Basilicata spezzatino. I soldi si avvicinano e lo sviluppo si allontana

Il Contratto istituzionale di sviluppo. L’ennesima occasione sprecata? Vito Bardi, Giuseppe Conte e il Piano per il Sud

Alla presenza del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è svolta ieri pomeriggio 11 febbraio, a Palazzo Chigi la prima riunione del Contratto istituzionale di sviluppo per la Basilicata, che porterà all’approvazione definitiva dei progetti proposti da Comuni, associazioni, imprese, consorzi.

Sono 156 le proposte – scrive il Sole24ore – che saranno oggetto di valutazione, provenienti da 78 attori pubblici e privati. Tra questi: 64 sono Comuni; le due province, una associazione di Comuni, cinque associazioni e Fondazioni, cinque imprese e il Cnr. Le proposte riguardano principalmente interventi per il rafforzamento dall’attrattività turistica come la riqualificazione dei centri storici, la valorizzazione del patrimonio ambientale. Ci sono poi progetti per il potenziamento infrastrutturale e anche per le connessioni logistiche e le strutture di servizi.

Seguiranno altre riunioni per esaminare i programmi già attivati e dotati di copertura finanziaria; per analizzare i livelli di progettazione delle proposte avviate e il loro stato di avanzamento; per decidere infine gli ulteriori interventi strategici fra quelli proposti dal territorio. All’esito di questa fase il Cipe stanzierà la necessaria copertura finanziaria.

Si può ottenere sviluppo da un Contratto che finanzia diversi progetti senza alcuna connessione tra loro? Si può ottenere sviluppo senza alcuna visione strategica che dia un’identità socio-economica alla Basilicata? No. Lo dimostra la storia economica di questi ultimi 60 anni.

Il più recente “Patto per la Basilicata” firmato da Marcello Pittella con l’allora premier Matteo Renzi nel maggio 2016, ve lo ricordate? Forse no, superata la fase propagandistica e mediatica i cittadini non hanno saputo più nulla. È certo però, dati alla mano, che nulla è accaduto sul fronte dello sviluppo.

Anche se tutta la faccenda del Contratto pare sia appannaggio esclusivo degli addetti ai lavori imprenditoriali e istituzionali, come se i cittadini fossero l’ultima ruota del carro, il lato critico dovrebbe essere piuttosto chiaro. Non ci stancheremo mai di dire che senza una visione nessun piano di sviluppo è destinato a traguardi fruttuosi, specie se, come nel caso del Contratto istituzionale, si adotta – come sembra – l’approccio dello “spezzatino”.

Qualcuno si prenderà la responsabilità sacrosanta di provare a mettere insieme tutti i progetti nel quadro di una visione di sviluppo fondata su strategie di connessione delle singole azioni? Finanziare qua e là progetti presentati da attori diversi che magari non si sono neanche parlati tra loro, non è affatto razionale sul piano degli obiettivi di sviluppo sul lungo termine. Magari l’approccio funziona sul breve con ritorni di carattere politico da un lato e di carattere economico dall’altro (girano soldi). Vito Bardi ce l’ha una visione? Aspettiamo ancora di conoscerla. Giuseppe Conte ce l’ha una visione? Aspettiamo ancor di conoscerla.

Perché la questione diventa ancora più delicata se estendiamo la riflessione a tutto il Mezzogiorno. I Contratti istituzionali di sviluppo firmati in diverse aree e regioni del Sud, tra Governo e istituzioni locali, sono collocati nel quadro di una visione complessiva del futuro e dello sviluppo del Mezzogiorno? Perché nel Programma per il Molise, per esempio, c’è scritto chiaro e tondo: “lista degli interventi”. Lista! E il governo Conte quando ci farà conoscere questo famoso Piano per il Sud di cui si continua a parlare senza che si veda un briciolo di contenuto? E’ strano che si facciano i Contratti istituzionali prima che ci sia un Piano per il Sud.