Gas, quale controllo sulle estrazioni miliardarie?

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    Cifre rilevate dal Rapporto ministeriale 2012, a cura dell’Ufficio minerario per le georisorse, raccontano quanto accaduto nel 2011 dentro il sottosuolo 

     

    (di Nino Sangerardi)

    I giacimenti di gas. Ricchezza naturale lucana di cui, stranamente, si parla poco. Cifre rilevate dal Rapporto ministeriale 2012, a cura dell’Ufficio minerario per  le georisorse, raccontano quanto accaduto nel 2011 dentro il sottosuolo. Dopo un decennio negativo il 2011 ha portato l’aumento delle estrazioni di gas in Italia a più 4,9% rispetto al 2010. La prima regione per volumi di idrocarburi prodotti, ancora una volta, è la Basilicata: 1,17 miliardi di metri cubi di gas a fronte di 1,11 dell’anno precedente; 3,73 milioni le tonnellate di petrolio mentre nel 2010 se ne contavano 3,44 milioni. I benefici per il popolo lucano? Ecco: royalties 100,4 milioni di euro, 30 milioni per le “tessere carburante” in favore degli automobilisti, 19 milioni nelle casse dei 28 Comuni sul cui territorio si svolge estrazione e stoccaggio di gas e petrolio.

    Il tesoro di Ferrandina. L’Eni nasce il 15  novembre 1953. In seguito ai favorevoli rilievi eseguiti dalla Fondazione Lerici, l’Agip sposta, a novembre 1958, alcune sue attrezzature dall’Abruzzo. All’Ufficio del registro di Matera versa 41 milioni di lire per la tassa di concessione. Occupa 8 mila metri quadrati in area di Ferrandina. Trenta tecnici lavorano, tre turni, giorno e notte. Nel pomeriggio del 27 febbraio 1959 una fiamma altissima si sprigiona dal pozzo Ferrandina 1,  situato a 1.800 metri di profondità. C’è tantissimo gas metano. Il presidente Enrico Mattei, in data 22 giugno, visitando i pozzi ferrandinesi afferma: “Da trent’anni si sapeva che in queste zone c’era metano, ma tanti anni sono trascorsi invano, perché nessuno si è dato cura di trovarlo. Ora noi dobbiamo procedere in fretta per recuperare il tempo perduto. Il gas-metano rinvenuto in Lucania è un occasione fondamentale che determinerà  il futuro del Sud. La grande disponibilità di fonti energetiche a basso prezzo creerà industrie e migliori condizioni di vita in queste zone d’Italia”.

    “Noi pure siamo italiani”. L’inviato del Times, giunto a Grottole a fine 1960, scrive che “il metano scoperto nella sottostante Valle del Basento ha fatto quello che Garibaldi mancò di portare a termine in queste terre”. Fra l’altro il giornalista inglese fu colpito dai manifesti che rivendicavano industrie nella zona con la frase “Noi pure siamo italiani”. Prima l’Agip Mineraria e in seguito la Saipem spa  durante l’anno 1962 rinvengono enormi quantità di gas nei sotterranei di Ferrandina, Grottole, Salandra, concessione Cugno Le Macine, e in quello di Pisticci, concessione Serra Pizzuta. Che vuol dire “enormi quantità”? Spulciando  diversi documenti di fonte Eni , Agip  ed enti pubblici si scopre quanto segue: a fronte dei 40 pozzi perforati  il giacimento della  provincia di Matera è valutato in 11 miliardi di metri cubi di gas. Chi ha utilizzato siffatto mare di gas? Sei miliardi  sono stati immessi nei metanodotti nazionali. Per le industrie della Val Basento ( Liquichimica, Anic, Ceramica Pozzi, Enichem, Cemater, Materit) il fabbisogno si aggirava intorno ai 400 milioni di metricubi annui. Dunque, briciole energetiche per la Basilicata e flusso senza fine, e blandamente controllato, per la multinazionale Eni.

