L’assessore allo Sviluppo del M5S: Migliaia di posti di lavoro e senza ricorso alle royalty del petrolio

Pietro De Sarlo: “Il nostro Piano di sviluppo non ha bisogno dei ristorni delle estrazioni”

Pietro De Sarlo, ingegnere, economista, manager di origini lucane, ha lavorato per grandi gruppi italiani e ha gestito il fondo pensioni di Banca Intesa. Ha partecipato al risanamento e al rilancio di Poste Italiane. Assessore allo Sviluppo designato dal M5S in caso di vittoria alle prossime elezioni regionali.

 Lei è l’assessore designato allo Sviluppo Economico. Ci spieghi come farà Mattia a creare 60mila posti di lavoro

Su questo occorre essere chiari. Quando si parla di Basilicata si parla del deserto infrastrutturale e demografico. A  questo ci si è arrivati pensando di sostituire le infrastrutture utili per lo sviluppo con regalie e incentivi che si esauriscono rapidamente per compensare la scarsa produttività legata proprio alla carenza di infrastrutture. Così il sistema produttivo lucano è sempre in bilico tra crisi e assistenza.

Sembra persino ovvio

Sembra ma non lo è. Chiunque parla di sviluppo senza un progetto di visione su poche ma chiare infrastrutture utili o ha la bacchetta magica o mente sapendo di mentire.  Lo dimostrano i fatti che ci dicono che in Basilicata e nel Sud non arrivano né sviluppo né infrastrutture da decenni. Al nord si fanno venire le crisi isteriche per pochi chilometri di TAV dopo aver fatto infrastrutture inutili come la BreBeMi e una alta velocità tra Torino e Milano dimensionata per quattro volte le necessità e al sud da più di venti anni nulla. Riordiamo che nel mentre la Lauria Candela e tutti i progetti significativi al Sud furono sacrificati sia dai governi Prodi sia da quelli Berlusconi.

Sì ma ancora non ci ha spiegato come si fa

Tra i fattori ereditari dello sviluppo, come definiti da Michael Porter, ci sono la posizione geografica e la morfologia del suolo.

La Basilicata è il centro fisico del Sud peninsulare ma a causa della sua morfologia ad oggi non è anche il centro logistico dell’intero Mezzogiorno che, a causa di ciò, non ha una piattaforma logistica connessa al sistema portuale meridionale e ha un sistema aeroportuale non solo inefficace ma divergente ai fini dello sviluppo.

Questa condizione penalizza la Basilicata e deprime le potenzialità del Mezzogiorno che, al contrario, deve diventare l’area centrale degli scambi e dei flussi commerciali con la Cina, i paesi asiatici e del Mediterraneo. Con un pugno di infrastrutture si può potenziare a dismisura le potenzialità della posizione geografica annullando il gap costituito dalla morfologia del suolo.

Che cosa bisogna fare dunque?

Concentrare nel centro fisico, la Basilicata, infrastrutture strategiche e farlo diventare piattaforma logistica dell’intero Mezzogiorno peninsulare.  Ne ha bisogno il Sud e il Paese. È   urgente che il centro del Sud da deserto infrastrutturale diventi giardino della logistica integrata.

Si crea così una nuova centralità e un nuovo polo di sviluppo. Un incremento strutturale di PIL di 40 miliardi sembra persino modesto rispetto ai traffici e ai commerci in essere e futuri con la Cina, gli altri Paesi asiatici e del Mediterraneo. 40 miliardi rappresentano il 15% del PIL del Mezzogiorno e significa 500.000 nuovi posti di lavoro il tutto il Sud.

La prospettiva concreta del piano di infrastrutture descritto nel programma, è quella di inserirsi nei flussi del commercio internazionale. Anche una quota minima di questi flussi, per le dimensioni dell’economia del Sud Italia, potrebbe essere risolutiva. Occorre pensare che solo la Cina, incrementando del 5% anno il proprio PIL, in cinque anni produce una ricchezza nuova pari a tutto il PIL della Germania.  Inoltre in Cina si stanno incrementando i consumi interni e si sta creando una classe media di circa 600 milioni di persone. Un mercato enorme a portata di mano affamato di status simbol come il made in Italy in tutti i settori.

Le sole infrastrutture, come spiegato nel programma, a costo limitato per le finanze pubbliche, possono portare, con i moltiplicatori usuali, dai 10 ai 30 miliardi di PIL.

Il PIL lucano è estremamente modesto (circa 11 MLD di euro) e l’impatto percentuale dell’incremento del PIL potrebbe essere talmente significativo (raddoppio in 5 anni) da costituire da stimolo, esempio e traino per tutto il Sud. Questo vale anche sul fronte dell’occupazione dove si può prevedere uno sviluppo occupazionale tale da allineare i ratio della regione a quelli del nord dell’Italia. Il raddoppio del Pil vale almeno tutto il gap di occupati che la Basilicata ha con la Germania pari a 90 mila occupati.

