Matera, assolto il professore finito a processo per un voto basso

Fu prima aggredito dal padre di un'alunna e poi denunciato. Il giudice: "incontestabilità in sede penale del giudizio emesso dal professore sul rendimento scolastico dell’alunno"

Un voto basso dato ad un’alunna. L’incontro con i genitori e l’aggressione. E come se non bastasse la denuncia e il processo per abuso dei mezzi di correzione.

Protagonista un docente del Liceo Scientifico “Alighieri” di Matera. Michele Ruscigno, professore di matematica e fisica, nel 2016 fu aggredito dal padre della studentessa riportando una prognosi di 30 giorni, ma poi fu denunciato dai genitori della sua alunna per abuso dei mezzi di correzione.

Il docente, che ha dovuto affrontare un processo è stato assolto dal tribunale di Matera. Con sentenza emessa dal giudice Sasso è stato stabilito che “Durante l’esercizio istituzionale dei poteri di valutazione attribuiti al docente” dare a uno studente un voto basso “non rientra nell’abuso dei mezzi di correzione”.

Il Tribunale di Matera, ha accolto le tesi difensive dell’avvocato Michele Porcari, legale di Ruscigno, basandosi anche sulle numerose testimonianze degli alunni e compagni di classe che hanno affermato l’assoluta correttezza delle condotte poste in essere dal loro docente nei confronti di tutti gli alunni. La sentenza- ha spiegato il difensore- ha stabilito la inesistenza di qualunque responsabilità penale del professore Ruscigno ribadendo l’autonomia ed incontestabilità in sede penale del giudizio emesso dal professore sul rendimento scolastico dell’alunno nel caso in esame. 

A margine delle vicenda che lo ha visto suo malgrado protagonista il docente materano spiega perché, secondo lui, la decisione del giudice vada oltre il suo caso. 

La sentenza assolutoria emessa nei miei confronti -ha invece spiegato il professore- assume un rilievo che va oltre il caso personale e specifico, perché nell’affermare che «non può dirsi rientrante nell’abuso dei mezzi di correzione la semplice votazione bassa data durante l’esercizio istituzionale dei poteri di valutazione attribuiti al docente» riafferma il principio costituzionale della libertà di insegnamento (art. 33 della Costituzione). Che in questo momento molto difficile per la scuola pubblica sembra essere disconosciuto dai più.

Il tema delle aggressioni ai docenti da parte di genitori o alunni, spesso perpetrate nell’esercizio delle loro funzioni, addirittura dentro le mura scolastiche, è drammaticamente al centro della cronaca. Lo scorso anno scolastico è stato un anno nero, in cui le violenze fisiche si sono succedute con una media di quattro a settimana. La crisi profonda della scuola italiana è addebitabile solo in parte alle velleitarie quanto sbagliate riforme portate avanti dai governi che si sono succeduti, almeno negli ultimi venti anni. Essa in realtà ha radici più profonde e strutturali e risiede nel modello di scuola che si è andato imponendo negli ultimi decenni.

Il modello di scuola – azienda- ha aggiunto Ruscigno- basato sulla competizione e sulla selezione, sull’individualismo estremo, in cui deve prevalere l’interesse individuale rispetto a quello collettivo e la solitudine è la prima condizione che emerge. Un modello che ha reso la scuola subalterna al mercato e che tutte le ‘controriforme’ messe in atto dai vari governi – iniziate con le tre ‘i’ del ministro Moratti, proseguite con la riforma Gelmini/Tremonti, e completate dalla legge 107/2015 del governo Renzi – hanno contribuito ad affermare, anche con i continui tagli agli investimenti in istruzione. Tutto ciò, amplificato anche dalla più grave e lunga crisi economica e sociale del dopoguerra, ha contribuito a generare il fosco clima che si vive quotidianamente nelle scuole, in cui ormai l’anello debole sono i docenti (ma anche i dirigenti), lasciati completamente soli ed indifesi tra adolescenti ‘fragili e spavaldi’ e genitori ‘adolescenti’, incapaci di svolgere un ruolo educativo per i propri figli ma pronti a pretendere dalla scuola di adattarsi alle esigenze degli alunni e non il contrario, spingendo i propri figli verso un’affermazione individualistica che tradisce il principio stesso di comunità.

La mia opinione, che è poi l’opinione comune della grande maggioranza dei docenti- ha concluso il docente-  è che occorre costruire, o meglio ri-costruire, un modello di scuola diverso da quello dominante: la scuola intesa come ‘comunità democratica educante’, fondata sui valori della solidarietà, della cooperazione e della collegialità. Solo questo modello può consentire la piena crescita di tutti gli individui. Ma per fare questo occorre investire le migliori risorse nella scuola. Congetture? Negli anni Sessanta il rapporto PIL/spesa per istruzione in Italia era del 19%, adesso è del 4,1%. La media OCSE è del 5,2%. Di fronte a questi dati oggettivi non è difficile trarre le logiche conseguenze.”