Sindacato dei militari. Nuovi scenari dopo la sentenza della Corte costituzionale

Intervista con Andrea Leccese, finanziere, saggista, esperto di mafie, presidente del Sindacato Italiano Militari - Guardia di Finanza

Nell’aprile 2018 una storica sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che vietava la costituzione di sindacati nelle Forze armate. Ne abbiamo parlato con Andrea Leccese, finanziere, saggista, esperto di mafie, presidente del Sindacato Italiano Militari – Guardia di Finanza.

Andrea, di solito noi parliamo d’altro, di mafia, corruzione e meridionalismo. E purtroppo le notizie che vengono dal Gargano non sono confortanti… Oggi però vorrei farti qualche domanda sulla novità dei sindacati militari, perché so che sei stato eletto presidente del Sindacato Italiano Militari della Guardia di Finanza. Mi dicevi che se ne parla poco.

«Sì, è curioso che questa svolta epocale sia passata in sordina, senza uno straccio di dibattito pubblico. Passata di moda l’ossessione per i fatti di cronaca più efferati, adesso la stampa si concentra sugli amori della starletta di turno. Qualche giorno fa leggevo con grande interesse un dettagliato articolo su Melissa Satta che avrebbe eliminato Boateng dai social: ti confesso che non sono riuscito a prender sonno».

Mi raccontavi della storica sentenza della Corte Costituzionale, la n. 120/2018…

«Sì, lo scorso anno la Corte costituzionale ha finalmente cancellato l’anacronistico divieto di sindacalizzazione per le Forze armate. Questo significa che abbiamo vissuto per settant’anni in una condizione di incostituzionalità di fatto. Eppure l’art. 52 della Carta del 1947 era molto chiaro: “l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Ha proprio ragione Ainis quando scrive che in Italia la rivoluzione più dirompente sarebbe applicare la Costituzione».

Ci sono resistenze?

Be’ ci sono forze reazionarie che proprio non digeriscono questo processo di democratizzazione. Personaggi degni di un film di Monicelli strillano come aquile contro la “pericolosa deriva sindacale”: difendono privilegi e interessi particulari di guicciardiniana memoria. L’intenzione malcelata è di sterilizzare la sentenza della Corte – vanificando così la sindacalizzazione – con l’approvazione di una normativa che limiti oltremodo i poteri dei sindacati e li ponga in qualche modo sotto il controllo dei vertici militari.

Infatti leggevo di polemiche sul progetto di legge.

Sì, perché la proposta di legge attualmente al vaglio della Commissione Difesa della Camera dei deputati appare guarda caso assolutamente inaccettabile, per un lungo elenco di motivi. Basti pensare che per costituire un sindacato sarà necessario chiedere l’“assenso” al Ministro. Ministro che ovviamente potrà revocare la gentile concessione. Ebbene è esattamente quello che accadeva con i sindacati fascisti, regolati da una norma del 1926. Eppure anche su questo la Costituzione è molto chiara: “l’organizzazione sindacale è libera”. E subito dopo: “ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali”.

Ma la Militarità è davvero in pericolo?

No, la disciplina militare è garanzia di efficacia ed efficienza, e va quindi senza dubbio preservata. Ma se essa non viene in alcun modo mitigata e si trasforma in “obbedienza cieca” favorisce inevitabilmente abusi e comportamenti in contrasto col bene comune. Immaginate, per esempio, quanto possa essere pericolosa l’“obbedienza cieca” per le indagini di polizia giudiziaria.

Quindi cosa vi aspettate allora dal legislatore?

Che approvi una disciplina identica a quella sui sindacati della Polizia di Stato, in vigore dal lontano 1981, e quindi sicuramente non avanzatissima. Non ci pare di volere la luna! Del resto, per chi fosse distratto, noi facciamo, mutatis mutandis, lo stesso lavoro dei poliziotti.

Vorrei chiudere però con una domanda sulla situazione della criminalità garganica. Tu sei di Rodi Garganico, una bellissima località turistica. Un carabiniere ucciso in una sparatoria al centro di un paese…

La criminalità garganica, come quella foggiana, è capace di tutto, è spavalda. Così si spiega quello che è accaduto a Cagnano Varano. Questo atteggiamento dei malavitosi è il frutto di una lunga e deleteria sottovalutazione dei fenomeni criminali da parte dei poteri pubblici. Se si leggono le relazioni delle varie Commissioni parlamentari antimafia, a partire dagli anni Novanta, si comprende come la mafia sia attecchita nella provincia di Foggia soprattutto a causa di un irresponsabile negazionismo. La sottovalutazione della criminalità garganica ha prodotto decisioni pubbliche scellerate: è sotto gli occhi di tutti quanto sia stata dannosa, per esempio, la soppressione del Tribunale di Lucera.

 

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