La Basilicata con le pezze al cervello. Le mosche cocchiere della cultura e gli ortolani della vanità

Il campo dell’intellettualità invaso da figure grottesche, autoreferenziali, egocentriche, effimere che agiscono sulla scena culturale come in un talk show permanente

Stiamo mercificando i valori della Cultura e il ruolo degli intellettuali. Oscuriamo gli artisti autentici e abbracciamo giullari ipocriti e mediocri.  Le condizioni della Basilicata sono anche conseguenza dell’erosione del ruolo degli intellettuali, di formazione dello spirito pubblico e dell’approccio critico al potere. Il dibattito collettivo ormai da decenni è orfano di intellettuali di peso che agitavano la cultura e la politica su argomenti fondamentali per la vita della regione. Se il Paese intero sconta la perdita di Moravia, Pasolini, Eco, Sciascia, Calvino e altri, mai più rimpiazzati, la Basilicata è ridotta con le pezze al cervello dopo la scomparsa di Scotellaro, Pedio, Levi e altri.

Da allora, il campo dell’intellettualità è finito nella morsa di un rapporto ambiguo e subalterno col potere. Un campo sempre più decadente per causa della scomparsa degli intellettuali veri, surrogati da tuttologi banali e patetici. Figure grottesche autoreferenziali, egocentriche, effimere che agiscono sulla scena politica e culturale come in un talk show permanente.

La relazione intellettuali-società-potere – ai tempi che nessuno ormai ricorda –  si animava in un quadro di elaborazioni politiche e sociali, che fornivano un senso strategico alle diverse idee e idealità in campo. Stimolando progettualità collettive, sogni, ipotesi di riscatto economico e civile. Quella relazione si animava in una critica profonda – a volte in un conflitto – aperta, pubblica, con il potere e con le istituzioni.

Tutto questo è saltato. Il campo dell’intellettualità si è progressivamente trasformato in un terreno incolto e abbandonato, incustodito, dove chiunque ha potuto appropriarsi di un pezzo di superficie per coltivare l’orto delle proprie vanità. Costoro, insieme con la classe dirigente di questa regione – sempre osannata -, hanno contribuito pesantemente alla costruzione della Basilicata di oggi: devastata e depredata. Una Basilicata che ha perso il senso strategico, eticamente e culturalmente in affanno. Certo, non tutti elogiano il potere – in tutte le sue forme – per servirsene. Molti altri, semplicemente tacciono, chiusi nelle loro torri d’avorio. A tacere sono soprattutto coloro che forse intellettuali lo sono davvero, oscurati da se stessi, magari rassegnati dall’invasione di campo degli ortolani della vanità e dalle mosche cocchiere della cultura.

Gli artisti, gli intellettuali lucani autenticamente critici verso il potere, sono una rarità ormai. Altri emergenti faticano ad affermarsi in un contesto praticamente ostile presidiato dai paggetti del potente di turno.

La cultura in questa regione è solo – o quasi –  mercimonio, veicolo di vanitosi e mediocri provincialotti, capaci di elemosinare nelle stanze della politica e negli uffici di talune multinazionali.

Non c’è nessuno che possa fare più danno alla Cultura di un finto intellettuale o di un intellettuale ipocrita. Anzi, qualcun altro c’è: taluni giornalisti stagionati che ad ogni piè sospinto acclamano le gesta magnifiche del politico che violenta ogni giorno la lingua e la grammatica italiana.