Imprenditore denuncia giudice di Taranto al tribunale di Potenza

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    Usurato dalle banche e costretto al fallimento, finisce nelle maglie delle procedure di vendita all’asta. Un’altra voce contro il tribunale di Taranto. Stefano Buonsanti, imprenditore edile, ginosino, riesce appena a trattenere le lacrime, mentre ci racconta la storia, assurda, paradossale come tante altre vissute da molti cittadini della provincia tarantina

    Il signor Stefano lavorava bene, guadagnava anche bene. Fino a quando un intreccio “mortale” tra avvocati e direttori di filiali bancarie, giudici del tribunale, lo costringe alla miseria. E’ il 1998 quando il presidente dell’allora Cassa Rurale e Artigiana (ora Banca di Credito Cooperativo) di Ginosa dice al signor Buonsanti: “Da oggi in poi devi morire”. Da quel momento, infatti, l’imprenditore non ha più pace. Gli vengono revocati tutti i fidi in tutte le banche. Intanto aveva contratto mutui con le stesse banche a tassi usurai, fino al 23 per cento di interessi. I committenti per lavori da centinaia di milioni di vecchie lire, si tirano indietro e revocano i contratti. Il signor Buonsanti capisce che una rete “mortale” lo ha imprigionato in un destino che lo porterà a perdere tutti i suoi beni. E siamo ai giorni nostri. Stefano Buonsanti ci racconta di aste pilotate, di vendite illegittime, di opposizioni alle vendite sempre rigettate dal giudice Martino Casavola. Questo giudice compare spesso nelle denunce dei cittadini al tribunale di Potenza, oltre che nei racconti di altre persone sottoposte a procedimenti fallimentari. E’ di pochi giorni fa, il 25 novembre scorso, la denuncia dell’imprenditore contro il Giudice tarantino e alcuni avvocati, depositata al tribunale di Potenza. Buonsanti fa rilevare nella sua denuncia due episodi da egli ritenuti perseguibili penalmente. Il fatto riguarda la vendita all’asta di un locale commerciale in pieno centro storico di Ginosa per il quale era stata nominata custode la moglie dell’imprenditore. Il giudice ha ritenuto di surrogare il custode nominando in sostituzione l’avvocato già delegato alla vendita dell’immobile. Buonsanti, tramite il suo legale, ricorre contro il provvedimento di sostituzione chiedendone la revoca. Ricorso rigettato. Il giudice, nell’ambito del procedimento fallimentare, ordina la comparazione delle parti per il giorno 19 dicembre 2016, ma nel frattempo, in data 12 ottobre 2016, l’immobile viene venduto e aggiudicato. A chi? A persone che sembrano lavorare saltuariamente, quindi con un reddito, almeno apparentemente, povero. A quanto viene ceduto l’immobile? A 25mila euro. Eppure il valore stimato era pari a 120mila euro. “Insomma – ci dice Buonsanti – questa è una delle tante aste pilotate al cento per cento, spero che il tribunale di Potenza indaghi sul serio, anche se so che altre denunce di altri cittadini sono finite archiviate”. In questi anni l’imprenditore ha subito aggressioni verbali, umiliazioni, che lo hanno ridotto allo stremo psicologico. Ci racconta di strani personaggi malavitosi aggirarsi intorno alle aste, di strane procedure che finiscono con l’aggiudicazione di beni immobili a gente che non sembra avere le mani pulite. Buonsanti è convinto: “Quel giudice è corrotto”. Noi, naturalmente non possiamo approvare la sua convinzione. Fino a prova contraria quel giudice è immacolato. Da quando ci stiamo occupando di queste vicende che coinvolgono il tribunale tarantino e il tribunale di Potenza, abbiamo ricevuto molte segnalazioni, anche anonime, di persone che hanno vissuto vicende controverse nel “calvario” delle procedure fallimentari a Taranto e delle archiviazioni “facili” a Potenza.

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