Ecco perché non si può votare il 26 maggio

"Decreto di indizione delle elezioni regionali va immediatamente ritirato in autotutela, sia per ripristinare la legalità sul procedimento elettorale sia per preservare la validità delle prossime elezioni"

Il Decreto del Vicepresidente della Giunta regionale, che fissa la data delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale il 26 maggio 2019, è fortemente viziato nonché lesivo del diritto degli elettori lucani di scegliere il nuovo Consiglio regionale per il prossimo quinquennio.

Le precedenti consultazioni elettorali si sono svolte il 17 e 18 novembre 2013. Le nuove elezioni, quindi, dovevano essere convocate in una domenica compresa tra il 21 ottobre 2018 e il 20 gennaio 2019, in base al combinato disposto dell’articolo 5, comma 1, della nuova legge elettorale regionale, la n. 20/2018, approvata ad agosto e non impugnata dal Governo, e dell’articolo 5 della legge n. 165/2004 (così come modificato dall’art. 1, comma 501, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e dall’art. 1, comma 1, del decreto legge 17 maggio 2015, n. 27 (convertito con legge 8 maggio 2015, n. 59). In tal senso è stato anche espresso il parere obbligatorio, ma non vincolante, da parte del Presidente del Consiglio regionale.

Il quinquennio della decima (presente) legislatura regionale è terminato lo scorso 17 novembre e, per espressa e inequivocabile previsione normativa, le elezioni dei nuovi Consigli hanno luogo non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio o nella domenica compresa nei sei giorni ulteriori, ossia non oltre domenica 20 gennaio 2019.

Questi termini sono stati recepiti dalla nuova legge elettorale regionale, in quanto sanciti dalla legge nazionale che reca disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione.

La stessa Vicepresidente della Giunta regionale ha, implicitamente, riconosciuto la validità dell’impianto normativo citato, dal momento che ha emanato il decreto di indizione delle elezioni in data 20 novembre, ossia 60 giorni prima l’ultima (e unica) data possibile per il voto (20 gennaio 2019), seppur indicando una data diversa e posticipata (quella del 26 maggio): in altri termini, se ci fosse stata la reale convinzione giuridica di potere/dovere votare a maggio, perché non sono state indette le elezioni 60 giorni prima del 26 maggio 2019?

Il decreto di indizione delle elezioni trova fondamento sull’errato convincimento interpretativo dell’applicabilità, al caso di specie, dell’articolo 7 del decreto legge 6 luglio 2011, n 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 111/2011 (norma sul cd. election day), secondo cui la normativa regionale non potrebbe essere preminente rispetto a una norma di rango superiore e, soprattutto, sulla errata considerazione che il secondo comma dell’art. 7 non salva, come invece per il primo comma, la “compatibilità con gli ordinamenti” degli enti territoriali.

L’accorpamento del voto con le elezioni europee è “…subordinato al limite della compatibilità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti” degli Organi che vanno al voto, come statuito con Sentenza del Consiglio di Stato n. 6002/2012.

Peraltro, la dimostrazione della errata interpretazione è data dal fatto che la Regione Abruzzo voterà per il rinnovo del Consiglio regionale in data 10 febbraio 2019 (non ci sono stati ricorsi avversi a questa decisione); a Cagliari il Consiglio dei Ministri ha indetto, lo scorso 21 novembre, l’elezione suppletiva per un seggio alla Camera dei Deputati, fissando la data del 20 gennaio 2019; le elezioni regionali in Sardegna si terranno presumibilmente (notizia di stampa) nel mese di febbraio 2019. Se il cd. election day fosse un obbligo di legge perché le elezioni  appena citate non sono state accorpate al 26 maggio?

La  norma sull’election day si applica soltanto per quegli Organi rappresentativi le cui elezioni non solo devono essere indette, ma anche svolte, in un periodo coincidente con le elezioni europee. Il concetto è più chiaro se ricorriamo ad un esempio: il rinnovo del Consiglio regionale del Piemonte, la cui legislatura ha termine il 25 maggio 2019, non si potrà tenere un mese prima o entro 60 giorni da tale termine, ma dovrà necessariamente e obbligatoriamente tenersi il 26 maggio 2019…!

È appena il caso di sottolineare, ulteriormente, che le elezioni per il rinnovo delle Assemblee legislative di Calabria ed Emilia Romagna non saranno anticipate e accorpate con le Europee, considerato che le legislature hanno termine il 23 novembre 2019.

In punto di diritto, l’espressione “indizione” deve necessariamente intendersi nel senso che le elezioni abbiano luogo, e non siano semplicemente indette, entro tale lasso di tempo, ossia 60 giorni (cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 196/2003), non lasciando libero l’Organo politico competente di dilazionare nel tempo e senza ulteriore termine legislativo regionale il successivo effettivo svolgimento delle elezioni. Tanto più che prorogare ulteriormente e arbitrariamente la legislatura regionale (fatto senza precedenti) vanifica la ratio legis volta ad evitare un indefinito arresto delle funzioni della potestà legislativa della regione, in quanto la norma si prefigge l’obiettivo di assicurare una tempestiva ricostituzione degli organi di governo regionale in conformità al principio della sovranità popolare, sancito dall’articolo 1 della Carta fondamentale, e ai canoni costituzionali di efficienza e buon andamento.

Una lettura/interpretazione delle norme che non imponesse un vincolo temporale per la celebrazione delle elezioni, rimettendo detta scelta all’incondizionata discrezionalità dell’Organo politico, non assicurerebbe il rinnovo, in tempo ragionevolmente breve, degli organi e, con esso, il soddisfacimento dei valori costituzionali sottesi all’espressione della volontà popolare secondo il meccanismo della democrazia elettorale, essendo l’obbligo legale precettivo e non derogabile.

Appare chiaro, per di più, che una norma di legge di razionalizzazione procedurale, la cd. spending review, non può superare il limite intrinseco al principio sancito dall’art 1 della Costituzione, che consente di rinnovare anzitempo gli organi di governo, ma non di disporne l’ultrattività degli stessi, oltre i limiti temporali posti a tutela dell’attualità della loro legittimazione democratica.

Al netto della definizione delle controversie promosse dinanzi al Giudice Amministrativo e nonostante i discutibili aspetti relativi al rito processuale in materia elettorale – su cui andrebbe, comunque, aperta una discussione giuridico-dottrinale finalizzata alla modifica in termini di puntualizzazione interpretativa degli articoli 129 e 130 del C.p.a. – il Decreto di indizione delle elezioni regionali va, a nostro avviso, immediatamente ritirato in autotutela, sia per ripristinare la legalità sul procedimento elettorale sia per preservare la validità delle prossime elezioni, sulle quali è ammesso ricorso ai sensi dell’articolo 130 del Codice del processo amministrativo (D.lgs. 2 luglio 2010, n.104) “soltanto alla conclusione del procedimento elettorale unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti”: in caso contrario si metterebbe seriamente in discussione la validità delle elezioni regionali, qualunque sarà l’epilogo politico delle stesse!

Antonio Mario Pepe, assessore Comune di Brienza

Vito Di Lascio gà assessore alla Provincia di Potenza