Pertolio e acqua: la linea nera che lega la Basilicata a Taranto

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    Il “Progetto Tempa Rossa” della raffineria Eni di Taranto, nome non a caso evocativo della realtà mineraria lucana legata a doppia mandata con la realtà della città jonica, porterà a riversare in Basilicata e a Taranto un ulteriore incremento di scarichi gassosi pari a circa 40 mila kg/anno di Cov, composti organici volatili, incrementerà un’infinità di parti per milioni di diossina e h2s e determinerà un aumento di emissioni diffuse e fuggitive pari ad un 11-12 %, sia in Basilicata che a Taranto. Senza dimenticare che sia le aree estrattive e di desolforizzazione della Basilicata, che la raffinazione che avviene nella città di Taranto, già subiscono la liberazione in aria di h2s, cov, diossina, pm10 e ipa, e nel sottosuolo di manganese, bario, cromo, idrocarburi, toluene e benzene, tutte sostanze cancerogene e letali, che finiscono anche nel circuito dell’acqua lucana, come rilevato dalla stessa Arpa di Basilicata.


    La causa del futuro e possibile aumento di cov, diossina h2s e di emissioni diffuse e fuggitive è dovuta all’incremento di greggio lucano in arrivo da Tempa Rossa di Corleto Perticara (circa 50 mila barili al giorno) e alla volontà della Regione Basilicata di aumentare i barili estratti giornalmente a Viggiano, da 90 mila circa a 104 mila, più i 26 mila in arrivo dai nuovi pozzi che verranno realizzati nel territorio Marsico Nuovo, per un totale di circa 200 mila barili 
    quotidiani. Petrolio questo che dalla Val d’Agri e Viggiano arriverà a Taranto via autobotte e via un oleodotto già esistente, il quale, però, a regime avrà una portata massima da 2 milioni e settecentomila tonnellate all’anno. Pari a circa 50 mila barili al giorno, che è poco più della metà dell’attuale produzione giornaliera di Viggiano e circa un quarto di quella che verrà dal 2014 per volontà dei petrolieri e della Regione Basilicata. È presumibile che l’incremento di 110 mila barili che ha già prodotto l’autorizzazione ad aumentare alla raffineria Eni di Taranto le nuove aree di stoccaggio (2 depositi da 180 mila mc.) e di raffinazione, porterà alla necessità di un nuovo oleodotto e ad uno spreco di acqua equivalente al volume contenuto nella diga del Pertusillo, circa 160 milioni di mc.


    C’è dunque un doppio filo nero che lega l’attività mineraria lucana e la gestione delle acque lucane con la Puglia, per una serie di cause ed effetti simili e preoccupanti così come l’inquinamento del Pertusillo e delle sorgenti dimostra. Se gli agnelli che pascolano e brucano sotto il centro oli di Viggiano, come affermato dagli allevatori del posto, sono diventati sterili, 1500 tra agnelli e i bovini dei dintorni dell?area industriale di Taranto sono stati invece 
    abbattuti perché mortalmente inquinati da diossina e metalli pesanti. Due facce di una stessa medaglia.


    Se nell’area di Viggiano, le patologie cardiorespiratorie tra il 1997 e il 1999, come affermato nella relazione sanitaria regionale del 2000, colpivano già il 44% degli abitanti contro il 19% del resto dei lucani, e se i lucani, secondo i dati dell’Istituto nazionale dei tumori hanno una media di incidenza di patologie oncologiche 2 volte superiore alla media nazionale, a Taranto, dove finisce il petrolio lucano parzialmente raffinato, la media delle patologie 
    cardiorespiratorie, dei tumori e della mortalità infantile è 5 volte superiore alla media nazionale.


    Ed ancora, se l’acqua lucana verrà consumata per i petrolieri, se ne distribuirà meno a cittadini, aziende e campi pugliesi e lucani. E se quest’acqua mostra sempre di più di avere falde e sedimenti inquinati da idrocarburi e metalli pesanti, come dimostrano molte analisi di movimenti e laboratori indipendenti, vorrà dire il problema non è solo dei circa 580 mila lucani, ma è soprattutto dei 4 milioni e 91 mila pugliesi che bevono l’acqua lucana o che la mangiano attraverso l’irrigazione dei campi agricoli e l’abbeveraggio degli allevamenti.


    Lo Smemorandum Camper per tutte queste ragioni espresse ha pertanto deciso di aderire alla manifestazione di sabato 8 ottobre, dalle 10 del mattino, davanti alla raffineria Eni di Taranto per protestare insieme ai movimenti di Taranto sul Progetto “Tempa Rossa” che riguarda l’ampliamento dell’impianto a causa dell’aumento delle estrazioni del greggio in Basilicata.


    Ola (Organizzazione Lucana Ambientalista)


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     


     

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