sogin – già trapelata nelle indiscrezioni di corridoio in Ispra – anche nel modificare le accelerazioni sismiche usate, parametro quest’ultimo che avrebbe permesso alla Regione Emilia Romagna di non entrare nella lista delle candidabili. Verrebbe da pensare che si siano attese le elezioni regionali per rimandare la divulgazione della decisione, a conferma del fatto che i criteri d’individuazione potrebbero essere più politici che scientifici. Sembrano tornare oggi a galla “le scelte verticistiche” nello stile di Scanzano Jonico, quando in Italia le istituzioni diffusero “militarmente” e senza dibattito pubblico preventivo la favole dell’idoneità dei depositi salini costieri lucani per lo stoccaggio geologico di materiale radioattivo, mentre negli Usa da oltre 40 anni si era appurato che la radioattività si faceva strada nei liquidi interstiziali delle strutture saline stesse. Eppure l’Ispra, che all’epoca dei fatti di Scanzano non esisteva, ripeterebbe oggi l’errore di allora tenendo fuori dalle decisioni i sismologi ed i geologi. Un ricercatore dell’Enea interrogato sulla questione sito unico ha affermato: “chi di dovere è stato informato che quello di Ingv non era un parere di ente, ma son talmente tante le cose che non vanno in questa vicenda…”

     

    Quei colloqui di cui non si trova traccia. Con chi effettivamente l’Ispra ha stilato le linee guida per l’individuazione del sito unico? Dove sono pubblicati i verbali? Per arrivare alla Guida 29 vi sarebbero stati oltre un anno di confronti e dialoghi tra numerosi enti, pubblici e misti, confronti di cui non si trova traccia scritta. Da fonti vicine all’Ingv sembrerebbe che agli incontri Sogin-Ingv, quest’ultimo avrebbe mandato non i propri dirigenti-scienziati competenti in materia ma sempre e solo il dott. Massimo Chiappini, scelto autocraticamente dal presidente dell’istituto senza che faccesse parte di alcuna “linea di attività” Ingv, né tantomeno della linea energia e georisorse dello stesso ente che si dovrebbe occupare del problema, linea nella quale lavora la moglie del presidente Gresta.

     

    La Sogin e i rapporti con la Fondazione Sviluppo Sostenibile di Edo Ronchi. Sul periodico romano “Astrolabio – Amici della Terra” dell’ottobre 2014, Rosa Filippini riportò la vicenda Sogin – Issi ossia “l’affidamento del servizio di informazione e confronto pubblico sulle attività per la chiusura del ciclo nucleare ad un soggetto privato (l’Issi, Fondazione di Edo Ronchi) in modo arbitrario e, addirittura, senza procedura di evidenza pubblica.” La Filippini scriveva che “negli stessi giorni in cui l’Osservatorio dell’Issi organizzava i confronti pubblici sui criteri di localizzazione del deposito di rifiuti radioattivi, annunciando l’inizio del lungo percorso di dismissione degli impianti, il Consiglio di Amministrazione di Sogin prendeva già atto della propria incapacità di attuare il programma quadriennale dopo appena un anno dalla sua adozione, elemento non secondario per valutazioni sul percorso da intraprendere. Per alcuni mesi nessuno ha saputo niente di questa crisi interna a Sogin, testimoniata anche dagli attacchi pesanti fatti dal Presidente di Sogin, Giuseppe Zollino, verso il proprio amministratore delegato, Riccardo Casale. La società sembra immobile eppure la Filippini ricordava che sul sito della Sogin, nell’elenco degli appalti affidati, fra la fornitura di materiale termoidraulico e quella di una gru semovente, dopo un anno di mistero, si dava finalmente conto di un “Accordo di collaborazione: osservatorio per il monitoraggio della bonifica dei siti nucleari e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Per l’importo di 145mila uro, per l’anno 2014, in favore dell’Issi.” Una nota precisa che trattasi di “procedura negoziata” senza previa indizione di gara, accordo di cui sarebbe opportuno sapere lo stato attuale e quindi se sia stato rinnovato anche per il 2015.

     

    Chi è Massimo Chiappini? Direttore “amministrativo” – non scientifico – della Sezione Roma 2 di Ingv coinvolto, nelle vesti di tecnico, per dare un parere a Sogin. Membro della società Maris, “ente senza fine di lucro”, a capitale interamente pubblico, che si occupa di sistemi di monitoraggio ambientale avanzati con sede all’interno dell’Ingv. Quante assunzioni o consulenze per chiamata diretta abbiano avuto i membri di Maris da Ingv o da altri non è dato sapere. Ingv non pubblica niente a riguardo sul proprio sito, così come sul sito non si possono intravedere i legami con la politica, perché il presidente Gresta pare sia politicamente vicino all’area ex-Pdl ed esattamente a Francesco Mantenga Venerando, ex capo della protezione civile siciliana anch’egli membro della Maris in veste di direttore generale: una “cooperativa a responsabilità limitata”, con sede principale guarda caso nell’Ingv sia a Roma, sia a Palermo, sia a  Bruxelles nell’edificio dove sono presenti sia l’Ingv ce il Cnr. Sempre presente la Maris e sempre senza alcuna segnalazione ufficiale negli uffici istituzionali. La mission della “Maris” rappresenta un conflitto d’interesse “certificato” dal Garante del Piano Triennale Anticorruzione di Ingv, secondo il quale i membri della società potrebbero usare i mezzi pubblici Ingv per obiettivi commerciali e scientifici in Maris: acquisizione dati, brevetti, trasferimento di tecnologie etc..Questioni che magistratura ed Anac dovrebbero porsi.

     

    L’Ingv controlla il territorio, ma chi controlla l’Ingv? Come mai il Presidente Gresta spinge per l’istituzione di una “task force” mondiale di vulcanologia, tematica ormai non prioritaria per l’Italia in un momento di crisi energetica, territoriale e climatica globale ed anche economica e visto che, Macalube docet, non siamo riusciti neanche a monitorare i vulcanelli italiani? Con la priorità dello Sblocca Italia, del dissesto idrogeologico, della petrolizzazione di terra e mare, del sito unico nucleare, i vulcani sembrano il pretesto solo per sollazzanti viaggetti pagati dal pubblico, viaggi di cui Gresta pare abbia usufruito fin dalle prime settimane di insediamento, implementando la pianta organica dell’Ingv di ulteriori vulcanologi rispetto ai tanti già presenti, ignorando altri ambiti di ricerca più strategici. Nonostante l’Ingv sia una fucina di cervelli, come mai la rete di interessi privati già segnalata da autorità competenti, non viene apertamente denunciata da questi scienziati?

     

    La gestazione del sito unico per le scorie nucleari inizia nella migliore tradizione italiana: più grande è la torta da mangiare meno saranno i commensali invitati. Del resto dinanzi ad un grande patrimonio da spartire gli eventuali eredi si sbraneranno a barre, pardon, “bara” ancora calda: il vero decommissioning da attuare è verso il nucleare o verso enti che sembrano usare la ricerca scientifica pubblica con modalità poco trasparenti?  

    Giorgio Santoriello

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