E come sempre i cittadini pagano!

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    Andate a vedere sul sito del Consorzio industriale di Potenza, c’è una delibera commissariale, la numero 51 del 17 aprile 2012, che assegna incentivi ai dirigenti e al direttore per il raggiungimento degli obiettivi. Siccome “bisogna risparmiare”, il premio di risultato nel 2012 sarà uguale a quello dell’anno precedente. Per i dirigenti la modica cifra di 21 mila euro, mentre per il direttore generale è previsto uno assegno di 27 mila euro. Il compenso incentivante deliberato è in aggiunta allo stipendio annuo, variabile tra i 95mila e 120mila euro


    Quali risultati


    Facciamo uno sforzo fantastico e proviamo ad immaginare quali possano essere i risultati raggiunti nel 2011 e quali quelli del 2012. Non ci riusciamo. Un ente perennemente in rosso, sempre in crisi finanziaria, senza sede, il cui improbabile risanamento ricade continuamente sulle spalle dei cittadini e delle imprese. Da ultimo la Regione Basilicata (con i soldi dei cittadini) ha acquistato gli immobili di proprietà del Consorzio Asi, compresa la sede del medesimo, per tentare un mezzo salvataggio. Quali possono essere gli obiettivi di risultato per un ente che tiene col fiato sospeso i 70 dipendenti dell’Argaip (la società che gestisce i servizi del Consorzio) perché non ha i soldi per pagare gli stipendi? Insomma un ente disastrato, commissariato dal 2007, impastato da mani politiche di ogni specie, per quale motivo elargisce incentivi di risultato ai dirigenti e al direttore generale?


     


    La politica insaziabile e l’ansia della moralità


    I politici sono stati capaci di far diventare un ente inutile, molto utile ai loro affaracci politici. Da sempre i consigli di amministrazione sono oggetto di spartizione tra partiti. Da sempre il presidente o il commissario o il direttore generale, il collegio sindacale, sono oggetto di contrattazione tra partiti. Questo è il risultato. Loro ci hanno sempre guadagnato, i cittadini e le imprese ci hanno sempre rimesso. Pur di tenere in piedi questo giacimento elettorale e di affari, ne hanno fatte di tutti i colori, come vedremo tra poco.  Intanto una chicca poco nota, tanto per cominciare il nostro viaggio nel Consorzio Industriale di Potenza (Asi)  e compagnia bella. Nel giugno del 2010 l’allora direttore dell’Asi Mario Cerverizzo si mette in aspettativa causa incompatibilità della funzione di direttore dell’Ente con la carica di consigliere comunale (Pd) a Potenza (anche se è notorio che immediatamente dopo ha ricoperto il ruolo di Segretario generale dell’Autorità di Bacino della Basilicata). Nel 2011 viene nominato direttore dell’Asi Rocco Liccione, all’epoca e ancora oggi, consigliere comunale (Pd) a Potenza. Probabilmente in questo caso l’incompatibilità è svanita.



    Consorzio industriale di che?


    Ormai nelle aree industriali di pertinenza dell’Asi, le industrie bisogna cercarle con il lanternino. Abbondano attività commerciali, depositi, concessionarie automobilistiche, società di servizi e di consulenza, centri direzionali. Dopo gli ultimi grandi appalti relativi all’insediamento della Sata di Melfi, il Consorzio si è trovato ad affrontare notevoli difficoltà di natura economica e per “sopravvivere” è tuttora costretto a vendere i propri beni e usufruire delle “regalie” elargite dalla Regione Basilicata.  In pratica è diventato una vera e propria “Agenzia immobiliare”. Al momento è in corso l’appalto per la realizzazione di un nuovo polo direzionale e della propria sede. Nell’area industriale di Potenza ormai ci sono la Rai, l’Arpab, la Camera di Commercio. E’ evidente che rientrare nel perimetro dell’area industriale, ormai ripetiamo troppo ampio per le attività industriali rimaste a produrre, conviene a molti. I parametri e gli indici di costruzione nell’area sono molto più alti di quelli previsti nelle aree urbane. Ecco che i terreni dell’Asi diventano un affare per chi vuole costruire, di conseguenza dovrebbe essere un affare per il Consorzio. In questo modo si sviluppa un assetto urbanistico degno delle migliori bidonville. Ma i soldi si sa, contano più di ogni altra cosa.


