Povera Scuola, povera Italia

Se passa l’autonomia differenziata, nei termini voluti da Veneto e Lombardia, il peggio è dietro l’angolo

La Scuola è sottoposta da decenni a processi di aziendalizzazione. Efficienza, efficacia, razionalità, economie, management, dirigente, sono tutti termini mutuati dal mondo dell’economia e delle imprese.

Alla Scuola è stato imposto un modello organizzativo e di funzionamento che ha molto a che fare con i modelli aziendali e poco a che fare con la missione che dovrebbe perseguire.

Funziona come una fabbrica manifatturiera in competizione con le altre. Devi produrre, devi essere efficiente, devi preparare gli omini per la produzione di domani. Devi adattarti al mondo del lavoro, il che vuol dire, adeguarsi alle esigenze del mercato e delle imprese.

I saperi critici vanno così a farsi benedire per lasciare tutto lo spazio ai saperi strumentali. Il tecnicismo prevale su tutta la linea.  È così che i sistemi educativi sono stati subordinati alle necessità e alla visione del potere economico senza tuttavia garantire alcun risultato.

Le cosiddette riforme della scuola sembrano essere pezzi di riforma del mercato del lavoro. Fateci caso. Didattica per competenze, alternanza scuola-lavoro, il saper fare prevale sul saper essere e sul sapere critico. Il capitale umano, funzionale alle necessità produttive, è più importante della persona in quanto essere pensante e capace di agire con consapevolezza e autodeterminazione nel mondo della vita.

L’Invalsi cos’è se non l’applicazione di una forma di chiusura e di banalizzazione della conoscenza? Che cos’è se non la morte della dimensione critica?

Il mito della misurabilità dell’apprendimento, delle valutazioni standard, dei numeri contabili applicati alla conoscenza, sta distruggendo la vera e bella scuola a vantaggio di un sistema scolastico e universitario subordinato a una visione aziendalistica, economicistica, lavoristica utilitaristica, imposta dal Potere autoritario del neoliberismo.

Un Potere che evidentemente teme lo sviluppo di pensieri divergenti, critici, che prova continuamente ad anestetizzare il potenziale rivoluzionario dei sistemi educativi. E lo fa non solo asservendo la scuola all’azienda, lo fa esaltando a mito la competenza e il merito.

Nell’idea autonomistica di alcune Regioni la scuola deve servire alla produzione, al sistema locale delle aziende, deve essere esclusiva funzione del mercato del lavoro. Una follia che non conosce pausa.

Intanto la scuola, l’insegnamento, l’apprendimento, la conoscenza, perdono di spessore e di profondità e affogano nell’ hic et nunc.  E con essi l’intera società.