Lo Stato dovrebbe giudicare se stesso

Allora  forse bisognerà rivedere in questo Paese senza molta memoria anche il meccanismo tutto dei ricordi e delle celebrazioni

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Mentre dalle colonne del Tempo di ieri la figlia del collega Borsellino lancia un ennesimo grido di dolore contro i processi fatti male, che avrebbero ucciso per la seconda volta il povero Paolo, i mass media di oggi danno ampio risalto alla sentenza del tribunale di Napoli che manda assolto con formula piena l’ex Ministro della giustizia Clemente Mastella da una sfilza di reati contro la p.a. dopo soli dieci anni dall’inizio della via crucis delle relative indagini penali. E’ evidente che c’è qualcosa o forse più di qualcosa che non funziona come dovrebbe in un apparato giudiziario che, con questi risultati, ricorda istintivamente le fasi ed i passaggi salienti della colonna infame del Manzoni.

Solo qualche decennio fa la Giustizia Italiana fu tramortita letteralmente dalla triste vicenda del povero Enzo

Tortora, vittima illustre del criminale sinallagma tra campagne di stampa organizzate con evidente spirito di prevenzione ed inclinazioni colpevoliste ed istinto persecutorio ospitati in taluni pubblici ministeri, sovente interessati non a perseguire i crimini ma a perseguitare figure, schemi e fantasmi che  pure allignano nei loro animi pseudo giustizialisti.

La lista delle vittime illustri si arricchisce di ulteriori nomi se solo si volge lo sguardo a quello che fu l’andamento della giustizia penale in epoca fascista, cioè durante quella che fu una vera e propria dittatura. Prendendo qualche riferimento a caso, ci imbattiamo in un altro Conte di

Montecristo, in un altro ospite forzato delle celle di Stato Italiane, nel povero Gino Girolimoni.

Stavolta siamo nel settore dei delitti contro la persona ed in specie in quello dei reati contro la libertà sessuale: il povero Girolimoni fu arrestato ed incarcerato per circa un anno con l’accusa di avere violentato ed ucciso sette, dico sette bambine, in un contesto di dichiarata pedofilia,per essere poi assolto e liberato da un giudice realmente terzo, degno di questo nome.

E inutile dire che anche la vita di quest’uomo fu completamente sconvolta dalla vicenda giudiziaria di cui era stato vittima, ma non è sicuramente inutile sottolineare che il regime totalitario dell’epoca impose alla stampa di non dare eccessivo spazio alle notizie relative all’assoluzione del povero Girolimoni. Guardando a ci  che avviene oggi, non riusciamo in verità a trovare molte differenze rispetto a quanto accadeva in Italia in pieno regime fascista: anche oggi.dopo qualche altra ora, non pochi giornali di regime cesseranno sicuramente di parlare della vicenda Mastella, della vicenda Borsellino, della vicenda Contrada, per dedicarsi alla caccia di nuovi agnelli sacrificali da immolare non sull’altare della  giustizia ma su quello della notizia, che sembra sicuramente essere piu redditizio ai fini della vendita dei quotidiani di larga tiratura nazionale.

Con riferimento alla vicenda Girolimoni non è superfluo ricordare a coloro che amano la vera Giustizia  un nome, una figura, un esempio: quella del commissario di polizia Dosi, della questura di Roma. Questo autentico eroe  della verità impiega  tutte le sue energie per far riaprire le indagini sui fatti di cui era accusato ingiustamente il povero Girolimoni con gli effetti assolutori conseguenti ,ma il suo amore per la verità fu ricompensato dalla dittatura dell’epoca con l’arresto ed il ricovero in manicomio giudiziario per circa 15 mesi: lo stesso fu poi riabilitato solo dopo la fine del fascismo.

Allora  forse bisognerà rivedere in questo Paese senza molta memoria anche il meccanismo tutto dei ricordi e delle celebrazioni, per poter magari intitolare qualche aula di giustizia a qualcuna delle vittime più o meno illustri del  sistema: sarebbe il prezzo minimo che uno Stato, palesemente debitore di giustizia e non di sola giurisdizione, dovrebbe pagare a titolo di risarcimento degli immensi danni arrecati alle vite di tanti innocenti dalle sue più o meno credibili sviste ed incapacità di rettamente giudicare se stesso e la collettività che lo alimenta.

Samurai di Basilicata

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