    Fare soldi, sopravvivere


    Da diversi anni le maggiori, se non uniche, “entrate” del Consorzio riguardano i proventi ricavati dalla gestione dei “servizi dell’area” e dalla fornitura di acqua potabile e dalla gestione del “depuratore dei liquami civili della città di Potenza e dei liquami industriali di Tito e Potenza, con una percentuale minima di questi ultimi. La gestione del depuratore rappresenta praticamente l’unica vera e propria “fonte di sostentamento”, grazie ai soldi versati “direttamente” dalle “aziende industriali” presenti nelle aree e, indirettamente, dai cittadini di Potenza tramite “l’esattore” Acquedotto Lucano spa e con conseguente maggior costo del servizio per circa il 25%. Accade così che il depuratore, che dovrebbe essere gestito dall’Acquedotto Lucano, è gestito dall’Asi che vende il servizio all’Acquedotto che a sua volta carica i costi sui cittadini. Il depuratore localizzato a Tiera di Vaglio ha usufruito di finanziamenti ministeriali. La costruzione è iniziata a fine anni novanta e a tutt’oggi non è ancora chiaro se l’impianto sia stato collaudato, pur funzionando da tantissimi anni. L’Ati (associazione temporanea di imprese) che si è aggiudicata  la realizzazione dell’impianto fin dall’anno 1998 lo “gestisce” tuttora con proroghe non ben definite ma che consentono alla stessa ditta di continuare ad essere presente pur avendo grosse difficoltà economiche nei pagamenti dei salari ai lavoratori. Il depuratore, con tutto il personale addetto, sarebbe dovuto essere trasferito a  Acquedotto Lucano spa.
     


    Quell’impianto alternativo mai utilizzato


    Dal 2003, anno di inizio dell’attività dell’Acquedotto Lucano spa, il Consorzio si è sempre rifiutato di consegnare il depuratore alla neo-società, costituita in base alla legge Galli del 1993 e per la quale, in qualità di gestore unico, avrebbe dovuto “gestire” l’intero ciclo integrato dell’acqua, come previsto dalla legge. Chiaramente sarebbero venuti meno i “proventi” della gestione del depuratore ammontante a qualche milione di euro, venendo meno anche gli stipendi del personale e dei dirigenti, fra l’altro “gratificati” da qualche anno di incentivi per oltre 60mila euro, previsti e dovuti per legge, come ha asserito qualche giorno fa il commissario Salvatore. Il mancato passaggio di gestione dal Consorzio all’AL spa, ha comportato anche il mancato utilizzo di un impianto innovativo (pirogassificatore) per il recupero energetico dai fanghi prodotti dalla depurazione dei liquami del Comune capoluogo ai quali si sarebbero sommati anche quelli prodotti dagli altri depuratori gestiti dalla società pubblica, con notevoli risparmi dei costi scaricati e pagati dai cittadini.
    Impianto di recupero e produzione di energia finanziato dallo Stato per circa sette miliardi di vecchie lire e tuttora “inspiegabilmente” inutilizzato dall’Ente, con conseguente rincaro, da 4 a 5 volte, dei costi per lo smaltimento dei fanghi in discarica.
    Per la verità se ne parla sempre nei convegni, ma nessuno si “azzarda” a metterlo in funzione.



    Ma il Consorzio non è nuovo a queste cose


    Anche per l’impianto di trattamento delle acque fornite allo stabilimento della Sata di San Nicola di Melfi il Consorzio di Sviluppo Industriale di Potenza ha dovuto raffrontarsi continuamente con la società torinese e con il Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano. Infatti, questa volta e stranamente, la realizzazione dell’impianto di trattamento e potabilizzazione delle acque da fornire alla Sata spa e prelevate del fiume Ofanto è stata appaltata al Consorzio di Bonifica che ne ha curato la gestione, fin dalla seconda metà degli anni novanta.  Il Consorzio, nato per la gestione dei servizi di agglomerati agricoli, per lunghissimo tempo ha quindi “gestito” l’impianto per la “fornitura di acqua industriale e potabile” allo stabilimento, fatturando al Consorzio Asi di Potenza che, a sua volta, ha fatturato alla Sata spa. La società torinese ha successivamente contestato il prezzo elevatissimo anche rispetto a quello pagato nei propri opifici piemontesi. In sintesi: il Consorzio di Bonifica vendeva l’acqua industriale al Consorzio Asi il quale la rivendeva alla Sata. Risultato un prezzo eccessivo contestato dalla Fiat la quale a Torino pagava l’acqua esattamente la metà del prezzo imposto dall’Asi.
    Ad oggi è noto ai più che il Consorzio ha in programma la realizzazione di ulteriori lavori presso l’impianto di depurazione dell’area industriale di Melfi. Impianti dove, come abbiamo già scritto in altra ichiesta, sarebbero accadute delle cose molto strane. Cosa non si fa per qualche milione di euro!
     



