Droga e criminalità: cresce il mercato in Basilicata

Oltre cinquemila persone fanno uso di stupefacenti. Di prevenzione neanche se ne parla

In una sola settimana, grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura, abbiamo scoperto che la Basilicata è l’incrocio perfetto dei narcotrafficanti e dello spaccio. Sarebbe stata smantellata un’organizzazione dedita al traffico di stupefacenti in Basilicata e Puglia. Droga importata dal Marocco e che attraversava la Francia e la Spagna prima di arrivare in loco. Misura cautelare per diciassette persone. Prima ancora 36 persone arrestate per avere messo in piedi una “fiorente” piazza di spaccio (cocaina e marijuana in particolare) nel Vulture Melfese, che serviva gran parte della provincia di Potenza. Una fitta rete di pusher. Ieri,12 maggio, altri arresti a Potenza e provincia.

Droga e criminalità in Basilicata

Intorno al traffico di droga si sviluppano azioni criminali spesso collaterali o parallele: danneggiamenti, estorsioni, porto abusivo di armi, spaccio di banconote false, rapine, riciclaggio.

Se allarghiamo lo sguardo nel tempo, scopriamo che in Basilicata è cambiata la “qualità” dei reati. Oggi siamo in presenza di gruppi criminali, spesso collegati tra loro e affiliati a strutture più grandi, che puntano in alto. Operano sul territorio piccoli clan, ma con importanti relazioni “d’affari” tra loro e con organizzazioni esterne. Per lungo tempo hanno agito nella “pace” e in silenzio, cosa che gli ha garantito la possibilità di strutturarsi in forme più evolute. E così è stato.

La Basilicata si presenta agli occhi degli inquirenti come importante crocevia del traffico. E questo pone sei problemi in relazione alla probabile crescita del numero di altri reati connessi. Tuttavia, noi osservatori, dobbiamo rilevare che, alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi, la regione si conferma importante piazza di spaccio.

E la Basilicata ormai non è più una piazza qualunque, ma un luogo di incontro in cui le mafie e la criminalità locale, anche straniera, trovano momenti di sintesi e reciproca soddisfazione.

Esiste, dunque, un mercato di grande interesse, capace di “fatturare” decine di milioni di euro. E ciò vuol dire che il consumo di stupefacenti è cresciuto più di quanto si possa immaginare. E’ questo il problema numero uno. I dati forniti dai Ser.D riguardano i tossicodipendenti che si rivolgono al servizio sanitario. Sono dati, dunque, che non danno l’evidenza del fenomeno. Nel 2016 i dipendenti da sostanze stupefacenti, (escluse tutte le altre dipendenze: alcool, gioco, tabagismo) che si sono rivolti ai Ser.D erano 1611. Possiamo dunque ipotizzare che in quell’anno almeno cinquemila persone facevano uso di droghe in Basilicata.

Detto questo, il problema, spesso sottovalutato, riguarda da un lato lo sviluppo di fenomeni criminali legati al traffico di droga, dall’altro la crescita del consumo. Se i traffici illeciti e i reati connessi sono una questione delle forze dell’ordine e della magistratura (repressione), il consumo è una questione sociale che chiama in causa tutti, la politica in primis (prevenzione).

Repressione e prevenzione non sono sinonimi. I sequestri di droga, l’arresto di spacciatori e trafficanti, non riduce il consumo. Reprime i reati. Fin quando c’è domanda di sostanze, ossia consumatori, ci sarà sempre un venditore, ossia uno spacciatore. Banalmente, perché di banalità si tratta, la soluzione è la prevenzione.

In Basilicata di prevenzione neanche se ne parla

Fare prevenzione, ossia ridurre la domanda di droga ed evitare gli effetti devastanti che il consumo ha sulle persone, sulla società e sull’economia, non è cosa semplice. Entrano in campo molteplici fattori, spesso interconnessi, che formano un vasto campo di complessità. Chiama in causa le politiche per l’infanzia e l’adolescenza, le politiche giovanili e quelle per l’occupazione, le politiche scolastiche e per le famiglie, le politiche per lo sviluppo, il welfare sociale e la sanità. Chiama in causa la dimensione educativa in tutti i suoi aspetti e la dimensione culturale in tutti i suoi risvolti. Affronta argomenti che riguardano la credibilità delle istituzioni, la fiducia, la conoscenza e persino i sentimenti e le relazioni sociali.

La prevenzione non è una cosa che si vede, che si tocca, che si annusa. Non si materializza in una produzione, perché è fatta di processi continui di natura sociale, culturale, educativa, economica che a loro volta spingono nuovi processi senza soluzione di continuità. E’ un cammino, non una meta. Fare prevenzione, quindi, appare difficile. Eppure, volendo semplificare senza essere superficiali, basterebbe incamminarsi. Ma nessuno più, a quanto pare, vuole camminare.

Incamminarsi verso dove?

Verso la consapevolezza che il fenomeno è esteso e rappresenta un serio problema economico e sociale. Se non si prende coscienza del problema a livello istituzionale e sociale nessuna strategia, tra le tante suggerite nella letteratura scientifica, è praticabile. Dobbiamo, purtroppo, registrare che il problema è assente dal dibattito pubblico e addirittura scomparso dai programmi politici. E questo fa il paio con la scomparsa delle politiche per l’infanzia ormai nemmeno più citate nei fogli di propaganda.

La politica ormai ha deciso che è utile tutto ciò che produce consenso cash. Il futuro è sempre alle spalle di un presente da consumare tutto e subito. La funzione educativa della famiglia è in declino costante. Il sistema economico produce disuguaglianze e fragilità sociali.  La società appare sempre più ingiusta. Si espande il sentimento di frustrazione e di rabbia. L’invidia diventa una forma socialmente accettabile di sfogo. La solitudine è una patologia della moltitudine. Stiamo diventando tutti più aggressivi, violenti, intolleranti, impazienti. Intanto i nostri ragazzi spezzano sotto i denti la loro confusione. Senza trovare una via d’uscita. E noi continuiamo a truccare i concorsi, a raccomandare gli incapaci, a inquinare i territori, a seminare surrogati esistenziali negli spazi vitali. Uccidiamo la fiducia, produciamo diffidenza, paura, vacuo sgomento. Diffondiamo narcisismo e nichilismo.

La prevenzione delle tossicodipendenze è prevenzione delle fragilità sociali e individuali. E’ azione. Azione politica e sociale. Ma qui è tutto fermo, anzi siamo gamberi.