Eni, in Val d’Agri “ambiente sacrificato in nome della produzione” foto

L'inerzia della società e del Comitato Tecnico regionale. L'inchiesta della Procura di Potenza fa tremare i polsi

In nome delle esigenze produttive i responsabili dell’impianto Eni di Viggiano, che (per i magistrati) pure sapevano dei copiosi sversamenti di greggio dai serbatoi del Centro Olio, non avrebbero agito in tempo per evitare, o almeno limitare, la grave compromissione dell’equilibrio dell’ecosistema di tutta la zona circostante.

Sarebbe molto di più di 400 tonnellate la quantità di greggio fuoriuscito dai serbatoi del Cova, in Val d’Agri, di cui si è venuti a conoscenza solo nel gennaio 2017. Al contrario di quello che dichiarò la società, che parlò di 400 tonnellate e di un serbatoio danneggiato, quanto emerge dalle indagini coordinate dalla Procura di Potenza e condotte dai carabinieri del Noe traccia il quadro di un disastro ambientale che fa tremare i polsi. 

Un arresto e 12 indagati. A distanza di due anni dall’avvio delle indagini, il Gip di Potenza, Ida Iura, ha disposto in mattinata l’arresto (ai domiciliari) di Enrico Trovato, dirigente dello stabilimento Eni della Val d’Agri all’epoca dei fatti. La ripresa delle festività pasquali in Basilicata ha il sapore amaro degli idrocarburi sversati dai serbatoi del Centro Oli di Viggiano che avrebbero contaminato il bacino idrografico della Val D’Agri per un totale di 26mila metri quadri di suolo e sottosuolo. Tredici in totale le persone indagate, più la compagnia petrolifera che nell’impianto lucano estrae petrolio.

I dettagli delle indagini sono stati illustrati stamani alla stampa dal Procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio e dal sostituto Laura Triassi (titolare dell’indagine con la pm Calcagno) alla presenza del capitano Luigi Vaglio, comandante del Noe Basilicata, che ha condotto le indagini.

L’ignegnere Eni trovato morto. E’ con un rigraziameto all’ingegnere Gianluca Griffa “una persona che ormai non c’è più” che il procuratore Curcio ha esordito nell’illustrare i dettagli delle indagini. Gianluca Griffa, ex responsabile dell’impianto di Viggiano, trovato impiccato nel 2013 nelle campagne di Cuneo, ci aveva visto giusto. Aveva segnalato le gravi ciriticità riscontrate quando ancora si poteva intervenire per porvi rimedio, rimanendo però, oltre che insascoltato, anche isolato. E’, infatti, nel suo memoriale che il dirigente Eni parla dei serbatoi danneggiati, dello sversamento e di come Eni sapesse dal 2012. Elementi poi confluiti nell’indagine della Procura di Potenza. 

La “spregiudicatezza” di Enrico Trovato. Enrico Trovato, dirigente del Distretto Meridionale Eni all’epoca dei fatti contestati dalla Procura, è finito ai domiciliari. Attualmente in servizio all’estero, per gli investigatori avrebbe manifestato una “spregiudicatezza tale nella conduzione del Centro Oli di Viggiano” da richiedere l’applicazione della misura cautelare.

Il controllore che non controlla. Tredici in totale gli indagati, più Eni. Tra questi ci sono anche i cinque membri del Comitato Tecnico regionale che, secondo quanto emerso delle indagini, supportate anche da intercettazioni telefoniche, avrebbero “accettato supinamente” quanto stava accadendo. Il Comitato tecnico regionale il cui compito era controllare l’attività estrattiva nell’impianto Eni, sotto il profilo della sicurezza e dei rischi ambientali, per i magistrati, segnalò quello che stava accadendo nel 2013, chiedendo alla compagnia di riparare i serbatoi e di fare i controlli ogni cinque anni, anziché dieci, come avveniva. Di fronte alla sostanziale inerzia di Eni, scrive il gip nell’ordinanza, il Ctr avrebbe preso atto e nulla più. Per questo motivo per i cinque membri del Comitato è stata chiesta la misura interdittiva dai pubblici uffici. Altre cinque persone sono indagate.

“La politica ambientale sciagurata dell’Eni”. Dalle intercettazioni effettuate durante le indagini sarebbe emerso che i dirigenti Eni sapevano dello sversamento, da qui la contestazione del dolo. I dirigenti avrebbero manifestato una totale indifferenza che farebbe emergere una “sciagurata politica ambientale” da parte della compagnia petrolifera in quegli anni, e cioè almeno dal 20o9 al 2017 quando, nel mese di gennaio, lo sversamento divenne di dominio pubblico. Le indagini, infatti, presero il via proprio dalla rilevazione di una copiosa presenza di idrocarburi nel depuratore dell’area industriale di Viggiano, ubicato nei pressi del Centro Oli.

La salvaguardia dell’ambiente sacrificata in nome delle esegienze produttive. C’è un dato su tutti che, per gli inquirenti, avrebbe portato ad una conseguente sostanziale inerzia dei responsabili dell’impianto Eni rispetto al pericolo di un grave ed incombente per l’ambiente e per l’ecosistema circostante: le esigenze produttive. 

Il procuratore Curcio ha sottolineato che ci saranno ulteriori sviluppi nella vicenda.