Disabili presi a calci e pugni. Orrore all’Istituto Padri Trinitari di Venosa

Otto persone sono state arrestate, 15 in totale sono gli indagati. Due medici secondo quanto emerso dalle indagini avrebbero "omesso negli anni  di registrare l'invio al pronto soccorso di alcuni pazienti per ferite lacero-contuse varie e traumi cranici"

Scene già viste per altri casi di cronaca simili. Persone bisognose di cure prese a calci, pugni e schiaffi da chi invece avrebbe dovuto prendersi cura di loro. Trascinate per terra come sacchi, per spostarli da una stanza all’altra.  Nel migliore dei casi i pazienti, quando non maltrattati, venivano lasciati nella più totale indifferenza.

Le immagini riprese all’interno dell’Istituto Padri Trinitari di Venosa (Istituto medico psico socio pedagogico “Ada Ceschin”) hanno portato all’emissione di quindici misure cautelari nei confronti di operatori, medici e legale rappresentante della struttura eseguite all’alba di oggi dai carabinieri del Nas di Potenza. 

Pazienti costretti a subire, nel tempo, un penoso e inaccettabile clima di sopraffazione e violenza. Così la Procura di Potenza, descrive, quanto emerso dalle indagini, supportate da intercettazione audio-video e telefoniche. 

Cinque le persone finite agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione denominata “Riabilitazione invisibile”: Giovanni Adorno (assistente ai disabili), Vincenzo Briscese, Filippo D’Argenzio, Sergio Di Tria, Rocco Di Vietri (educatori), Bartolomeo Genosa, Salvatore Marilli e Michele Mollica tutti e tre assistenti ai disabili.

Divieto di dimora nel comune di Venosa è stato invece disposto per altri tre educatori: Sebastiano Paradiso, Michele Pugliese e Donato Santoliquido, e per Gerardo Antonio Pepe coordinatore degli educatori e degli assistenti ai disabili.

Divieto di dimora, oltre che a Venosa, anche a Bernalda (dove è presente un’altra struttura con la stessa gestione) per Padre Angelo Cipollone, direttore e legale rappresentante dell’istituto medico psico socio pedagogico “Ada Ceschin”.

Sospesi e interdetti dalla professione due medici che operavano nella struttura: il neuropsichiatra infantile, Michele Germano e il medico chirurgo Francesco Mango. 

I due medici secondo quanto emerso dalle indagini e dalle cartelle cliniche avrebbero “omesso negli anni  di registrare l’invio al pronto soccorso di alcuni pazienti per ferite lacero-contuse varie e traumi cranici”. 

Nel corso delle indagini sono stati ascoltati anche i parenti dei pazienti e acquisite consulenze tecniche di psichiatri e psicologi che anche attraverso test ai pazienti sono riusciti a ricostruire quanto accadeva tra le mura dell’istituto.