Senza giornalisti liberi non esiste libertà di stampa

“Un giornale che è fedele al suo scopo si occupa non solo di come stanno le cose, ma di come dovrebbero essere”

Oggi 3 maggio è la Giornata mondiale per la Libertà di Stampa. E’ anche l’occasione per ricordare tutti i giornalisti che hanno perso la vita a causa del loro lavoro. Trenta sarebbero i giornalisti e operatori dei media uccisi dall’inizio del 2018. E aumenta il numero delle vittime di minacce, intimidazioni, aggressioni. Il ruolo della libera informazione nel tutelare la salute della democrazia è fondamentale. E chi vuole i media piegati alle logiche di interessi e poteri illegali, reca un danno enorme alla libertà e alla democrazia. Detto questo, mi permetto di pensare che la libertà di stampa sia soprattutto libertà del giornalista. E la libertà del giornalista in gran parte dipende da se stesso.

Esistono condizioni oggettive, di carattere politico, economico, che spesso impediscono al cronista di agire nella massima libertà. E quando queste condizioni oggettive esistono il giornalista ha davanti a sé due opzioni: agire nelle forme e nei modi consentiti dalle condizioni oggettive, limitandosi dunque nel suo lavoro, oppure ignorare quelle condizioni e rischiare il carcere o la vita. E’ ciò che accade nei Paesi in cui la libertà di stampa è limitata o addirittura impedita dalle leggi dello Stato. Altrove, come in alcune zone del nostro Paese, dove le mafie, e gli intrecci tra criminalità e politica, tra poteri illegali e istituzioni, controllano il territorio, la libertà di stampa è gravemente minacciata. Anche in questo caso il giornalista deve scegliere: limitare i propri spazi di manovra informativa o rischiare in prima persona in nome della libertà di informazione.

C’è un’altra zona critica che ha a che fare con la libertà di stampa e riguarda l’influenza che gli editori, esercitano sui giornalisti. Editori a loro volta sottoposti “al ricatto” economico dei sovventori siano essi privati o pubblici. Nelle piccole realtà di provincia è più facile che ciò accada. Assistiamo dalle nostre parti a un giornalismo banale che alla bisogna tenta di orientare l’opinione pubblica a vantaggio di aziende, organizzazioni, poteri economici e politici da cui dipende la tenuta economica del loro giornale. Anche questa è una forma di limitazione delle libertà di stampa, una forma in gran parte soggettiva che coinvolge direttamente le scelte del giornalista: faccio l’impiegato della notizia o faccio il Giornalista?

E ancora assistiamo a circoli di amicizie intorno alle quali si sviluppa un’informazione “astratta” nelle forme e nei contenuti tale da sottovalutare o al contrario esaltare alcuni fenomeni e fatti che interessano il territorio. Ma questa è un’altra storia, che riguarda taluni giornalisti col distintivo e senza penna.

Per concludere. La distinzione tra libertà di stampa e libertà del giornalista non è banale. Ci aiuta a capire. La libertà di stampa, vitale per una democrazia, dipende in gran parte dalle condizioni oggettive di un territorio (condizioni politiche, economiche, normative, sociali, culturali) e riguarda il sistema dell’informazione, il giornalismo nel suo complesso. La libertà del giornalista, altrettanto vitale per la democrazia, dipende in gran parte dalle scelte soggettive del giornalista e coinvolge la sfera individuale. Anche perché uno “non fa” il giornalista, ma “è” giornalista. Chi lo fa e non lo è, spesso non fa altro che il burocrate della notizia. In un contesto di grande agibilità, ossia di condizioni che garantiscono ampia libertà di stampa, possiamo avere giornalisti non liberi per loro scelta. Viceversa in condizioni di scarsa agibilità, ossia in condizioni che impediscono oggettivamente la libertà di stampa, possiamo avere giornalisti liberi per loro scelta e a loro rischio e pericolo.