La Regione e il baciamano all’Eni. Morta la dignità dei lucani

Pittella annuncia richiesta danni alla multinazionale per il mancato incasso delle royalty dovuto alla sospensione delle attività del Cova. Se non è un bluff è una sceneggiata

La Regione Basilicata chiede i danni all’Eni per il mancato incasso delle royalty dovuto alla sospensione delle attività del Cova. Sospensioni causate prima dall’inchiesta petrolgate e poi dalla perdita di greggio da un serbatoio. La richiesta di risarcimento è stata dichiarata dal presidente Pittella ai microfoni della Tgr. Lo ha fatto per smentire una presunta trattativa tra Eni e Regione per spingere la Compagnia petrolifera a fornire un contributo in denaro a copertura del mancato introito delle somme che sarebbero derivate dall’attività di estrazione nel periodo di interruzione.

Della trattativa aveva parlato nei giorni scorsi l’eurodeputato Piernicola Pedicini, denunciando un atteggiamento di subalternità della Regione. Ma lui, Pittella fa sapere: “Quale trattativa! Abbiamo chiesto i danni.” Che dire.

Intanto, checché se ne dica, saremmo di fronte ad una trattativa che parte da una precisa richiesta della Regione. E come in tutte le vicende che riguardano questo governo regionale e quelli che lo hanno preceduto, il quadro anche questa volta è ambiguo e avvolto dalla nebbia.

Sappiamo che chi produce petrolio in Italia è tenuto a versare allo Stato una royalty, pari al 10% del valore del gas e del greggio prodotti a terra. A stabilirlo è la Legge 99/2009, secondo cui alle royalty dovute per le produzioni su terra di gas e petrolio, pari al 7%, va aggiunto un ulteriore 3% da destinare a un Fondo. Il 7% è ripartito tra Stato (30%), Regione a statuto ordinario (55%) e Comune (15%), ma per la Basilicata e per le altre Regioni del Sud Italia a statuto ordinario, ai sensi della Legge 140/1999 e successive modifiche, l’aliquota dovuta allo Stato viene interamente devoluta alla Regione competente, che pertanto percepisce l’85% delle royalty versate.

E’ evidente che il ristorno economico è collegato alla quantità estratta e alle quotazioni del prezzo del greggio. Ed è evidente che la questione, semmai fosse fondata, riguarderebbe lo Stato italiano e non la Regione Basilicata. Dunque, in quale battaglia legale si avventurerebbe la Regione? Ma siamo seri! Pittella dichiara che “è sul tavolo una richiesta di danni che è stata già verbalmente formalizzata”. Chissà che cosa significa “verbalmente formalizzata”.

Questa storia, come tutte le storie che riguardano i rapporti tra Regione e multinazionali del petrolio, ha tutto il sapore di un bluff. La Basilicata senza le royalty rischia il default e quando quelle risorse scarseggiano il bilancio regionale prende la forma di uno scolapasta. E’ questo il vero nodo della questione. Altro che chiacchiere! E questo spiega in parte l’atteggiamento remissivo dei decisori politici nei confronti dei signori del petrolio. E questo spiega perché la Basilicata anziché chiedere i danni per il mancato rispetto degli accordi di Eni in relazione alla tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei cittadini, chiede soldi.

E’ patetico Pittella che prova, ancora una volta, a girare la frittata. Siamo chiaramente di fronte al tentativo di ingaggiare una trattativa “anomala” tra Regione ed Eni. E l’unico modo per ottenere un “risarcimento danni” improbabile è far leva sulla benevolenza del cane a sei zampe. E sarà l’ennesima dichiarazione di dipendenza dal petrolio. Sarà l’ennesimo baciamano all’Eni. Perché di baciamano si tratterebbe, anche se il governatore lucano, per salvare la faccia, la chiamerà “trattativa per risarcimento danni.” E l’Eni per sua benevolenza, forse, glie la farà passare come tale. Povera Basilicata.