Nella Basilicata democratica ancora manca una alternativa di destra

"Altro che nomi eccellenti e leolpolde, occorrerebbero, forse, colori autentici capaci di preordinare un circolo virtuoso e invertire il trend degli ultimi anni"

Caro direttore, so bene essere l’argomento trattato, di questi tempi in più salse, di pur drammatiche ingerenze tutt’altro che politiche o giornalistiche e di crudele attualità. Ma, se pur fuori dagli schemi presenti sul palcoscenico della politica regionale, ritengo dover muovere osservazioni, che se l’uomo qualunque (correttamente) giudica come banali, agli attori di questa scenografia appaiono ancora come insostituibili riti dell’avanpolitica. Sintomo, questo, di poca fantasia ma, quel che è peggio, di scarsa comprensione del contesto socio/politico e culturale della Basilicata.

E difatti, per le “vie oscure della città” e in vista delle oramai imminenti elezioni regionali si assiste alla solita routine fatta di nomi ad effetto – le cosiddette eccellenze, rigorosamente di importazione, che una volta si chiamano Magdi Allam, tal’altra chissà come – o di improvvisate “Leopolde”, quasi come se la madre di tutte le “Leopolde” – quella di Renziana memoria, e già dimenticata – fosse stata la buona pratica della terza repubblica (in realtà il solito sfogatoio in cui far confluire chi in cerca di protagonismo e a cui attingere il consenso). Insomma, vecchie e poco utili pratiche elettorali.

E di questo passo, mancheranno – rispetto alle precedenti consultazioni – anche gli schieramenti tradizionali che, nel bene e nel male, rappresentavano un sia pur pallido riferimento politico. Così a Destra si torna alla celebrazione del fascismo, a Sinistra dell’antifascismo, rendendo (persino a tali fenomeni) il peggior servigio se si considera che proprio a Destra e a Sinistra furono costruite alternative postideologiche, moderne e autenticamente politiche, tali da consegnare le ideologie del secondo novecento al più sereno e oggettivo giudizio della storia. Peccato che entrambe finirono vittime illustri del neoliberismo.

Orfani di guide illuminate, a Destra come a Sinistra si è preferito, di volta in volta, cavalcare il dissenso e conquistare almeno il voto di protesta; più complicato sarebbe stato cercare il voto ideologico (o di pensiero). Non certo a caso, a Destra si apre al sovranismo più remoto pur di cercare una qualche contrapposizione alle dinamiche della globalizzazione e delle politiche sovranazionali. Dimenticano costoro che Almirante – e siamo agli albori della destra italiana – fu aruspice dell’Europa sovrana; che Fini, a metà degli anni “90, prese le distanze dal nazionalismo francese di Le Pen perché inutilmente nazionalista e ottusamente ostile ad una effettiva e concreta unità politica europea.

Ignorano, Destra e Sinistra, che queste aree politiche non possono essere ridotte al voto di protesta, e non soltanto perché un tale consenso è, per definizione, destinato a un rapido tramonto, ma perché Destra e Sinistra sono, nella geografia politica italiana, Destra e Sinistra di valori. Sembrerà paradossale, ma entrambe sono state capaci di transitare – rectius, sbandare – dal partito della nazione di matrice Renziana e Berlusconiana – altro obbrobrio figlio di una subcultura della democrazia – al voto occasionale rinveniente dalle folte file della protesta.

Arresesi al liberismo e incapaci di reagire alla capitolazione, entrambe trafitte dal laissez faire laissez passer di matrice liberista, oggi siamo al “fai da te”, auspicando diuscirne indenni. La conclusione, questa si drammatica, è che, nella Basilicata democratica ancora manca, rispetto alla crisi della sinistra, una alternativa di destra, se non a rischio di consegnarci ad una destra evidentemente regressiva e demagogica.

In questo quadro – fatto di tinte offusche, tramonti sofferti – la Basilicata stenta (ovviamente) a ritrovare il giusto assetto per far fronte alla più grave crisi che la Regione attraversa da decenni. Una crisi di identità accentuata da uno spopolamento diffuso che sradica i lucani dal territorio; altro che nomi eccellenti e leolpolde, occorrerebbero, forse, colori autentici capaci di preordinare un circolo virtuoso e invertire il trend degli ultimi anni.

Un po’ di senso pratico in tempi di crisi della politica.

Ercole Trerotola