Chiede la pensione di invalidità: “Che cosa sei venuta a fare? Potevi fare la segretaria”

Affetta da patologia grave, non riesce più a portare avanti la sua attività lavorativa. Racconta la sua esperienza con la Commissione Inps

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“Che cosa sei venuta a fare?”. Così quattro persone della commissione Inps (Istituto Nazionale Previdenza Sociale) hanno accolto una ragazza di 30 anni, della provincia di Potenza, che fatto domanda per richiedere la pensione di invalidità, essendo stata colpita da due diverse patologie che non le consentono di svolgere un’attività lavorativa e quindi provvedere al proprio sostentamento.

La trentenne soffre di due malattie rare, una riconosciuta nel piano LEA, l’altra invece no, ma altamente invalidante sia fisicamente che psicologicamente. La donna svolge un’attività lavorativa molto impegnativa: varie ore al giorno in piedi o chinata con il capo e utilizza, soprattutto, le mani, arti dove la malattia ha attecchito di più.

Ha pensato bene di affidarsi all’invalidità, con cui deve purtroppo convivere, e fare richiesta di sostegno. “Se non avessi i miei genitori – confessa la giovane donna– non saprei di cosa vivere e soprattutto come curarmi”. Perde molte giornate lavorative al mese perché le due malattie la costringono a stare a letto o a riposo. “L’esenzione la posso utilizzare solo per una malattia – ribatte – le altre visite o gli altri medicinali sono tutti a pagamento e inoltre hanno un costo elevato”.

La pensione di invalidità non le sarà concessa, la risposta della commissione è stata negativa. La donna, tuttavia, non smette di pensare a come si è svolto il ‘colloquio’ dinanzi a quella commissione.

E’ rimasta profondamente colpita dalle quattro componenti la commissione, “sedute comodamente dietro un tavolo”, che l’hanno fatta sentire “giudicata, quasi come se la malattia fosse una colpa, o peggio come se volessi fingere di star male per averne in cambio un vantaggio”.

“Non mi hanno fatto nessuna visita, hanno passato al vaglio, con lettura frettolosa e sbrigativa, tutta la documentazione medica che mi ero portata per dimostrare che stavo dicendo la la verità – dice con le lacrime agli occhi.

“Perché hai portato tutti questi fogli? mi hanno chiesto. Quasi a volermi ridicolizzare- racconta ancora- Mentre, un’altra, con le gambe accavallate, era intenta a guardare il cellulare invece di guardare me o la mie carte. Anche una persona sana avrebbe difficoltà a parlare in un simile contesto, figuriamoci chi come me deve dichiarare il suo stato di salute e, per di più, deve essere giudicata”. Ad accompagnarla dinanzi alla commissione Inps c’era anche un’altra persona che conferma la “difficoltà di comunicare con loro”.

“L’invalidità – ha spiegato la 30enne davanti la commissione – non mi permette di lavorare tutti i giorni. Non so di cosa campare”. Potevi fare la segretaria!, mi hanno risposto, forse nemmeno rendendosi conto”.

È agghiacciante tutta questa vicenda. Devi chinarti al loro cospetto ed elemosinare un qualcosa che invece ti spetta di diritto. Perché?-si chiede amareggiata la donna che di certo dovrà rimboccarsi le maniche e continuare a lavorare come ha fatto fino ad oggi, nonostante il suo stato di salute le presenti il conto ogni giorno. 

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