La sindrome del piccolo potere e il nuovo dogmatismo della politica foto

La ricomparsa di elementi tirannici nella trama propagandistica dei partiti politici si combatte con l’eresia

Se vogliamo conoscere la personalità di qualcuno occorre dargli un po’ di potere e lasciare che lo eserciti. Ci accorgeremo in breve se quella persona è colpita dalla Sindrome del Piccolo Potere. E’ il disturbo comportamentale individuale di quelle persone cha hanno un’autostima compromessa e hanno la necessità di umiliare gli altri nel tentativo di superare il senso di inutilità e di inferiorità che vivono. Umiliano gli altri per sentirsi più in alto. Spesso si sentono fuori posto e diventano aggressivi con chiunque minacci la loro “autorità”. Con queste persone è difficile instaurare un dialogo o una convivenza. Se annusano la minaccia saranno capaci di tutto per affermare la loro illusoria autorità: aggressione verbale, insulti, parole umilianti.

Non è raro incontrare persone di questo tipo sul social o fisicamente nei luoghi pubblici.

Ti accorgi che la conoscenza, unica forma di costruzione dell’autorevolezza individuale, per queste persone è una provocazione. Credono che il sapere sia l’arma puntata contro di loro da chi vorrebbe farli cadere dal piedistallo che si sono costruiti in perfetta solitudine.

Oggi che l’accesso alla conoscenza è estremamente favorito dalle tecnologie digitali sarebbe facile per una persona colpita dalla sindrome ricostruire una propria concreta autorevolezza e autostima. Il problema, però, è che l’accesso alla conoscenza richiede una grande responsabilità. La responsabilità di scegliere, di distinguere, di mediare, di approfondire. E questo senso di responsabilità sempre più diventa, in questa società algoritmica e dei saperi “prêt-à-porter”, un peso insopportabile per molta gente.

La fuga dalla responsabilità favorisce l’individualismo illusorio del piccolo potere che si coltiva nelle relazioni “patologiche” tra chi è illuso e chi il potere ce l’ha davvero.

Questo ragionamento metaforico mi aiuta nella spiegazione di un fenomeno che osservo da alcuni anni. Ho la sensazione che ci sia una crescita silenziosa, lenta e costante, di persone colpite, non solo in senso metaforico, da questa sindrome.

Il risultato sembra essere la scomparsa del leader responsabile, quello cioè che garantisce sani equilibri tra le parti in gioco, che sa mediare tra istanze legittime, che produce organizzazione e che rappresenta valori e bisogni collettivi. La scomparsa del leader dentro una leadership. Al suo posto il Capo, senza leadership. E spesso il capo è l’evoluzione del personaggio colpito dalla sindrome del piccolo potere. E’ il risultato del “salto di qualità” irresponsabile dal piccolo potere illusorio al grande potere meno illusorio. Rappresenta la massa dei malati di piccolo potere, di coloro che vivono come un peso insopportabile la conoscenza e quindi la responsabilità.

Lo strumento cognitivo che tiene in piedi e sviluppa questa massa di “irresponsabili”, è il dogma. Che cosa meglio del dogma può sottrarci al peso della conoscenza e, quindi, della responsabilità? Paradossalmente, decedute le ideologie che di dogmi pure si sono nutrite, questa è una società neo-dogmatica. I suoi dogmi, al contrario dell’era ideologica, hanno perso però di sostanza filosofica o, se volete, teologica. Sono acqua spersa, vapore inodore e insapore. Scompare la fede a vantaggio della fedeltà transitoria.

Ricompaiono elementi tirannici nella trama propagandistica dei partiti politici. Si affacciano una dottrina disorganica, confusa, un’estetica della politica e della comunicazione che richiamano vecchie e inquietanti liturgie. Il dogma politico muta nel tempo. Il capo diventa fonte di verità. Verità del giorno, del mese, che si trasforma  nel suo opposto. Oggi A domani il contrario di A, senza che nessuno chieda conto. Anzi i “cittadini” accolgono come verità assoluta ciò che di volta in volta viene predicato dal Capo. Quelle verità diventano opinione pubblica difficile da contrastare. E’ così che l’autoritarismo diventa un valore e l’intolleranza sociale diventa un mezzo per affermarlo. A noi, persone normali, non  resta che l’eresia. Essere eretici e, quindi, responsabili è  oggi un dovere.