Elezioni regionali. Ecco gli interessi in gioco il 24 marzo

La padella, la brace e il fuoco fatuo. La storia è alla fermata per il futuro

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Dal mio osservatorio ho provato a individuare e ad analizzare a grandi linee le fasce di elettori che si muovono nel campo di questa competizione elettorale descrivendone alcune caratteristiche allo scopo di sollecitare una libera riflessione. Ed eccomi qua.

C’è una fascia di votanti che potremmo definire “ricattabile” e che comprende i cittadini meno attrezzati e meno alfabetizzati politicamente. Loro decidono chi votare sulla base di interessi immediati e materiali. Sono la classe più povera, anche culturalmente, che aspira a una sistemazione definitiva della propria famiglia, di un figlio, di un padre o, almeno, a un miglioramento delle proprie condizioni. E’ la fascia più esposta al voto di prossimità, ossia alla motivazione del legame di sangue, di amicizia o del favore ricevuto in passato o promesso per il futuro.

C’è una fascia di elettori che potremmo definire di “opinione” che comprende i cittadini “sistemati” nella loro condizione economica e anche sociale. E’ la più alfabetizzata politicamente. Insegnanti attivi, impiegati, medici, pensionati con un reddito dignitoso, per i quali qualunque governo alla regione, non avrebbe alcun effetto significativo sulla loro condizione. Questa fascia di elettori è più “ideologica” e non guarda tanto alla possibilità che ci sia o no un cambiamento nella prospettiva del voto. Queste persone cercano la coerenza storica della loro appartenenza politica e culturale in una delle liste in campo e scelgono quella più vicina alle loro convinzioni. A prescindere dai programmi e spesso a prescindere dai candidati. Per loro ha un valore la differenza tra destra e sinistra. E guardano più a Roma che a Potenza. Perché è a Roma che si decidono le misure che possono avere un effetto sulla loro condizione.

C’è una fascia di elettori che potremmo definire di “interesse” che comprende imprenditori, liberi professionisti, detentori di qualche privilegio, dirigenti e funzionari attivi nella pubblica amministrazione e grandi elettori. Sistemati nella loro condizione attuale grazie al legame, legittimo o illegittimo, con settori della politica governativa a livello regionale. Queste persone cercano di mantenere le loro posizioni di vantaggio, spesso privilegiate, rispetto ai loro colleghi non governativi. Difendono i loro interessi e se ne fregano delle opinioni. Loro devono garantirsi per altri 5 anni la condizione privilegiata attuale. Votano i sempiterni amici. Nella stessa fascia di “interesse” troviamo imprenditori, liberi professionisti, dirigenti che appoggiano il centro destra, dopo che non hanno ottenuto o hanno ottenuto poco dal centro sinistra che pure alcuni di loro hanno bazzicato nei corridoi del potere. Lo fanno nella speranza di sostituirsi a quelli di cui sopra. Questa è la fascia che porta acqua al mulino dei loro presunti futuri capi, drenando voti dalla fascia dei “ricattabili” e “analfabeti” politici. In questa fascia possiamo anche inserire i cosiddetti corpi intermedi e le loro organizzazioni, spesso piegati al potere governativo e interessati a mantenere le tecno-strutture.

L’altra fascia è quella degli astensionisti. La più numerosa. Trasversale nell’universo degli elettori ma con una prevalenza di dissociati e confusi dal panorama dell’offerta politica. Non manca in questa fascia una quota di disfattisti, con la sindrome della vittima. Si tratta di persone a cui non va bene nulla e nessuno e giocano a smontare gli argomenti di chi si schiera da una parte o dall’altra. E’ gente colpita dalla sindrome di Calimero o, se volete, dal vittimismo patologico.

C’è la fascia dei cittadini che in un modo o nell’altro vogliono rovesciare il tavolo, stanchi della vecchia politica. E’ una fascia anche questa trasversale che va dal voto di opinione a quello di protesta.

In questo panorama c’è un rischio evidente: che la “competizione” sia giocata tutta all’interno della fascia degli interessi. Se così è, nulla cambierà. Una competizione che, tra l’altro, appare falsata dal trasversalismo di certe figure ambigue di candidati.

Le altre fasce però possono determinare il risultato. E vediamo come. Se il voto di opinione fa uno sforzo di contestualizzazione regionale capirà che, a prescindere dall’appartenenza o dalla coerenza delle convinzioni politiche, esiste il rischio reale che a vincere sia la fascia di interessi (apparentemente di destra o di sinistra). E’ questo che si vuole? Lo sforzo di distinguere questa volta bisognerebbe farlo. Si può votare alle regionali per una causa dettata dall’emergenza di liberare la regione dall’asfissia di questi decenni e votare diversamente alle europee per affermare le proprie convinzioni e appartenenze. Non c’è bisogno di creare coesioni narcisistiche, sarebbe sufficiente una convergenza di scopo raggiunto il quale ognuno torna alle sue convinzioni. In caso contrario bisognerebbe spiegare per quale ragione lo scopo di creare le condizioni politiche per un ricominciamento della storia economica e sociale della Basilicata non sia condivisibile. Ed è evidente che questo ricominciamento non può garantirlo il Centro sinistra né il Centro destra e neanche quelle formazioni di testimonianza che inconsapevolmente favoriscono i gruppi di interesse.

Se gli astensionisti si convincono che l’unica possibilità di cambiare le carte in tavola risiede nella partecipazione al voto si aprirebbe un varco per la marginalizzazione dei gruppi di interesse. In breve, se non ci sarà una convergenza elettorale di contrasto alla vecchia politica del centro sinistra lucano e alla finta nuova politica del centro destra, la Basilicata è destinata a soccombere per altri decenni a un destino oscuro. Ed è questo che vuole certa stampa collusa con il Potere. Ed è questo che vuole la classe dei privilegiati di vecchi e nuovi aspiranti.

Il 24 marzo la Storia fa una sosta obbligata alla fermata per il futuro. Mi auguro che la maggioranza dei lucani salga a bordo.

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