Mafia. La Basilicata vittima della mala politica

Perché le organizzazioni criminali hanno conquistato interi territori?

Finalmente nella relazione della Dia si apre uno spazio maggiore di preoccupazione sulle infiltrazioni criminali in Basilicata. Fino al 2003 nelle relazioni della Direzione investigativa antimafia, la Lucania quasi non esisteva, anzi nei documenti fino al 2000 neanche un paragrafo era dedicato alla nostra regione. Segno che la criminalità organizzata definita in base a criteri standard dal Ministero degli interni, non esisteva in Basilicata e comunque non era per niente preoccupante per le istituzioni.

Eppure, sia nel Melfese, sia a Montescaglioso – nella fascia jonica metapontina, sia a Potenza, esistevano gruppi criminali associativi da molto prima. Nel Potentino l’emergere di un fenomeno associativo criminale risale già agli anni dal 1978 al 1984, come è scritto negli atti parlamentari della XIII legislatura.

Il clan Scarcia che operava tra Montescaglioso, Nova Siri, Scanzano, si stabilì in quella zona – ufficialmente per attività di pesca – già negli anni 60. Poi arriveranno Zito, Pesce e Modeo.

Dal 1989 al 1991 nel Melfese si verificano violenti contrasti tra i gruppi criminali con diversi omicidi di pregiudicati e vari attentati ai danni di esponenti delle istituzioni.

A metà degli anni 90 si ritenevano “aree a rischio” Matera, la fascia jonica metapontina, compresi i Comuni di Pisticci e Tursi, Montescaglioso e comuni limitrofi.  Nel potentino le aree ritenute a rischio, oltre il capoluogo, erano il Vulture-Melfese-Venosino e la Val d’Agri. Nel Lagonegrese la criminalità organizzata era allo stato embrionale (metà anni 90). Questi gruppi venivano contrastati dalle forze di polizia e non emergono in quegli anni legami tra criminalità e mondo politico.

Il dato più eclatante è che per anni, tutti, istituzioni e società civile, hanno sottovalutato i fenomeni.

Le fasi di transizione

A partire da quegli anni e fino ai giorni nostri la Basilicata ha attraversato una fase che possiamo definire di transizioni parallele che descriviamo a grandi linee, senza entrare nei dettagli delle decine di vicende oscure. La fase politico-giudiziaria. Quella dei misteri: omicidi senza colpevoli e dubbi suicidi legati a vicende ancora da chiarire; quella delle guerre interne alle Procure, toghe lucane, e quelle degli scandali che coinvolgono politici, fino al Totalgate 1 e 2, passando per calciopoli, fino ad arrivare allo scandalo sanità del 2018. La fase dell’espansione della criminalità organizzata che si radicalizza nel Metapontino, nella val d’Agri, nella Valle del Sauro, nel Potentino, nel Lagonegrese.

Nel corso di questa fase di transizione accade qualcosa che da un lato indebolisce la politica e le istituzioni e dall’altra rafforza il potere dei gruppi criminali che nel frattempo fanno salti di qualità. Che cosa accade?

Mafiosità della politica e politicità della mafia

La crisi della politica e dei partiti in Basilicata risente del colpo post tangentopoli ma assume anche un carattere tutto locale per via degli scandali. Rimborsopoli, le tangenti Total, calciopoli, toghe lucane, lo scandalo sanità, gli episodi di corruzione e tutte le altre vicende oscure indeboliscono il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Lo spazio delle clientele diventa sempre più appannaggio di cerchie ristrette. Si apre una fase di disprezzo popolare verso il potere dei partiti e dei loro esponenti. Si associa una certa mafiosità della politica con la politicità delle mafie. Salta evidente allo sguardo dell’opinione pubblica l’anomala commistione tra sfera pubblica e sfera privata nella politica. Si allarga la convinzione che è vero – citando Sales – ci può essere politica senza la mafia, ma non può esistere la mafia senza l’appoggio della politica.

Si assiste a riscontrate relazioni tra esponenti delle istituzioni e gruppi associativi criminali. Quelle due parallele si incrociano con evidenza negli ultimi anni. La politica perde terreno mentre la criminalità conquista spazi. Tuttavia, quegli spazi, che diventano anche spazi sociali, sono anche il frutto della sottovalutazione, per lunghi anni, dei fenomeni criminali da parte delle istituzioni. Quella sottovalutazione ha determinato in alcuni settori dell’imprenditoria e della società localizzate nelle aree più colpite, una sfiducia nello Stato e la necessità di affidarsi ai gruppi criminali. Il fenomeno estorsivo è figlio di questa situazione. La tassa da pagare per mettersi a posto e non avere problemi è all’origine dell’espansione criminale dei gruppi più pericolosi.

Scatta quel meccanismo per cui si percepisce la debolezza dello Stato che non si comporta fino in fondo da Stato. E scatta quel meccanismo per cui “la politica non mi dà niente”, i politici fanno gli affari loro”, “le banche mi fanno fallire”, “per difendermi e stare tranquillo devo pagare la tassa ai protettori”. E dunque, “l’estorsione – come scrive Sales – è il riconoscimento pubblico di una podestà territoriale. Come si fa, infatti, a dimostrare che si domina un territorio se non lo si sottopone a tassazione?” Soprattutto nella fascia jonica metapontina, a Policoro, a Pisticci a Scanzano Jonico a Montalbano e Nova Siri, questo è ormai un fenomeno evidente. Tuttavia il fenomeno si è pericolosamente sviluppato nelle aree del petrolio, Val d’Agri e Corleto e dintorni.

