Muore neonato. L’ospedale San Carlo concilia con un risarcimento di 500mila euro ai genitori

Procedura anomala nella gestione della causa civile. Danno erariale?

Raccontiamo la storia tragica del decesso di un neonato e del risarcimento ai genitori pagato dall’ospedale San Carlo. Una vicenda che lascia sul percorso molti dubbi circa la gestione delle procedure e delle decisioni da parte della direzione generale del nosocomio.

I fatti

Il bambino muore dopo circa 50 giorni dalla nascita, siamo intorno alla metà del 2016. I genitori decidono di agire nei confronti dell’Azienda Ospedaliera Regionale di Potenza, per vedersi accertare e dichiarare “la responsabilità del personale medico operante presso la U.O. di Ostetricia e Ginecologia in ordine al decesso del minore S.M., come conseguenza della condotta imprudente e negligente dei sanitari e, per l’effetto, condannare l’Azienda convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e non, iure proprio a titolo di danno da perdita di rapporto parentale e iure hereditatis a titolo di danno terminale, oltre interessi e rivalutazione come per legge”.

La consulenza tecnica preventiva

l’Azienda Ospedaliera resiste, si costituisce in giudizio e impugna la richiesta dei genitori ritenendo che non ci sia alcun nesso di causalità tra l’operato dei sanitari e la morte del neonato.

In corso di giudizio, le risultanze della relazione di consulenza tecnica preventiva della CTU giungono alle seguenti conclusioni:

  1. è lecito riconoscere profili di responsabilità professionale nella condotta dei sanitari che assistettero il travaglio della Sig.ra G.I.D.;
  2. è ravvisabile un ritardo di oltre 40 minuti nel porre indicazione all’espletamento del parto mediante taglio cesareo, alla luce di una grave bradicardia fetale, chiaro segno di ipossia;
  3. è censurabile la mancata sospensione della somministrazione di ossitocina, farmaco controindicato in caso di insulto ipossico fetale dal momento che può aggravare il tempo di recupero dell’ossigenazione e rendere il danno ipossico irreversibile;
  4. la condotta dei sanitari ostetrici ha reso possibile l’instaurarsi di una grave asfissia prepartum, determinando la compromissione del quadro clinico cardio-polmonare del neonato, che lo ha condotto all’exitus a meno di due mesi dal parto;
  5. è lecito ritenere che la esecuzione di un taglio cesareo al momento della manifestata indicazione avrebbe evitato l’esito nefasto.

La transazione

Il giudice del Tribunale di Potenza a scioglimento della riserva di cui all’ udienza del 13 novembre 2019, formula alle parti una proposta transattiva che prevede il risarcimento ai genitori di 560mila euro, oltre le spese legali. Lo stesso giudice fissa una nuova udienza il 6 maggio 2020 per prendere atto delle posizioni delle parti o degli avvocati, per manifestare la propria volontà in ordine all’accettazione o meno della proposta formulata.

Il 28 gennaio 2020 l’avvocato di controparte – Gerardo Bellettieri – rappresenta la volontà dei propri assistiti di accettare la proposta conciliativa formulata dal Giudice per un totale di circa 560mila euro, oltre le spese legali.

Il legale dell’ospedale e quello della controparte giungono a un accordo definitivo – anche attraverso interlocuzioni per le “vie brevi” – che prevede il risarcimento di 500mila euro oltre le spese che ammontano a 26mila euro circa per l’avvocato della controparte e a circa 22mila euro di spese processuali.

Il direttore generale delibera che le somme debbano essere versate all’avvocato e ai genitori del bambino entro il 15 febbraio 2020. Dalla lettera dell’avvocato – 28 gennaio 2019 – alla delibera di liquidazione – 10 febbraio 2020 – passano 10 giorni. Tempestività da record.  Fine della storia.

I dubbi

In tutta questa vicenda emergono dubbi legittimi circa il comportamento della direzione generale dell’Ospedale. Non discutiamo del dramma subito dalla famiglia del neonato, che ha tutta la nostra comprensione e solidarietà. Discutiamo della gestione della vicenda da parte della direzione generale dell’ospedale.

Si parla di responsabilità del personale sanitario nel quadro di una consulenza tecnica preventiva a cui la direzione generale dà credito senza – così pare – alcun contraddittorio. È stata disposta una perizia di parte? È stata disposta un’indagine interna per accertare le eventuali responsabilità di operatori ben identificati? Di chi sarebbe la responsabilità? Che cosa vuol dire responsabilità della condotta dei sanitari? Sanitari chi? È stato chiesto ai medici coinvolti se sono o meno d’accordo con la transazione? E se sì, ammettono le responsabilità? E se ammettono le responsabilità non dovrebbero essere loro a risarcire i genitori del bambino?

Il percorso seguito da Massimo Barresi in questa vicenda è paradossale perché: aderisce a una transazione, senza preoccuparsi minimamente di verificare con gli strumenti peritali e giudiziari a disposizione se le conclusioni della consulenza preventiva siano confutabili o meno; non dispone azioni finalizzate a individuare gli eventuali responsabili delle condotte che avrebbero causato il decesso del neonato; chiude velocemente la faccenda ponendo a carico della collettività – di noi cittadini – il costo di 500mila euro, oltre le spese.

Dunque, se esistono responsabilità mediche sanzionabili, l’azienda ospedaliera dovrebbe rivalersi sui medici. Massimo Barresi ha avviato o intende avviare le procedure di rivalsa?

Se i responsabili non sono stati individuati, Barresi dovrebbe spiegarne il motivo. Oppure ci dica se l’episodio è causa delle carenze organizzative e tecniche della struttura sanitaria. In tal caso, perché far gravare sugli operatori sanitari la responsabilità dell’accaduto? L’avvocato del San Carlo ha qualcosa da dire?

Malelingue del palazzo, da cui ci dissociamo, si chiedono come mai l’avvocato della controparte, il Consigliere regionale di Forza Italia, Gerardo Bellettieri, abbia smesso all’improvviso la sua battaglia politica contro Massimo Barresi. “Fino a qualche mese fa – ci dicono – faceva ferro e fuoco per sostenere la decadenza dall’incarico del direttore generale del San Carlo e poi, nelle ultime settimane, quel fuoco è diventata acqua quieta”.

A parte le insinuazioni di qualcuno, il comportamento del direttore generale in questa vicenda ha altre implicazioni non marginali. Generalizzando eventuali responsabilità e aderendo con troppa facilità alle conclusioni di una relazione della consulenza preventiva, lancia messaggi negativi contro tutta la categoria dei medici alimentando l’idea per cui “sbagliano tutti e sempre”.

Mentre in questo caso, come in altri casi, se c’è stato errore, qualcuno ha sbagliato, e quel qualcuno dovrebbe essere identificato e obbligato al risarcimento. Tuttavia, Barresi lancia un altro messaggio ai pazienti e ai familiari, ai cittadini: se vi capita qualcosa denunciate e chiedete risarcimenti, tanto l’azienda paga, state tranquilli.

Il tema della responsabilità medica, civile e penale, è argomento delicatissimo e non può essere liquidato con la disarmante banalità di un comportamento come quello adottato dal direttore generale dell’ospedale San Carlo.

Qualcuno dovrebbe chiedere conto a Massimo Barresi della gestione di questa vicenda e verificare che non si configuri un danno erariale.