Sanità malata. Quando Elisa morì in sala operatoria e tutti si girarono dall’altra parte

Le cronache di questi giorni ci confermano il velenoso rapporto tra sanità e politica

Vorrei sommessamente ricordare che qualcuno, in questa ‘splendida’ sanità lucana, c’è pure morto. Su un caso, in particolare, è in corso un processo incardinato al tribunale di Potenza, il cui esito non è scontato ovviamente. Eppure di ipocrisia del tipo “bisogna aspettare il terzo grado di giudizio” o “ti pubblico pure la telefonata di zia Teresina al deus ex machina” credo di averne letta a sufficienza sull’inchiesta della Procura di Matera.

Le cronache di questi giorni una cosa ce la confermano: il legame velenoso tra sanità e politica. Lo stesso legame che qualche anno fa (se volete potete documentarvi cliccando qui) apparve in tutta la sua virulenza dietro un evento nefasto come la morte di una paziente durante un intervento chirurgico considerato di “routine”. Un evento che fece continuare a dormire sonni tranquilli ai manovratori della sanità lucana. 

Non è facile -diceva con tono arrendevole il medico che si autoaccusò di quella morte, spiegando che il collega che secondo lui aveva fatto il “danno” era sponsorizzato da questo o quell’uomo politico. “Lui è coperto…la politica…lo salvano”. Tutto nella norma insomma. Anche quando ci scappa il morto e fino a quando tutti tacciono.

Me lo ricordo bene, io, il nome del morto. E non potrei dimenticarlo e non solo perché fui co-autrice di un’inchiesta che portò (stranamente solo a pubblicazione avvenuta) all’azzeramento dei vertici dell’azienda sanitaria San Carlo di Potenza, oltre che all’arresto di quattro medici. Stranamente, perché, come accade oggi, anche quella volta “tutti sapevano” cosa era accaduto in quella maledetta sala operatoria. Ma fu necessario pubblicare un drammatico video auto accusatorio. Solo dopo si alzò in coro la voce di quelli che sapevano: “Ah signora mia, qua lo sanno pure gli scopini dei cessi cosa è successo”. Peccato non lo abbiano saputo i poveri Cristi che in quel luogo andavano per farsi curare. Mentre i pochi che lo sapevano, preferivano andare a curarsi altrove. Con la salute non si scherza, se è la tua. Con quella degli altri “non è facile” prendersela a cuore.

Dimenticare quella morte significherebbe dimenticare il male di cui soffre da troppo tempo la sanità lucana. Fingere di restare a bocca aperta di fronte all’operazione della Procura di Matera sui presunti concorsi truccati e sulle raccomandazioni più in generale significherebbe far finta che negli ultimi anni non è successo niente. E invece di cose ne sono successe.  

Dimenticare quella donna morta significherebbe farla scomparire dalla scena della cattiva sanità lucana come pure qualche collega “illuminato” ha tentato di fare. Puntando i riflettori su quei cattivoni che “ce l’avevano con l’ospedale”, “quelli che avevano fatto il complotto”, quelli che avevano montato “il falso scoop”.  

Il “falso scoop” lo lasciamo a chi oggi ha mani e bocca libere solo perché “il cavallo di razza” è stato azzoppato.

Elisa Presta. Si chiamava Elisa Presta, la donna morta nel maggio 2013 durante la sostituzione di una valvola aortica nel reparto di Cardiochirurgia all’ospedale San Carlo di Potenza.