In queste aree, dove la politica dopo aver sfruttato tutto il possibile, ha lasciato disoccupazione, povertà, spopolamento, disagio, sono arrivate e si sono radicate le organizzazioni criminali.

Dall’estorsione alla conquista sociale

L’estorsione quindi non è soltanto un modo per fare soldi, non ha una logica esclusivamente predatoria ma, attraverso la forma sanzionatoria della violenza, sancisce un potere di controllo del territorio. E grazie a questo potere è possibile esercitare altre attività criminali con maggiore sicurezza e arroganza: dallo spaccio, al riciclaggio, acquisizione illegale di aziende e di partecipazioni societarie, anche attraverso le aste fallimentari, infiltrazioni nelle procedure di appalti e nelle istituzioni locali con esponenti affiliati o collusi, affari nel settore dell’energia e dei rifiuti. Il sequestro di armi, esplosivi e droga, gli attentati ai danni di esercizi commerciali, aziende agricole, professionisti, giornalisti e così via, non lasciano sperare granché sulla possibilità di fermare l’ascesa dei gruppi criminali nel territorio.

Negli ultimi anni, lo abbiamo già denunciato in altri articoli, è in atto un processo di capitalizzazione sociale della criminalità organizzata. In alcune zone della regione la criminalità organizzata ha ormai assunto una connotazione politica, nel senso che cerca il potere e il consenso sociale. Ciò accade soprattutto nell’area della val d’Agri, della valle del Sauro e nella fascia jonica. E si caratterizza come fenomeno della società locale, localmente concentrato, cresciuto nell’attività di protezione-estorsione e ramificato nel mercato degli stupefacenti. Il salto politico avviene quando si sviluppa un capitale sociale a uso e consumo dei clan. A un certo punto il funzionamento di questi gruppi si è avvalso di risorse relazionali. Il meccanismo dell’estorsione-protezione, oltre a essere uno dei canali di arricchimento dei clan, costituisce – ripetiamo – un efficace meccanismo per affermare e rendere operativo nel tempo il controllo del territorio. È tutto qui il salto.

Nella fascia jonica e nella terra del petrolio tuttavia, il fenomeno mafioso può essere già letto in termini di capitale sociale e richiamare l’attenzione sulla capacità e sulle risorse relazionali dei criminali. I clan in quella zona stanno accumulando capitale sociale che traggono dalle relazioni instaurate con altri attori. Cominciano a sviluppare una capacità di networking che gli permette di fare da mediatori, patron, protettori in strutture relazionali di natura diversa che essi riescono a utilizzare per i propri obiettivi.

Dalla “liturgia” dei clan alla diffusione della cultura criminale

 I criminali arrestati all’inizio del 2019 nel Metapontino hanno dimostrato di avere una loro “liturgia”, legami interni molto stretti e legami deboli, a densità variabile, con ambienti esterni.

mafia clan schettino

Il tentativo è adesso di diffondere cultura e stili criminali nella società locale, in particolare tra i giovani. Rendere conveniente l’appartenenza alle regole mafiose e l’adesione agli stili di vita criminali. Non è un caso se nell’anno appena trascorso, proprio a Policoro sia stato registrato un video musicale di una cantante neomelodica tarantina che su youtube è stato visto da oltre 160mila persone. Una canzone napoletana correlata da immagini inneggianti allo stile di vita criminale, in cui si vede un commerciante che paga tranquillamente il pizzo, ragazzi con la pistola e una introduzione musicale de “il padrino”. Il video è stato registrato nel porto turistico di Marinagri e sponsorizzato da un paio di esercizi commerciali. (Qui il video)

In un saggio, Marcello Ravveduto analizza i rapporti ambigui tra musica neomelodica e clan mafiosi. “L’autore – si legge sul sito dell’Università di Napoli – specifica che i testi e le immagini appartengono ad un sottogenere criminale compreso nel più vasto corpus neomelodico. Un segmento che raccoglie i più svariati temi legati all’ambiente malavitoso: dalla delinquenza di strada all’esperienza carceraria, dalla vita del killer all’infamia del pentito, dalla solitudine della latitanza all’esaltazione dei boss, dall’illegalità quotidiana allo spaccio della droga. I neomelodici sono gli interpreti di questo mondo perché narrano storie realmente accadute in cui chi vive nel disagio può facilmente riconoscersi. Un “neorealismo periferico” che ha varcato i confini dell’hinterland napoletano.”

Questo neorealismo è sbarcato anche in Basilicata, a Policoro. E non a caso. Ci auguriamo, invece, sia un caso il fatto che né Marinagri né il sindaco di Policoro abbiano, sembra, speso parola su questo episodio. Ricordiamo che Policoro è teatro in questi giorni di gravi episodi criminali.

Ecco che il crimine con i linguaggi, i gesti, i comportamenti, tramite la comunicazione musicale, prova a imporre e rinforzare il proprio potere. I codici mafiosi passano anche attraverso questi video e queste canzoni che, chi dice di combattere la mafia, dovrebbe evitare di produrre in casa.

A nostro avviso molti danni li ha fatti la politica, e spetta alla politica, oggi, redimersi e trovare soluzioni efficaci contro l’avanzata delle mafie. La politica potrà farlo se la società civile glielo impone. Società civile organizzata che assuma una strategia capace di aiutare chi vuole ribellarsi ma non può, invece che perdere tempo con chi può ribellarsi ma non vuole.