Il caporalato delle badanti. Tangente di 150 euro in cambio di un anziano da assistere foto

Le fanno venire in Italia, le sistemano nelle famiglie che hanno bisogno di assistenza e una volta assunte si fanno pagare “un caffè per il favore”. Caffè il cui costo varia dai 100 ai 150 euro

Spesso sono donne della stessa nazionalità, altre volte persone del posto. Gestiscono il ‘mercato’ delle badanti dell’Est. Le fanno venire in Italia, le sistemano nelle famiglie che hanno bisogno di assistenza e una volta assunte si fanno pagare “un caffè per il favore”. Caffè il cui costo varia dai 100 ai 150 euro.

La storia di Raisa: badante ucraina. A Lauria, abbiamo incontrato Raisa. Ci racconta che un anno fa è arrivata in Italia con un volo diretto Kiev (Ucraina) – Roma. Usa vestirsi con abiti semplici. Modi garbati. Capelli corti chiari, occhi castani e pelle chiara. A Kremendug, cittadina dove è tornata a vivere da pochi giorni, aveva lasciato marito e due figli. Lavorava in una fattoria e mungeva le mucche. A 50 anni la decisione di venire in Italia per fare la badante e mettere da parte una somma utile a tornare a casa e vivere meglio.

La prima esperienza di Raisa in Italia è stata a Villapiana, in Calabria. Assisteva due anziani (marito e moglie). Il solo pensiero le mette tristezza per “la cattiva ospitalità ricevuta”. Quando è arrivata non sapeva una parola di italiano, studiando, nelle pause di lavoro, è riuscita ad impararlo discretamente, al contrario del dialetto che parla benissimo grazie al contatto quotidiano con le persone che assisteva. Stipendio con contratto non regolare: 700 euro al mese h24.

A Lauria, è arrivata per prendersi cura di un’anziana donna: le dava le medicine, la lavava, l’assisteva la notte. Cucinava e, qualche volta, sbrigava le faccende domestiche. Dopo quasi un anno di permanenza in Basilicata è tornata a Kiev con una somma di denaro che consentirà alla sua famiglia di “vivere meglio”. (Continua nelle pagine seguenti)

Il “contributo”. Prima di partire per tornare dai suoi figli Raisa ci ha raccontato quello che accade a chi come lei è in cerca di un lavoro.

Giunta in Italia, è stata ospite della sua connazionale Natasha. Grazie a lei ha trovato lavoro prima nella famiglia calabrese e poi in quella lucana. Natasha, è arrivata in Italia, qualche anno fa, per fare la badante. Con gli anni si è fatta spazio, raggiungendo un tenore di vita che poco ha a che vedere con le sue colleghe.

Ha “conquistato” il lagonegrese, e come un ‘magnaccia’ offre le sue donne. Le ucraine vengono ospitate da lei per il tempo necessario a smistarle alle varie famiglie, le quali, a loro volta, ne scelgono una in base all’aspetto, al modo di porsi e alla conoscenza o meno della lingua italiana. Ma Natasha non si ferma qui: passato il periodo di prova della badante scelta dalla famiglia e, quindi, assunta (ovviamente in nero e magari con il visto scaduto) la obbliga a cedere una percentuale di 150 euro. Situazioni simili si verificano su tutto il territorio lucano dove ogni zona è “controllata” da un “caporale”.

Le donne rumene. La stessa condizione vivono le rumene solo che a “venderle” sono i lucani della zona. La quota, questa volta, è di 100 euro: “Un caffè offerto in cambio del favore”. Solo che questa volta la donna che abbiamo incontrato non vuole nemmeno che sia fatto il suo nome. Potrebbe chiamarsi Michela. Si occupa di un vecchietto in un paese del Lagonegrese.

“Sono una donna rumena, io”. E lo dice con tono ironico. E come tutte le rumene- ci racconta- non è che sia sempre ben vista”. A causa di alcuni pregiudizi, le famiglie tendono a scegliere le ucraine piuttosto che le rumene – alcuni ci hanno detto che le rumene sono “più rudi e sfacciate”. “Spesso, se non vivono una condizione idonea tendono ad abbandonare, facilmente, la famiglia per cui lavorano”.

Il legame di queste donne dell’Est con la loro terra d’origine è forte, infatti, ogni quindici giorni, mandano alle famiglie pacchi pieni di giocattoli, caffè, libri, quaderni, pigiami, profumi, alimenti. Li consegnano a connazionali che con pullmini effettuano il trasporto nei Paesi d’origine. La fiducia in questi casi è d’obbligo considerato che oltre ai pacchi affidano loro anche del denaro. Ma, fiducia a parte, queste spedizioni hanno un prezzo: per i pacchi 1 euro al chilo. Se invece devi inviare soldi ad esempio 1.000 euro, devi pagarne 30, per 500, 25.

700 euro al mese: fonte di ricchezza. E’ ancora la povertà nei loro paesi d’origine a spingere le donne del’Est a trasferirsi in Italia. Uno stipendio di 700 euro cambia la loro vita. Infatti, in Ucraina 1 euro vale 13,42 Grivna (1 Grivnia = 0,03 cent) e in Romania 1 euro è uguale a 4,61 Ron (1 Ron = 0,21 cent). Messa da parte la somma necessaria tornano a casa. Le badanti straniere continuano ad essere preferite rispetto a quelle italiane: non chiedono un contratto regolare (dall’ultimo rapporto Soloterre, in collaborazione con Irs – Istituto per la Ricerca Sociale – sono in 253mila), pur essendo consapevoli di non essere tutelate, lavorano giorno e notte a 700 euro al mese; sono sempre presenti anche perché quasi sempre abitano nella stessa casa degli anziani che assitono. Le italiane, al contrario, chiedono una retribuzione maggiore e non danno disponibilità h24.

In Basilicata, secondo una ricerca realizzata dalla Fondazione Leona Moressa in collaborazione con Domina (Associazione nazionale famiglie datori lavoro domestico), nel 2015, c’è lo 0,5% di badanti in rapporto agli anziani over 75. Quest’ultimi crescono sempre più: nel 2015 erano l’11%  della popolazione, ma nel 2050 saranno quasi il 25%. La domanda, dal 2007, è cresciuta del 42%.

Intanto il “mercato delle badanti”, nonostante le misure della Regione Basilicata, rimane ancora un mercato nero. Qualcosa, nelle politiche regionali, non funziona.