    Ne hanno fatte di belle e di brutte


    In Basilicata esistono nove leggi regionali che si occupano di regolamentazione e disciplina dei Consorzi Asi. Ben 14 le aree industriali, 9 in provincia di Potenza e 5 nel materano con un numero di lotti liberi esagerato e con tante fabbriche che sono diventate monumenti di archeologia industriale. Alcune di queste aree sono da bonificare, Tito e la Valbasento su tutte, in quanto i Consorzi non hanno vigilato sulle attività degli insediati ed hanno consentito scempi ambientali che attendono una costosa bonifica che tarda ad essere attuata.  Fin quando hanno potuto contare su copiosi flussi finanziari da parte dei Ministeri i Consorzi hanno agito con opere di infrastrutturazione in alcuni casi imponenti. Parte dei fondi della Legge 219/81, la legge post terremoto del 1980, furono assegnati ai Consorzi Asi, soprattutto a quello di Potenza. Venuti meno i fondi statali i Consorzi hanno cominciato a mostrare i loro limiti e i risultati si possono vedere andando a visitare le aree industriali dove degrado ed abbandono sono la norma, non c’è più manutenzione. Il consorzio che versa in maggiori difficoltà economiche e che ha creato buchi di bilancio paurosi, sempre coperti da fondi regionali (cioè pagati da tutti i cittadini lucani) è il Consorzio Asi di Potenza. Si è cercato di “aiutare” la sopravvivenza di questi enti consentendo loro di applicare degli oneri agli insediati. Per tenere in vita una struttura che tanti considerano a servizio della politica, una sorta di bancomat che serve a pagare stipendi esagerati a funzionari che sono stati presi senza un concorso pubblico ma solo in virtù di un’appartenenza politica. Intanto pur di esistere e resistere, ne hanno fatte di belle e di brutte. Vediamo.

    Una brutta storia di soldi e inquinamento


    La bonifica dell’area ex Liquichimica Meridionale di Tito è affidata sin dalle origini (2002-2003) al Consorzio Industriale della Provincia di Potenza. Da quel momento accadono molte cose strane, di certo fino al 2009. Almeno tre sono i fatti che ci impongono domande non ingenue ma molto determinate alle quali l’opinione pubblica esige una risposta. Le domande, già fatte in altra inchiesta, le rifacciamo.
    E’ vero che il Consorzio Asi di Potenza ha smaltito un grosso quantitativo di acque industriali contaminate contenenti sostanze pericolose e inequivocabilmente inquinanti presso l’impianto di depurazione di proprietà del Consorzio medesimo sito a San Nicola di Melfi? E che tale impianto non era assolutamente attrezzato, né autorizzato per quel tipo di smaltimento?
    E’ vero che per smaltire tali sostanze pericolose il Consorzio ha utilizzato un codice di identificazione dei rifiuti diverso da quello che avrebbe dovuto utilizzare?
    E’ vero che  non è possibile sapere come siano state smaltite le acque contaminate emunte dai piezometri nel periodo 2003-2008 perché sono scomparsi i documenti?

    E’ vero che la ditta Lucana Spurghi di Tito nei formulari di trasporto delle acque viene identificata quale produttrice dei rifiuti invece che solo trasportatore, essendo il produttore il Consorzio Asi?

    Conclusione


    Chiudete quegli enti inutili e dannosi che sono i Consorzi industriali.


    (Estratto dell’inchiesta pubblicata sul numero 37 di Basilicata24 in edicola dal 19 al 25 maggio 2012)

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