No Triv: “Nuovi gasdotti, centrali e stoccaggi inutili e dannosi per territorio, salute e clima”

Al via la campagna per il Clima e Fuori dal Fossile

I consumi di gas in Italia nel 2018 scendono ancora, con un -3,3% sul 2017 e addirittura un -16% rispetto al 2005, anno di picco. A certificarlo i dati ufficiali del MISE appena pubblicati

(link qui:https://dgsaie.mise.gov.it/gas_naturale_bilancio.php).

Per La Basilicata i dati del 2018 non sono stati ancora pubblicati e gli ultimi disponibili, del 2017, indicavano un -37% rispetto all’anno di picco, il 2005.

Si tratta dell’ennesima dimostrazione che la rete infrastrutturale italiana e delle regioni meridionali è già ora sovradimensionata, come d’altro lato rilevato a giugno 2018 da MedReg, il consorzio delle authority del settore dei paesi del Mediterraneo.

Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata, Campania, sono al centro di numerosi interventi tra nuove infrastrutture interregionali ed ampliamenti dell’esistente, seguendo le direttrici tirrenica ed adriatica a servizio del progetto di trasformare l’Italia in un “Hub del Gas”.

La Basilicata è direttamente interessata dalle estrazioni di gas. Su circa 1,6 miliardi di metri cubi di gas estratto in Italia (ad esclusione di quello estratto in mare), in terra lucana si estraggono circa 1,2 miliardi di metri cubi, pari ad oltre il 72% della produzione nazionale (dati UNMIG 2018).
Il gas estratto dalla concessione Val d’Agri interessa in primis Viggiano, che riceve gratis una parte del gas sotto forma di bonus distribuito ai residenti (in parte, anche agli altri comuni della concessione). Si tratta di incentivi che condizionano il consenso alle attività estrattive, attuali e future (in primis Tempa Rossa, dove nel 2018 sono stati estratti da Total più di un milione di metri cubi di gas e oltre 13,7 milioni di kg di greggio, in regime di prove di produzione, nonostante lo stop imposto dall’assessorato all’Ambiente della Regione Basilicata, in attesa di autorizzazione definitiva!), nella prospettiva della variazione del programma presentato da Eni ad Ottobre 2017 al Mise, insieme alla richiesta di rinnovo della concessione, in scadenza ad Ottobre 2019.

Su 19 concessioni attive in Basilicata, da 8 di esse si estrae gas ed olio, mentre 11 sono in via di riattribuzione. Per altre c’è una momentanea rinuncia da parte delle società, altre sono non produttive, altre sono scadute. Quelle scadute, se produttive, sono in attesa di rinnovo.

In tabella sono schematizzate le 8 concessioni produttive a gas /olio nel 2018

Alcuni pozzi di Serra Pizzuta erano stati destinati a far parte del sistema di stoccaggio di gas della società Geogastock, che rinunciò in seguito al loro utilizzo (scaduta nel 2013, la concessione fruisce dei benefici di proroga ai sensi del decreto legislativo n.179/2012);  

Qualora dovesse essere realizzato l’approdo a Melendugno (Lecce) del tubo del gas proveniente dall’Azerbaijgian, la sua prosecuzione tramite la dorsale adriatica interessata dal metanodotto Snam Rete Gas SpA vedrebbe coinvolte ben 10 Regioni dall’attraversamento delle infrastrutture gasifere a prosecuzione del mega progetto promosso dal consorzio TAP, dalla Puglia all’Emilia Romagna (Brindisi – Minerbio). Dopo la Puglia, la Basilicata è interessata lungo il tratto del troncone Massafra – Biccari (i suoi 194 km attraversano i territori di Venosa, Melfi, Genzano di Lucania, Lavello, Montemilone, Matera), mentre in Val Basento, in un contesto di stratificazione di cause ed elementi inquinanti, tra Pisticci, Ferrandina, Salandra, è in progetto un sito di stoccaggio capace di milioni di metri cubi di gas compresso.

È del tutto evidente che nuovi stoccaggi, centrali e grandi gasdotti o gli ampliamenti di quelli esistenti sono solo opere inutili e dannose per territorio e salute, nonché un grande affare per i gestori che grava sulle bollette dei cittadini.

Infatti le opere che vengono inserite dai dirigenti del MISE, nonostante non siano necessarie, tra quelle della rete nazionale dei gasdotti poi vengono remunerate con le bollette degli italiani.

Questo gioco sulle tasche dei cittadini dimostra la miopia di chi vuole continuare a puntare su queste grandi opere, visto che ogni nuovo gasdotto ha una vita utile per essere remunerato in 50 anni. Una volta costruito lo dovremo “sopportare” fino al 2070, quando sarà troppo tardi per le sorti dell’intero pianeta, visto che migliaia di scienziati nel rapporto IPCC Panel 2018 dell’ONU lanciano l’allarme di operare in fretta e di fare di tutto per non superare di 1,5 gradi la temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali, avendo a disposizione poco più di una decina di anni per abbandonare le fonti fossili per salvare l’equilibrio climatico.

Un Governo in linea con i risultati dell’IPCC sui rischi dei cambiamenti climatici dovrebbe iniziare ad attuare un piano di dismissione degli impianti esistenti!

Il metano, come dimostrano gli ultimi studi scientifici pubblicati ai massimi livelli mondiali, è un potente gas clima-alterante che, disperso dal 3 al 20% lungo la filiera (estrazione, trasporto, stoccaggio e distribuzione), contribuisce in maniera determinante al riscaldamento globale. Per questo l’idea di puntare al metano per una transizione energetica è nata già vecchia, mentre esistono fin da ora le tecnologie per risparmio, efficienza e produzione energetica da rinnovabili.

Per questi motivi saremo con gli studenti per lo sciopero internazionale per il clima del 15 marzo e in piazza a Roma il 23 marzo per dire no alle grandi opere inutili e dannose e sì ad un grande piano di conversione ecologica dell’economia.

Coordinamento No Triv

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