L’inquinamento, la memoria corta e il silenzio dei colpevoli

Il lago Pertusillo nella cronaca di un disastro annunciato

Noi lo avevamo detto”. No, non è questo il senso dell’articolo. Le primogeniture non ci interessano. Avremmo preferito dimenticare che nel 2012 riuscimmo a documentare dichiarazioni gravissime sullo stato delle acque del Pertusillo e sulla presenza di idrocarburi. E, soprattutto, avremmo preferito non ricordare il silenzio che ne seguì.

Era il 2 aprile di sette anni fa, grazie a una telecamera nascosta Eugenio Bonanata riuscì, nella sede dell’Arpab a Potenza, a intervistare una funzionaria dell’Istituto Superiore di Sanità che parlò di “pressioni arrivate affinché si lasciasse perdere il Lago del Pertusillo” e la “presenza di idrocarburi nelle matrici acquose” dell’invaso. Dai Palazzi arrivarono minacce, velate e non, affinchè cancellassimo quello che  Basilicata24 aveva pubblicato. Cosa che ovviamente non avvenne.

Tranne i “soliti ambientalisti allarmisti”, la politica, i sindacati e le istituzioni, e  pure la magistratura, si chiusero in un assordante silenzio. Non conveniva a lor signori intervenire su un tema così spinoso? La Regione, per mezzo del presidente dell’epoca, prima minacciò querela, poi annunciò che avrebbe dato incarico ai suoi avvocati di indagare se quanto affermato nel video corrispondesse al vero, e cioè a verificare se dal Palazzo fossero arrivate pressioni a “lasciar perdere”. Chiedi all’oste se il vino è buono. E quel che avvenne dopo, cioè nulla, ne fu la conferma. Da allora sono trascorsi sette anni.

Ieri la deflagrazione dell’inchiesta della Procura di Potenza sul “disastro ambientale” causato dalla fuoriuscita di petrolio dai serbatoi del Centro Olio, dal 2009/2010, e dalla “sciagurata politica ambientale dell’Eni”. Come si dice in questi casi? La giustizia farà il suo corso. Nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio. Certo, viviamo ancora in uno Stato di diritto. Lo stesso in cui vivono i cittadini della val d’Agri e i lucani in generale. Anche per loro vale il diritto a vivere in un ambiente salubre e a non essere avvelenati? Stando a quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, di questi diritti, qualcuno ha fatto strame.

Per questo riteniamo utile “ricordare” quanto accadeva sette anni orsono nell’indifferenza generale. La memoria è importante per non dimenticare chi, esercitando le sue funzioni e il suo dovere, avrebbe potuto contribuire a far piena luce su quei “segreti” che oggi vengono alla luce in modo così dirompente. Sarebbe bastato poco, lo ha detto anche il procuratore Curcio parlando di quanto emerso dalle indagini, a evitare il disastro ambientale. 

Se ne avete voglia, e avete uno stomaco forte, guardate questa video inchiesta. La dedichiamo a chi, dopo la pubblicazione ci chiamò “giornalisti terroristi” dando la sponda a quegli “sciagurati” che hanno permesso che questa terra si svegliasse un giorno avvelenata dal profitto, dalle connivenze e dalle negligenze. Oltre che dal petrolio. E la dedichiamo a quegli uomini e a quelle donne (pochi) che con coraggio e caparbietà non hanno abbassato la testa di fronte al Cane rabbioso a sei zampe.