Il paradigma dell’interesse nazionale e il familismo delle nazioni foto

Nel mondo, in questo momento, 70 paesi sono coinvolti in guerre feroci. Guerre di cui nessuno parla

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Il paradigma della convivenza più o meno pacifica (e che produce continue guerre) tra gli Stati va rovesciato. Tutto il mondo si regge sugli equilibri di un “familismo nazionale”. Il principio di fondo è che ogni nazione ha il diritto-dovere di difendere e promuovere i propri interessi, e l’esercizio di questo principio spetta allo Stato. Il popolo apprezza il governo che fa gli interessi nazionali, ossia gli interessi del popolo.

La storia dell’umanità è anche storia di “familismo”. Non sempre amorale. Tuttavia, quasi sempre amorale. Al centro di questo familismo troviamo il “territorio”, la sua difesa o conquista, e il gruppo, il clan, la tribù. E poi il feudo, le contee, i marchesati e i ducati. E poi gli Stati. Sempre in conflitto. Insomma ci siamo capiti. Dal familismo delle caverne al familismo delle nazioni. Rileggere la storia da questa prospettiva, seppure semplificata, ci aiuta a capire perché il paradigma della tutela dei propri interessi è destinato a lasciare il passo a nuovi paradigmi. Dalle tribù siamo passati agli Stati. Ora bisogna passare dagli Stati a qualcos’altro.

Che cosa sono le guerre se non l’estremizzazione del familismo nazionale? Una nazione si comporta in base alla seguente regola: “Massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine del popolo che la costituisce (famiglia), supponendo che tutte le altre nazioni si comportino allo stesso modo”. I governi incapaci di fare questo non sono apprezzati dal popolo.

Familismo perché lo Stato persegue solo l’interesse nazionale, del popolo (della propria famiglia) e mai quello della comunità umana che richiede cooperazione tra popoli. A-morale perché seguendo la regola si applicano le categorie di bene e di male solo agli appartenenti allo stesso popolo, e non verso gli altri popoli della comunità umana. A-morale perché si mette al centro il proprio interesse difendendolo, promuovendolo, tutelandolo anche a costo di danneggiare gli interessi legittimi degli altri popoli.

Parafrasando Banfield e adattando il discorso al ragionamento di questo articolo possiamo affermare che: L’incapacità di sviluppare comportamenti orientati verso la comunità umana (umanità), è causa di una “umanità arretrata”. E’ causa di guerre, conflitti, odio, violenza, schiavitù, povertà.

La storia ha dimostrato che perseguendo ognuno gli interessi nazionali, la comunità umana intera non progredisce, mentre una parte di popolazione terrestre cresce nell’illusione della ricchezza e del benessere. E’ evidente che le società si sono trasformate, che la modernità galoppa, che le tecnologie hanno cambiato il mondo, che gli strumenti dell’esistenza hanno subito profondi mutamenti. E’ altrettanto evidente che la sostanza dei mali dell’umanità è rimasta invariata: Guerre, fame, sfruttamento, dominazioni, violenza, schiavitù, povertà, distruzione. Tutto questo non consentirebbe ad alcuno di affermare che l’umanità è progredita. Potremmo al contrario affermare che il mondo intero ha subito “un’evoluzione involutiva”.

Ciò che accade in Africa, in Medio Oriente sia in relazione ai conflitti armati sia in relazione alle guerre economiche è l’applicazione del paradigma del familismo nazionale intrecciato, influenzato, penetrato dagli interessi di poteri sovranazionali. Ciò che accade in Europa, tra gli Stati, è l’applicazione del paradigma dell’interesse nazionale. Lo stesso si dica dei rapporti tra Europa e Usa, tra Usa e Cina, e così via nelle vicende dei conflitti economici in atto. Accade oggi, ciò che è sempre accaduto nel passato. Prevalgono valori “particolaristici” sui valori universalistici. E questo alla lunga metterà in grave pericolo l’esistenza dell’intera umanità già segnata da continue tensioni, disastri, tragedie umanitarie e ambientali. Nel mondo, in questo momento, 70 paesi sono coinvolti in guerre feroci. Guerre di cui nessuno parla. A queste dobbiamo aggiungere i conflitti armati che non possiamo definire guerre vere e proprie. E questa sarebbe l’umanità progredita?

Occorre dunque liberarsi dal “tribalismo” moderno che caratterizza le relazioni tra i popoli. C’è bisogno di un nuovo e diffuso senso civico mondiale che sottraendosi alla visione capitalistica del mondialismo, riesca ad innescare nuovi processi politici e culturali alternativi al familismo nazionale o, se volete, al nazionalismo familistico. Al centro delle politiche nazionali deve esserci la cooperazione tra i popoli finalizzata al reciproco benessere piuttosto che al reciproco interesse. Una visione che trae origine dalla consapevolezza che la felicità di un popolo dipende dalla felicità degli altri popoli. E’ questa l’interdipendenza che va costruita: mondializzare l’interesse collettivo dell’umanità anziché l’interesse particolare di un popolo a discapito di un altro popolo. Se ciò non accadrà sarà la storia ad emettere la sentenza. E saremo tutti vittime del nostro suicidio.

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