Immigrazione e valore aggiunto in Basilicata

Forte, tra l'altro, è il contributo dei migranti al tessuto economico - produttivo e ai servizi sociali e territoriali

In Basilicata nell’anno scolastico 2019/20 sono stati 2900 gli alunni figli di migranti che hanno compensato la perdita di 2000 studenti Lucani in rapporto alla denatalità e mobilità territoriale.

La Basilicata è una delle regioni del sud con il maggiore tasso di studenti figli di migranti sulla popolazione scolastica. Si tratta del 3,4 % a fronte del 2,7 del a Puglia e del 2,4 della Campania.

I dati indicano la portata del contributo demografico dei 25mila stranieri iscritti all’anagrafe dei comuni, quindi residenti, pari al 4,4%della popolazione complessiva, nonché dei lavoratori in mobilità alla formazione delle classi, alla difesa dei plessi e della occupazione dei docenti e

Ancora più forte è il contributo dei migranti al tessuto economico – produttivo e ai servizi sociali e territoriali.

Nel 2019 hanno contribuito alla formazione reddito e del Pil, a partire dall’agroalimentare 45 mila migranti, circa 8% della popolazione, una parte in mobilità stagionale da altre regioni, che sostiene in particolare il comparto del lavoro cura per alcune decine di migliaia di anziani lucani. Al momento sono presenti in regione circa 1000 richiedenti asilo, di cui un centinaio di minori.

Intanto nello stesso anno la Basilicata ha perso per trasferimento in altre regioni, all’estero e per denatalità oltre 5mila persone pari all’1% della popolazione.

Sono dati che, al netto del dibattito sulle cause locali o nazionali della riduzione della popolazione che riguarda quasi tutto il Paese, in particolare il Mezzogiorno, dovrebbe favorire l’attuazione di politiche per il lavoro e una diversa qualità della vita a partire da un piano per il lavoro, previsto per legge ma ignorato, da un significativo progetto contro lo spopolamento: riuso e utilizzo dei 70mila case sfitte, dei 100 capannoni nelle aree industriali e Pip, delle terre demaniali e non utilizzate, dei beni pubblici abbandonati e la creazione di servizi sociali attraverso la spesa dei fondi della Ue e trasferiti dallo stato.

Nulla di tutto questo è all’orizzonte assieme ad un piano di formazione e di nuova alfabetizzazione di circa 70mila iscritti ai centri dell’impiego privi di qualifiche e di mestiere.

Prevalgono le liti, la diffusione dell’odio e lo sventolio della bandiera “Cambiamento” ormai priva di qualsiasi contenuto e agitata per qualsivoglia attività.

Pietro Simonetti – Cseres