Ex ‘amici’ dell’Arpab condannati per disastro ambientale

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    Le querele per diffamazione, ad avviso di chi scrive, si prendono ma non si raccontano. Tra le tante ricevute, però, ce n’è una degna di nota

     e non perché ci abbia tolto il sonno considerato il curriculum dei querelanti.

    Un mese fa circa, dopo due anni di indagini, ci viene notificato avviso di conclusione delle indagini e contestuale avviso di garanzia dalla Procura di Napoli per aver diffamato i fratelli Pellini, titolari dell’Atr di Acerra. I querelanti ieri sono stati condannati, anche in Cassazione, per disastro ambientale per aver inquinato l’agro casertano e napoletano, con rifiuti anche pericolosi, sversandoli in terreni agricoli e nei regi lagni.

    Gli imprenditori campani circa due anni fa, già condannati in primo e secondo grado per sversamento illecito di rifiuti, si erano affacciati in Basilicata grazie all’affidamento diretto che l’Arpab aveva fatto alla loro azienda, l’Atr, per la manutezione dei piezometri della Valbasento, cimitero industriale della provincia di Matera in attesa di bonifica. Nulla di illegale, essendo prevista per legge la procedura di affidamento diretto per importi sotto i 200mila euro. Su questo giornale avevamo però posto una questione di opportunità e ci eravamo chiesti come mai l’Arpa Basilicata avesse deliberato l’affidamento, con il beneplacito della Regione (che per stessa ammissione dell’allora direttore Schiassi si era “opposta a un bando aperto”) a una ditta che era già stata condannata in primo grado per smaltimento illecito di rifiuti, finita nella nota inchiesta denominata “Carosello ultimo atto” e che, proprio quando Arpab ci querelava, veniva condannata in appello anche per disastro ambientale e con pena aumentata.

    Per completezza va qui ricordato, infatti, che, dopo i nostri articoli sull’affidamento diretto all’Atr dei fratelli Pellini da parte di Arpab, anche l’Agenzia regionale per l’Ambiente della Basilicata, per il tramite dell’allora direttore, il campano Aldo Schiassi, aveva presentato querela nei nostri confronti. E va aggiunto che dopo i nostri articoli la Procura di Potenza sembra avesse voluto vederci chiaro su quell’affidamento, mandando la polizia giudiziaria nella sede dell’Arpab a Potenza per acquisire atti e documenti relativi all’affidamento lucano alla ditta campana. Dopodichè il silenzio. Tombale. Fino all’avviso di garanzia nei nostri confronti e alla condanna di Salvatore, Giovanni e Cuono Pellini per disastro ambientale anche in Cassazione.

    Alle querele un giornalista è abituato, non possiamo però nascondere che invece ci aveva rammaricato un po’ l’avviso di garanzia della Procura di Napoli considerato il curriculum di chi ci aveva querelati. Ma tant’è. A noi adesso tocca presentarci dal Gup che dovrà decidere se abbiamo diffamato o meno i Pellini e ovviamente accetteremo ogni decisione rimanendo ben eretti. Ci piacerebbe tanto sapere, invece, di tutta questa vicenda cosa pensano l’ex direttore di Arpab, Schiassi, che non perse tempo a ‘darci addosso’, e il governatore lucano Pittella, che non si scompose di fronte a quell’affidamento ‘in odore di malaffare’. Ovviamente la nostra curiosità rimarrà insoddisfatta. Ci faremo bastare la soddisfazione per la decisione della Suprema Corte che riconosce le battaglie dei cittadini che, in Campania, hanno denunciato e combattuto, nonostante le intimidazioni, chi gli ha avvelenato la terra.

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