Cala il cemento sull’Itrec, resta la contaminazione

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    Lo scorso 1 dicembre, a Potenza si è tenuto, dopo 14 mesi, il secondo tavolo regionale sulla trasparenza in ambito nucleare. Per capire quanto sia frammentata la realtà lucana, questo incontro è un momento emblematico. 

    Si parla di smantellamento delle infrastrutture nucleari italiane, di rifiuti radioattivi e nonostante tutto da parte di chi dovrebbe avere a cuore la salute dei cittadini (Aziende sanitarie di Matera e Potenza e Istituto superiore di Sanità) non si presenta mai nessuno. Sull’impianto (nucleare) Itrec di Rotondella scarso interesse dimostra anche la Prefettura di Matera che dopo un’ora abbandona i lavori, mentre gli amministratori locali interessati raramente superano la coppia. Sembra una veglia funebre più che un momento di partecipazione e trasparenza. La stampa presenzia solo la prima ora, giusto in tempo per evitare gli interventi delle associazioni.

    Cinque mesi fa la notizia della contaminaizione di falda. Nulla si è mosso. La Sogin, che nell’impianto lucano ha avviato, nel luglio 2012, il decommissioning del deposito interrato di rifiuti radioattivi,  sembra acefala, priva di linee comunicative ed etica, la trasparenza se la autodefiniscono come i controlli ambientali del resto: non un solo punto richiesto 14 mesi fa è stato soddisfatto, e tutte le istituzioni arrivano al tavolo con le solite slides e le solite verità preconfezionate. Nessuno spiega l’origine della contaminazione di falda da cromo, trielina ed idrocarburi riscontrata a giugno, il sindaco di Rotondella, Vito Agresti, stando a quanto sostiene Sogin, non ha ancora approvato il piano di caratterizzazione (dopo 5 mesi dalla notifica di contaminazione di falda ) e quindi lo stesso verbale della conferenza di servizi non è ancora pubblico. Il piano di indagine ambientale di Sogin si ferma alla Strada statale 106: di ciò che può essere accaduto tra fiume e mare esula dalle competenze Sogin, dal momento che anche il nucleare in Italia è a comparti stagni, come il diritto all’informazione.

    “Non facciamo terrorismo”. Incalzato dalle domande e dalle accuse di mancata trasparenza, il responsabile Sogin dei rapporti col territorio dice: ”non faccia terrorismo” ed intanto Arpab schiacciata tra politica regionale e Sogin si adegua, non comunicando a sua volta né la sorgente contaminante né giustificando tecnicamente gli sbalzi analitici, ragguardevoli, avutisi tra i vari campioni di falda, con contaminazioni oscillanti anche nell’ordine delle centinaia di volte. Arpab manda i suoi tecnici senza piani di caratterizzazione radiologica della zona e senza precauzioni radio-protezionistiche adeguate ( responsabile della radioprotezione del personale Arpab è stato nominato il sempre verde Martemucci dell’Asm), e Sogin intanto annuncia che i pali (oltre 130 ) di fondazione dell’impianto I.C.P.F. sono stati piazzati, a notevole profondità ed intercettano le falde (?!); del monolite radioattivo non si conosce nulla se non che è stato emunto come una vacca perché pieno di liquido di cui non si conoscono le analisi; mentre le analisi radiochimiche del percolamento radioattivo dello scorso anno non sono mai state pubblicate, ed anzi in questi giorni, a detta del dott. Petagna dell’Itrec, si calerà la platea cementizia dell’impianto ICPF: la prova che Sogin torna al passato, a quella inclinazione a tombare col cemento i dubbi e gli scheletri nascosti dietro una storia fatta ufficialmente di interramenti, vedasi il monolite medesimo o gli ex-locali del riprocessamento del combustibile nucleare oggi anch’essi tombati ( l’ex piano terra dell’Itrec che fu con l’Agip nucleare) la cui elevata contaminazione viene discussa sempre ben lontano dalla Basilicata.

    Smascherata la truffa dei monitoraggi non accreditati? Ispra ed Arpab non ribattono. Imbarazzante il silenzio di Ispra che ha negato il diritto alla pubblicazione dei loro verbali ispettivi sull’Itrec, ufficialmente non pubblicati per legge perché frutto di attività di u.p.g.. Loro, i custodi della Convenzione di Aarhus, che negano gli atti alla cittadinanza e si vantano di un laboratorio d’analisi radiochimico di cui non compare traccia d’attività sul sito, né pare sia accreditato. L’Ispra si è mostrata la prima violatrice della convenzione che essa stessa dovrebbe garantire: quella sulla massima informazione e partecipazione ai processi ambientali. Mentre Sogin analizza con numerosi accreditamenti di qualità le contro-analisi delle istituzioni di sorveglianza pubblica, Ispra ed Arpab, esibiscono, quando possibile, certificati di analisi non ripetibili e quindi facilmente contestabili in sede legale a differenza di quelle di Sogin. I cittadini continuano a pagare per non essere realmente tutelati. 

    Il piano d’emergenza esterno rimane un mistero, come il centro di decontaminazione ospedaliero a Policoro. La liste dei silenzi di Sogin copre tutto: dalla lista delle aziende che lavorano in Trisaia alla bonifica, ai loro certificati antimafia, idem per i rapporti di parentela tra personale Sogin-Nucleco ed alcuni politici locali, per i progetti di bonifica, per gli studi svolti per proseguire il decommissioning. Loro vanno avanti mentre a noi non resta che sottolineare le omissioni dei sindaci locali, come quello di Rotondella, che da giugno pur sapendo della contaminazione di falda da sostanze cancerogene ha ribadito che: “non potevo allarmare gli agricoltori” a raccolta in corso, negando altresì le conclusioni parziali dello studio epidemiologico dell’ISS che solo per Rotondella, e solo per essa senza studiare i comuni limitrofi, ha attestato un aumento di mortalità ed incidenza per i tumori tiroidei nella zona rispetto la media regionale, tuttavia senza evidenze causali con la presenza dell’impianto Itrec. Una premessa tecnica allarmante seguita da una conclusione politica, infatti se mancano registri istologici e citologici e metodi accreditati per la raccolta dei dati sanitari, l’ISS si sarebbe basato su una documentazione parziale, quindi perché sbilanciarsi in pareri epidemiologici senza ulteriori studi settoriali a supporto?

    L’ex Asl n. 5 continuerebbe, a detta di Arpab, a non raccogliere campioni di fauna ittica a ridosso dello scarico marino dell’impianto, il fantomatico sommozzatore convenzionato per i prelevamenti rimane ignoto nella sua identità, e l’Arpab al tavolo conferma che le analisi in mare vengono fatte “random” ossia solo dopo alcuni scarichi autodenunciati da Sogin e solo dopo qualche giorno di diluizione degli stessi nella corrente marina: “per Arpab è giusto fare così, non possiamo sostituirci all’esercente (Sogin)”, “certo ma qualcuno dovrebbe sostituire Voi di Arpab” sottolineano dalla platea durante il tavolo. Per Arpab è normale affermare che:” nel giugno 2011 trovammo alta radioattività perché andammo subito dopo lo scarico, ma è successo solo quella volta” – infatti una volta che il monitoraggio venne fatto nei tempi giusti, il problema si rilevò. Tutto ciò accadeva mentre l’ssessore toscano all’Ambiente della Regione Basilicata firmava a Parigi l’accordo sul clima per conto della Regione più petrolizzata d’Italia.

    Giorgio Santoriello

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