Montemurro: metalli, fosfati e idrocarburi nelle sorgenti di Contrada la Rossa foto

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    Incuriositi dagli studi della geologa Albina Colella (docente dell’Unibas) e dalle testimonianze di cittadini locali sulle acque anomale di Contrada la Rossa (Montemurro, Val d’Agri), ubicate a poco più di 2 km dal pozzo di reiniezione petrolifera Costa Molina 2 di Eni, abbiamo deciso di effettuare una ricognizione. Nell’ambito della raccolta fondi “Analizziamo la Basilicata”, promossa dall’associazione Cova Contro, nel mese di ottobre 2015 abbiamo prelevato nell’area suddetta e fatto analizzare da un laboratorio chimico accreditato tre campioni di acqua in due delle sorgenti già studiate dalla Prof. Colella ed oggetto di pubblicazione nel 2014. Il campione 17.278_15 è stato prelevato in una delle due polle d’acqua “anomale” (S2), e due campioni (18.278_15, 19.278_15) nella vicina sorgente S4, così come già definite nello studio della Colella. In particolare il campione 18.278_15 è stato prelevato proprio alla sorgente, mentre il campione 19.278_15 è stato prelevato nell’acqua dell’alveo direttamente sottostante la sorgente S4, che ha attirato la nostra attenzione perché caratterizzata da colori inusuali. Il rapporto di prova del campione 19.278_15 presenta diverse contaminazioni, sia secondo il dlgs 152-06 che secondo il dlgs 31/2001 per ferro oltre soglia, manganese 13 volte la soglia, arsenico poco oltre soglia (10,5 mcg/l), solfati oltre il doppio della soglia e nitriti oltre quattro volte la soglia. Strana la presenza dello stronzio, oltre 70 mcg/l, il cui tasso dovrebbe essere indagato meglio. In aggiunta i fosfati non dovrebbero proprio comparire nell’acqua di sorgente eppure a Contrada La Rossa arrivano a 33 mg/l, come anche pesantissima è la contaminazione da fenoli, 12 mg/l a fronte di un limite di 0,5 mcg/l; quindi la concentrazione di fenoli in questo campione sarebbe 24 mila volte la soglia di legge lì dove prevista. Agli organi competenti il dovere di stabilire se l’acqua depositata nel sottostante alveo sia la traccia di ciò che la sorgente ha lasciato nel tempo, oppure di qualcos’altro. Urge un monitoraggio serio ed indipendente che valuti la possibilità di interdire l’utilizzo dell’acqua della sorgente in questione. Il punto è che questo campione è stato prelevato da un alveo creatosi per il flusso delle acque della sorgente S4 (campione 18.278_15), ove nessuna delle contaminazioni precedenti è riscontrabile, ad eccezione delle concentrazioni di stronzio ed in minima parte per le tracce di fosfati, arsenico, bario e boro. Quindi si ipotizza che l’alveo possa essere l’indizio di una contaminazione episodica,ossia causata da rilasci temporalmente circoscritti nel tempo. Nel campione 17.278_15 della sorgente “anomala” S2, la concentrazione di idrocarburi è 100 mcg/l, la contaminazione da fenoli ammonta a 12 mg/l a fronte di un limite di 0,5 mcg/l; quindi i fenoli anche in questo campione sarebbero 24 mila volte superiori alla soglia di legge, analogamente a quelli presenti nel campione 19.278_15 dell’alveo della sorgente S4; l’alluminio sfora di oltre 15 volte il limite di legge sulla potabilità, il ferro è oltre 7 volte la soglia di legge per le sorgenti, la contaminazione da selenio poco superiore alla soglia di legge, lo stagno compare in 4mcg/l ma non dovrebbe esserci, sodio e nitrati oltre soglia, il S.A.R., ossia l’indice di alcalinità, è di quarta fascia, ossia quelle acque sono troppo alcaline e sono acque generalmente da scartare. In queste acque sono state riscontrate le stesse anomalie di quelle trovate dalla Prof.ssa Colella nella stessa sorgente S2 e nella adiacente sorgente S4: per giunta sono anche saline, per non parlare dei soliti solfati che sono più di tre volte la soglia di legge. Queste acque non solo non sono potabili, ma ne sarebbe vietato l’uso anche per l’irrigazione, figuriamoci per l’allevamento. Abbiamo già consegnato alle Autorità competenti le analisi ed i filmati dei luoghi di campionamento, al fine di tutelare la pubblica incolumità. Non ci tiriamo indietro dall’affermare che tali impronte chimiche sono facilmente riconducibili non solo a generiche attività agricole o scarichi civili, ma diversi contaminanti riscontrati sono direttamente riconducibili ad attività industriali o di smaltimento di rifiuti industriali e facilmente circostanziabili ad attività minerarie, in quanto una perizia più approfondita potrebbe stabilire l’esatta natura di fenoli, fosfati, alcalinità, idrocarburi e metalli pesanti rinvenuti, che rientrano nell’impronta chimica dell’industria estrattiva, per non parlare dell’indice di alcalinità di un campione che, unitamente alla salinità della stessa, riconduce ancor più facilmente ad un’unica tipologia di sostanze/rifiuti circolanti tra superficie e sottosuolo proprio in quell’area.

    Giorgio Santoriello –Associazione Cova Contro 

    Clicca sui seguenti ling per vedere le immagini della prof. Albina Colella https://www.youtube.com/watch?v=LYMeXrAt8s8&feature=youtu.be ; https://www.youtube.com/watch?v=tDwXq0pc2cg&feature=youtu.be ; https://www.youtube.com/watch?v=tBR0AJk1lmE&feature=youtu.be )

     

     

     

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