Io voto. La riflessione di un’elettrice

I posteri ci chiederanno, sempre e comunque, il conto della nostra responsabilità o indifferenza! E sarebbe molto meglio far sapere a loro: “Io c’ero!”.

Decine di liste e centinaia di candidati sarebbero un sintomo positivo di vivace partecipazione alla vita politica, se non ci fossero, sparsi qua e là, i soliti noti, mischiati a persone perbene (perbene forse, perché mai hanno militato in partiti e movimenti politici). Mi sono sempre chiesta quali siano i criteri per scegliere i candidati giusti, e pare che, per la maggior parte, valgano i seguenti parametri: conoscenze personali, simpatie personali, richieste esplicite e dirette di preferenza (possibilmente non telefoniche, ma  meglio se suonano alla porta di casa); al contrario, molti votano, per protesta, degli sconosciuti, pur di disfarsi del solito pastone, e tantissimi rinunciano al diritto di voto, illudendosi che l’astensione possa curare i diffusi e radicati mali sociali!

Insomma, pare che la maggioranza voti per “impulsi emotivi” (stavo per scrivere “tempesta emotiva”!) sicuramente comprensibili, ma poco efficaci quando le scelte individuali, così motivate, vanno ad impattare, inevitabilmente, sul contesto sociale. A mio modesto parere, ogni scelta che presuppone una volontaria, e programmata, separazione tra mente e cuore, tra razionalità ed emotività, perde la natura di libertà che sempre definisce qualsiasi scelta.

Non dovrebbe essere, dunque, la simpatia o l’antipatia, la visibilità o l’invisibilità di un candidato a condizionare nella scelta, ma una visione più alta della nostra funzione civile di cittadini responsabili: la disperata fiducia nei valori in cui crediamo, non nelle persone che dovrebbero rappresentarli. Ci sono valori assoluti che non muoiono perché superati, ma perché traditi! Perciò non mi interessano le valutazioni personali su Tizio e Caio, ma che idea di futuro sia inclusa in questo o quel programma. Se destra e sinistra sembrano concetti superati, ciò dipende anche dalla nostra superficiale valutazione dell’esercizio di voto: votiamo chi è simpatico o, al contrario, chi ci è estraneo.

Nel primo caso, sottovalutiamo il programma politico, nel secondo caso lo sopravvalutiamo. Non saprei dare un consiglio, ma a me voglio imporre un diktat: andare a votare, perché qualsiasi scelta è comunque preferibile all’astensione. Come disse il compianto David Foster Wallace, “sia chiaro: avete tutto il diritto di stare a casa, se volete, ma non prendetevi in giro pensando di non votare. In realtà, non votare è impossibile: si può votare votando, oppure votare rimanendo a casa e raddoppiando tacitamente il valore del voto degli impresentabili”.

I posteri ci chiederanno, sempre e comunque, il conto della nostra responsabilità o indifferenza! E sarebbe molto meglio far sapere a loro: “Io c’ero!”.

Anna Daniela ROSA