Fare tutto questo richiede tempo e denaro e ha il sapore di un percorso incerto

Il grande vantaggio che ha questo piano è che la gran parte delle infrastrutture necessarie ricadono all’interno dei confini regionali. Siamo quindi autonomi. E’ evidente dovremo essere così bravi da garantire tempi e costi certi per la loro realizzazione in modo da attrarre gli investitori istituzionali. In Basilicata sperimenteremo così, prima volta in Italia, la formula dei Fondi di investimento alternativi (FIA) che, sollecitati da Società di gestione del risparmio, finanzino le nostre infrastrutture offrendo un rendimento garantito. Questa formula è usata moltissimo all’estero tant’è che capita che i Fondi Italiani investano in infrastrutture estere.

Faccia un esempio concreto

Supponiamo che il piano esposto richieda la realizzazione di 200 kilometri di autostrade e che il costo previsto sia di 25 milioni a kilometro. Se l’investimento fosse fatto interamente dal pubblico ci sarebbe una necessità finanziaria di circa 5.000 milioni di euro. Investimento che potrebbe essere fatto interamente da un Fondo di Investimento (FIA). Occorre tenere presente che i potenziali investitori solo nel secondo pilastro previdenziale e nelle casse oggi in Italia gestiscono una massa di circa 300 miliardi e hanno necessità forti di investimenti di stabilizzazione.

Lo schema della garanzia non si è mai voluto perseguire ma occorrerebbe considerare che difficilmente la garanzia sarebbe escussa per intero e inoltre l’effetto della garanzia sarebbe dilazionato su un periodo lungo. Combinando le due cose e supponendo pessimisticamente un differenziale di soli due punti tra una garanzia del 5%, ad esempio, e un tasso di effettivo richiamo e di attualizzazione del 3% avremmo un impegno effettivo di 3.720 milioni.

In ultima analisi tra stanziamenti già fatti, progetti in essere e l’intervento dei privati gli investimenti descritti nel programma avrebbero un impatto limitato sulla finanza pubblica, ma un impatto enorme sul Pil e sull’occupazione.

Potrebbe funzionare ma esiste un problema burocratico di norme e di lentezza delle procedure

I primi sei mesi di governo, con procedure trasparenti ma di urgenza, saranno fondamentali perché si dovranno fare:

  • Selezione della società di consulenza internazionale per la costituzione della delivery unit e del piano di dettaglio
  • Tavolo tecnico con il governo per il piano operativo di realizzazione delle infrastrutture (come detto la grande opportunità risiede nel fatto che la quasi totalità delle infrastrutture utili ricade in Lucania con ovvie ripercussioni semplificatrici)
  • Definizione della value proposition da comunicare alle aziende per favorire gli insediamenti produttivi
  • Road show in Italia e all’estero per illustrare il piano di sviluppo e le opportunità di business che presenta
  • Selezione della SGR che accompagni la regione nella costituzione e collocamento del FIA regionale per le infrastrutture
  • Adeguamenti o deroghe normative per accelerare i tempi di realizzazione delle infrastrutture.

Utilizzerete le risorse dei ristorni petroliferi?

Dal 2009 scrivo dei danni causati dal petrolio e da dieci anni sostengo, come si può facilmente verificare in internet, che oltre al problema ambientale il petrolio, aggiungendo alle royalty la fiscalità corretta e i costi di decommissioning diventa un illogico economico, non solo per i lucani ma anche per i conti nazionali. Poi se consideriamo le spinte della Lega per l’autonomia differenziata rischiamo di tenere in Basilicata tutti gli svantaggi, inquinamento e costi di decommissioning, e nessun vantaggio ossia la fiscalità generale che va al nord e l’utile che va ai petrolieri. Per questi motivi nel piano di sviluppo non abbiamo previsto l’uso delle royalties come fonte di finanziamento. È però chiaro che se mi si chiede se le royalties vanno rinegoziate la risposta non può che essere va rinegoziato tutto e, aggiungo, anche il permanere delle autorizzazioni esistenti. Insomma oltre che per gli aspetti ambientali credo che applicando una valutazione make or buy sulle estrazioni petrolifere, mai fatta da nessuno fino ad ora, non penso che ci sia un complessivo vantaggio per la collettività. La dimostrazione è che, come dicevo in una recente intervista, i paesi del Piano Operativo Val D’Agri hanno perso il 20% della popolazione, molto più del resto della Basilicata. Dove è il miracolo economico delle trivelle? E, tuttavia, sarà nostro primario impegno salvaguardare tutti i posti di lavoro nell’eventualità ci fossero le condizioni per bloccare le attività. Nessuno resterà disoccupato.