     

    Una mappa aggiornata. Agli inizi del 1960 il deputato democristiano di Matera, Tantalo, presenta interrogazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Chiede di sapere “con esattezza e possibilmente in via definitiva” cosa si intendeva fare del metano rinvenuto in Basilicata. “Infatti-scrive Tantalo-dal giorno della scoperta molta acqua è caduta sul fuoco dell’entusiasmo e della speranza… ed infine, non esiste alcuna ragionevole speranza di poter avere dall’ing. Mattei dati e notizie precise al riguardo,il sottoscritto si vede costretto a presentare questa interrogazione”. Già, i dati e le notizie sul  controllo della quantità e qualità di gas, e  petrolio, trovato e portato alla luce dalle viscere della terra lucana. Oggi, dopo 50 e più anni, a che punto è  lo sfruttamento degli idrocarburi della cosiddetta Lucania Saudita? Le concessioni di ricerca e estrazione di gas e petrolio interessano il 90% del territorio: esteso 9.992 kmq, 595 mila abitanti, 60,08 abitanti per kmq, 47% montano, 45% collinare, 8% pianeggiante. Dal 1939 a  fine 2011 i pozzi realizzati sarebbero in numero di 450, molti dei quali non in produzione. Non  c’è traccia comunque di una mappa aggiornata relativa  allo stato  sia di utilizzo  delle concessioni minerarie sia dei pozzi scavati: sono attivi? quanti  sottoposti a sondaggi? in quali luoghi, sentieri senza fondo, calanchi sono localizzati?

    Guarentigie e segreti d’ufficio. A proposito di trasparenza sulle attività di estrazione di gas e petrolio.  Un bel giorno di luglio 2003  sopraggiunge una richiesta di documentazione.  E’ sottoscritta dal rappresentante di un ente pubblico. Domanda di poter ottenere  la relazione dalla quale risulti la titolarità o la  contitolarità delle concessioni di coltivazione e stoccaggio rilasciate a società operanti in Basilicata e una relazione, o prospetto, da cui si possano evincere  i dati mensili dei quantitativi di idrocarburi liquidi e gassosi prodotti ed estratti in Basilicata. Il destinatario dell’istanza è un ente pubblico. Si chiama Direzione generale per l’Energia e le risorse minerarie, Ufficio nazionale  per gli idrocarburi e la geotermia per l’Italia meridionale e relativo off shore. Il direttore, ing. Salvatore Carbone, il 9 ottobre 2003 risponde. Sostiene che “ … compatibilmente con l’obbligo dell’osservanza del segreto d’ufficio, delle norme poste a tutela della privacy e di quella  in materia di guarentigie”. Come, guarentigie? Ma si chiede di sapere qualche dato su risorse d’interesse pubblico, che c’entra la guarentigia o il segreto d’ufficio? Scrive  l’ing. Carbone: “ … l’informazione sull’andamento dell’attività estrattiva e sui risultati tecnici ed economici può essere fornita solo in forma cumulativa e, quindi, assolutamente generale e collettiva…”. Insomma, l’Ufficio F7 che dipende dal Ministro delle Attività Produttive non fornisce  dati, numeri più o meno scientifici. Strano. Tanto per dire:  se si vuole tentare di comprendere  la vera quantità di petrolio  e gas  immessa nel metanodotto e oleodotto bisogna avere  cifre giornaliere e non complessive, generali. Dice: ma l’Eni comunica che in Val d’Agri si estraggono tot migliaia di  barili al giorno. E’ vero, ma sono  comunicazioni dell’Eni. Quest’ultimo, in realtà , diventa controllore e controllato, dato che la Regione Basilicata non ha istituito uno strumento giuridico, un gruppo di professori e tecnici super partes, un metodo per la verifica  della quantità di petrolio drenato dalla Val d’Agri e  Val Camastra.

