Le parole sono pietre

Gabin Dante dixit: “Mamma, la Basilicata non è un posto di merda, ci sei nata tu!”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta inviata al governatore della Basilicata, Marcello Pittella, sulle dichiarazioni rilasciate dal communication manager della Total e pubblicate in un articolo su ilfattoquotidiano.it

 

Gabin Dante dixit: “Mamma, la Basilicata non è un posto di merda, ci sei nata tu!”.

Mio figlio, 11 anni, non ha avuto dubbi quando ha letto le parole del communication manager della Total. Non ha esitato un attimo e con la coinvolgente autenticità dei bambini mi ha ricordato la dignità delle mie, delle nostre radici. Sono nata in Basilicata, nella città di Potenza. Mio figlio, che con la Basilicata e con i suoi adorati nonni ha un rapporto d’amore, mi ha comunicato l’indignazione e l’energia per prendere carta e penna.

I fatti

Facciamo chiarezza. Il 16 gennaio esce su ilfattoquotidiano.it la lettera indirizzata al Presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella e alla Total in cui uno studente di giornalismo chiede conto delle parole (“La Basilicata è una regione che sopravvive. Anche perché vivere in questo posto di merda … Quindi insomma, per me la chiuderei proprio la Basilicata”) del communication manager della Total. “Condivide le parole del communication manager, pensa, anche lei, che la Basilicata sia ‘un posto di merda’?”, interroga lo studente nella sua lettera.

La notizia esplode sul web: più di 7mila condivisioni su Facebook, migliaia su Twitter, centinaia i commenti. Rilanciando l’articolo i cittadini lucani chiedono conto di quelle parole amare. Rilanciano gli interrogativi: Il presidente della regione le condivide? La Total le sottoscrive? Qual è il vero volto di Total? Domande che risuonano nel vuoto, nel silenzio organizzato diventato ormai troppo rumoroso. Non sono forse degne di risposta, Presidente Pittella, Total? I lucani meritano una risposta.

Nei giorni seguenti sfoglio i giornali, nessun giornalista ricorda al governatore Pittella, alla Total di rispondere a quella lettera. Soltanto basilicata24.it ha il coraggio di rilanciare. Le condivisioni si moltiplicano. Domande si aggiungono a domande. Ma nessun politico lucano ha ritenuto di fare un commento, una presa di posizione, di dire una parola di civiltà. Nessuno. In risposta abbiamo solo il vuoto. Il vuoto, cioè l’assenza, sono divenuti il pieno, cioè la presenza.

La differenza tra pubblico e privato

Trovo invece un articolo che recita: “La Total Italia è più veloce del lampo. Ha rimosso dall’incarico di responsabile della comunicazione il bravo collega, colpevole di essersi lasciato andare sulle reali condizioni esistenziali della Basilicata”.

Il pezzo non firmato – non ci è dato sapere il nome del giornalista, a questo punto anonimo –, oltre ad illuminarci sulle condizioni esistenziali di chi lo scrive, è un capolavoro di giornalismo da riporto: un esempio da non imitare per tutti gli studenti di giornalismo del mondo. Vale la pena riportarne qualche passaggio: Il communication manager si sarebbe lasciato andare ad “uno sfogo legittimo” un’esternazione “naturale e lecita” per chi “è stato trasferito su due piedi da Roma a Potenza”. Poi il parossismo: “Siamo sicuri che lo studente presso la scuola di giornalismo di Lille, in Francia, non ha fatto uno scoop, ma ha messo in piazza uno sfogo del tutto legittimo e personale che attiene alla sfera della riservatezza e della confidenza. Tra noi giornalisti ne diciamo di tutti i colori, ma sappiamo misurare e scegliere l’uso delle frasi in libertà”.

In sostanza, questo giornalista anonimo, ci sta dicendo due cose. Prima di tutto che sì, la Basilicata è un “posto di merda” e che il manager ha tutto il diritto di sostenerlo visto che “da Roma è stato trasferito a Potenza” e che la sua esternazione è “naturale e lecita”. E, secondo, che confonde la differenza che passa tra fatti pubblici e fatti privati.

