L’intrigo lucano. L’autoritratto di Leonardo è una bufala? foto

Troppi misteri intorno ai protagonisti della “sorprendente” scoperta della Tavola di Acerenza

Tra il 2008 e il 2009  Nicola Barbatelli – storico dell’arte, studioso di storia medievale, come egli si definisce – ritrova, a suo dire, la Tavola di Acerenza in una casa privata a Salerno, senza specificare i reali proprietari i quali credevano fosse un ritratto di Galileo Galilei.  Barbatelli si affretta a dichiarare che in realtà la tavola è un autoritratto di Leonardo Da Vinci.  Leonardisti molto importanti come Carlo Pedretti e Alessandro Vezzosi dichiarano – al contrario –  il primo che si tratta di un dipinto del 1700, il secondo di un altro pittore di metà 1500. Ma Barbatelli va avanti per la sua strada, per cominciare e coordinare le ricerche scientifiche costituisce un team con l’avvocato Raffello Glinni e l’ingegnere Giandomenico Glinni.

Intorno a quella tavola si sviluppano, all’istante, dibattiti tra studiosi pro e contro la tesi di Barbatelli. Una tesi che serpeggia con forza in ambienti culturali, istituzionali, sia in Italia che all’estero. Si tratta solo di un dibattito tra storici dell’arte ed esperti leonardiani? Non proprio. Intorno alla tesi di Barbatelli emergono interessi poco chiari e circostanze dubbie.

La tavola delle contraddizioni

Nel 2010 grande convegno a Chieti con relatori di varie Università e una mostra-convegno a Tallinn (e Sorrento), seguito dalla pubblicazione del libro È Rinascimento. Leonardo, Donatello e Raffaello. Capolavori a confronto.

Il libro è da leggere attentamente: a pagina 13 l’allora ambasciatrice in Estonia scrive, che l’opera, dopo approfonditi studi, è stata ora attribuita con sicurezza a Leonardo da Vinci.

A pagina 26 Barbatelli scrive: È comunque necessario sottolineare che nessuna indagine scientifica e nessuna prova tecnica potrà mai sostituirsi all’esame storico-artistico di un’opera d’arte il cui riconoscimento resta ovviamente vincolato al solo occhio critico dello storico dell’arte…”

La considerazione ha il suo interesse se si pensa che Vittorio Sgarbi, del tutto scettico sulla tavola che definì una crosta del valore di 1.000 euro a Porta Portese, venne minacciato di querela da parte di Barbatelli.

Sgarbi e Barbatelli successivamente avrebbero fumato il calumet della pace, ma di recente il primo ha di nuovo pesantemente attaccato il “collega” rilasciando dichiarazioni di fuoco in vista della mostra “Leonardo da Vinci – The Genius” che da novembre 2019 ad aprile 2020 a Torino avrebbe esposto la Tavola Lucana. Vittorio Sgarbi si arrabbia: “Una patacca immonda, una bufala, vale non più di 2mila euro. Non esponetela a Torino, se la espongono ancora farò delle interrogazioni parlamentari». La «patacca immonda» contro cui si scaglia con la solita veemenza il critico d’arte è la “Tavola lucana”, altrimenti detta “Tavola di Acerenza” o “Ritratto di Acerenza”.

Sempre alla pagina 26 si legge della presenza alla mostra di Tallinn della tavola “La predica di San Giovanni Battista” (e di una terracotta di Donatello di proprietà del Louvre) certamente attribuita a Raffaello Sanzio. La vera tavola si trova però al National Gallery di Londra la cui direzione ci conferma che l’unica volta che la tavola è stata esposta all’estero risale al 2006 a Città di Castello.

Alla pagina 32 è scritto che nel libro “Napoli antica e moderna” dell’abate Domenico Romanelli si parla di un autoritratto di Leonardo presente a Palazzo Baranello in Napoli. La notizia è vera, ma il Romanelli parla di un Santa Cecilia sempre di Leonardo, di un Cristo nell’orto di Michelangelo, di alcuni Raffaello, Durer, Rubens sparsi in altri palazzi nobiliari.

A pagina 33: c’è scritto che la tavola di pioppo è databile, in base agli studi effettuati, al 63% tra il 1459 e il 1523. In verità il professor Filippo Terrasi, che ha partecipato allo studio, ha scritto che al 95% di probabilità esistono “due intervalli di confidenza”: al 57% il periodo più probabile è compreso tra il 1459 e il 1523 (inutile dire che nel 1459 Leonardo aveva 7 anni e che nel 1523 era già morto da 4 anni), al 43% tra il 1571 e il 1630 (come dire, stiamo parlando d’altro). E aggiunge: “ho sempre precisato che la data determinata non si riferisce all’epoca in cui la tavola fu dipinta, ma a quella in cui è cresciuto l’albero da cui la tavola è stata ricavata.” Questa affermazione è molto importante, praticamente spiega il contrario di quanto qualcuno voglia far credere.

Modificare il 57% in 63% (è già qualcosa) e, soprattutto, tacere sull’altra possibilità appare come malafede o comunque come una manipolazione della verità.

A proposito di un’impronta compatibile con un’altra presente nel Codice Atlantico nel libro a pagina 35 c’è chiaramente scritto che “la grandezza del frammento però non consente tuttavia una identificazione univoca con un tasso di probabilità altissima. Infatti, la domanda spontanea è, a questo punto: come mai Leonardo abbia stretto la tavola nelle sue mani senza lasciare le impronte di almeno 3,4 dita?

E a pagina 37, dopo considerazioni vaghe si legge che “la tecnica a tempera grassa e la presumibile esecuzione veloce del dipinto sono atipiche del Maestro.”

All’estero hanno espresso critiche fortissime soprattutto in Cina, e a Malta l’Università si è rifiutata di esporre la Tavola in una sua sala.

Il 19 luglio 2019, Zoom Magazine racconta che il produttore cinematografico italiano Oscar Generale sarebbe stato incaricato da una famosa star di Hollywood ad avviare trattative per l’acquisto del Ritratto Lucano. La star anonima avrebbe offerto circa 180 milioni di dollari. Non si sa, al momento come sia andata a finire. Sempre che la notizia della proposta di acquisto sia fondata. (segue alla pagina successiva)