    Accordi e contratti. Per quel che concerne il gas, quanto se ne emunge e dove risulta immagazzinato? Anche qui ci si trova dinanzi a muri burocratici, segreti di Stato, referti non molto intelleggibili. Ad esempio nelle stanze di un palazzo sito in Roma si svolge un incontro. Faccia a faccia si trovano la Commissione degli esperti per la contrattazione programmata istituita dalla Giunta regionale lucana-composta da Francesco Delfino, esperto di sistemi amministrativi e finanziari, Roberto Sanseverino, esperto in Economia e Finanza aziendale, Vincenzo Cuomo, ordinario di Fisica presso Università  Basilicata, Gian Felice Clemente, direttore Funzione Centrale dell’Enea (a ciascun esperto va un compenso forfettario di 10mila euro più rimborso spese), e i delegati di Agip ed Enisud. Nel documento  di fine riunione si legge: “… il dr. Francesco Delfino chiede alcune specificazioni sulla documentazione inerente le utilizzazioni idriche nella Val d’Agri nonché sulla produzione ed utilizzazione di gas da parte del produttore e distributore Agip spa, anche in relazione alla disponibilità a fornire tale energia nelle aree interessate. Il dr. Ruta di Agip spa e l’ing. Amici di Enisud chiariscono alcuni aspetti delle questioni sollevate. Per quanto riguarda il gas sottolineano che vi sono già accordi e contratti che ne vincolano una parte dell’utilizzo”. Dal sopracitato verbale si apprende che nel mentre la Regione Basilicata pone la domanda sull’opportunità di sfruttamento del gas l’Eni, tramite Agip e Enisud ( “per il gas  vi sono già operanti accordi e contratti…”), prima di mettere a regime il progetto denominato “Sviluppo Val d’Agri” e prima di concordare con la Giunta regionale i piani d’intervento per la crescita economica delle zone  straricche di idrocarburi, già aveva operato (nel suo esclusivo interesse aziendale) autonomi accordi e contratti per l’utilizzo della risorsa energetica. Pertanto l’Eni avrebbe, senza il possesso dell’effettiva disponibilità del gas, messo a reddito, capitalizzato la  ricchezza gas-metano tramite autonome contrattazioni, rendendola quindi indisponibile per qualsiasi negoziato con la Regione Basilicata. A questo punto sarebbe interessante conoscere con chi l’Eni ha intrattenuto accordi, sottoscritto atti davanti a un notaio, stabilito il prezzo. E la quantità della merce energetica? L’ammontare del valore monetario? Così, giusto per comprendere in quale gioco di interessi finanziari, economici possono innestarsi o perdersi il petrolio o il gas lucani.

    I russi in Valbasento. Il gas e le relative infrastrutture presenti nel Materano sono al centro degli affari a denominazione russa. Igor Akhmerov-presidente e azionista di Avelar Energy Group, sede in Svizzera, il 70% posseduto dal colosso finanziario Renova di Mosca-tramite la controllata Geogastock srl ha comprato 14 pozzi di proprietà Eni. Si trovano in località  Salandra e Grottole, nei pressi della strada Basentana che finisce a Potenza. Cinque risulterebbero esausti e inquinati da idrocarburi pesanti, non sottoposti a bonifica. Cavità da trasformare in serbatoi  per immetterci 1,4 miliardi di metri cubi di gas provenienti dal Mar Caspio. Nei dintorni sono state individuate tre cisterne (Grottole n. 39-40-45) pregne di gas acido utilizzabile solo in presenza di una centrale di desolforazione. Quella costruita in Val Basento ha chiuso i battenti nel 1979. Tre pozzi ceduti da Eni a terzi ma non conosciuti soggetti d’impresa.
    Alla domanda “Quanto avete investito in Italia?”, il manager Akhmerov, 45 anni, studi in Russia e negli USA, laurea alla Wharton Business School di San Francisco, ha risposto: “Duecentocinquanta milioni di euro ma altri  400 sono previsti per il progetto di stoccaggio di gas in Val Basento, Basilicata. E’ un progetto grosso. Noi metteremo il 25% di equity, il resto con finanziamenti bancari, ma stiamo anche trattando con partner del settore”. Quattrocento milioni di euro.
     

     

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