Il communication manager non era nel salotto di casa sua o al bar con gli amici, ha ricevuto lo studente di giornalismo su appuntamento e seduto nell’ufficio della multinazionale che rappresenta. In veste ufficiale, con delega alla comunicazione di Total Italia. Né lo conosceva prima di incontralo. In nome di cosa quelle parole amare avrebbero dovuto essere uno sfogo confidenziale?

Il coming-out dei giornalisti

L’anonimo giornalista è confuso – oltre che sulla sua identità – anche sulla differenza che passa tra comunicazione e giornalismo. Ed è proprio per questo che il suo pezzo è un coming-out: sentitevi liberi di dichiarare apertamente il vostro orientamento professionale! Liberatevi dalle catene dell’ipocrisia, gridatelo anche voi, lasciatevi andare a commenti sprezzanti “sulle reali condizioni esistenziali della Basilicata”. Scaricate, come la Total, le scorie cultural-linguistiche! E chi farà peggio sarà premiato con una lettera di solidarietà dalla categoria.

Quanto volte abbiamo detto che la Basilicata o Potenza sono dei posti di merda per svariati motivi?”, sento dire da più parti. Giusto! Perché, dopotutto, tra voi giornalisti ne dite di “tutti i colori”. Salvo poi fare maldestramente la morale e dare lezioni d’integrità e di deontologia professionale non potendo più dare il cattivo esempio. In verità, la Basilicata è una terra ricca d’oro, di incanto, di nobiltà. La sua dolente bellezza è stata riconosciuta da intellettuali di tutto il mondo. Non deve più subire le umiliazioni di chi pretende di sapere e capire tutto.

Il linguaggio è veicolo di civiltà e i giornalisti dovrebbero saperlo e sentirlo sulla loro pelle più di altri. Chi parla male, pensa male e vive male. Quelle dichiarazioni non sono state estorte ma pronunciate liberamente dall’uomo di Total. Quelle parole sono come pietre, fanno luce sulla doppia morale delle multinazionali petrolifere e di chi solidarizza con loro nel tentativo di far digerire ai lucani dei rifiuti linguistici – e non solo – non smaltibili.

Presidente Pittella, aspettiamo una risposta

 Non rendere pubbliche quelle parole avrebbe significato esprimere consenso, essere complici. Lo studente giornalista, è stato spettatore incredulo di un così détto “sfogo del tutto legittimo e personale che attiene alla sfera della riservatezza e della confidenza” che non ha richiesto, né sollecitato e tantomeno condiviso. Questo deve essere molto chiaro.

Lo “studente di giornalismo” – lui il suo pezzo l’ha firmato – ha un nome, un’identità, si chiama Stefano Lorusso Salvatore, ci ha messo la faccia. Era indignazione, rabbia in cerca di dignità. Stefano è mio nipote e si è firmato con il doppio cognome, così come fa mio figlio Gabin Dante, per onorare il nome di suo nonno, le sue radici, le nostre radici. Io sono fiera di Stefano, io sono fiera di tutti quei ragazzi e di tutte quelle ragazze che rompono le fila, che hanno il coraggio di gridare: not in my name!

Stefano è giovane, ha tanto da imparare. Non è stato al gioco, ha scelto di non essere il cane da compagnia del potere ma piuttosto di fare da cane da guardia alla dignità umana. Prima regola del miglior giornalismo internazionale. E, soprattutto, ha scelto di non “misurare e scegliere l’uso delle frasi in libertà”. Le ha rese pubbliche tutte senza nessuna censura.

La Total, con il suo communication manager, va ringraziata per averci tutti “informati sulle reali condizioni esistenziali in Basilicata”, insieme all’anonimo giornalista. E i suoi colleghi, hanno l’obbligo di ricordare alla politica e alla Total di rispondere alle molteplici domande poste da quella famosa lettera. Lo esige l’intera comunità lucana con le migliaia di condivisioni sul web. Perché il petrolio lucano avrà pure salvato le balene dall’estinzione, ma i lucani fanno fatica a salvare loro stessi. E la loro dignità vale più del petrolio.

Presidente Marcello Pittella, noi aspettiamo una risposta. Difenda la dignità della Basilicata che ha l’onere e l’onore di rappresentare nel mondo.

Buon lavoro.

Graziella Salvatore