Mafia. Gli ominicchi arroganti e prepotenti dei clan devono essere isolati socialmente

Quello che è successo negli ultimi giorni è il segno tangibile a conferma della “guerra” dichiarata dai gruppi associativi criminali alle istituzioni

Appena un anno fa, avevamo scritto a chiare lettere che in Basilicata la guerra tra mafia e istituzioni “è appena iniziata”. In quei mesi le forze dell’ordine avevano assestato un duro colpo alla criminalità organizzata nel Metapontino. Decine di arresti a dimostrare che in quel territorio esiste una mafia in gestazione da anni. Gruppi etero diretti da organizzazioni esterne alla Basilicata nel tempo si sono conquistati un’autonomia locale mantenendo legami funzionali con i clan mafiosi delle regioni limitrofe. Tuttavia, l’attività criminale non ha subito stop. Nei mesi successivi uomini legati allo stesso clan colpito dagli arresti, e uomini appartenenti ad altri gruppi criminali, hanno continuato a seminare il verbo dell’estorsione, dello spaccio, delle intimidazioni e degli attentati.

Mafia, operazione Dda Potenza

Quello che è successo negli ultimi giorni è il segno tangibile a conferma della “guerra” dichiarata dai gruppi associativi criminali alle istituzioni. Una guerra a colpi di sfrontatezza.

All’alba del 4 marzo scorso scatta l’operazione antimafia, denominata “Idra”, condotta dai carabinieri della Compagnia di Pisticci e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Potenza. Delle sette ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip del Tribunale potentino, sei hanno interessato persone già detenute, coinvolte in precedenti inchieste giudiziarie. Il clan è sempre lo stesso: Schettino e affiliati. Nelle stesse ore, quasi in contemporanea, alcuni uomini – forse tre – danno fuoco all’auto del titolare dell’azienda agricola De Paola, a Scanzano Jonico.

Gli esiti delle perquisizioni nel corso dell’operazione Idra -fanno sapere gli inquirenti- hanno dimostrato l’attuale operatività del sodalizio criminale, come si evince dal fatto che un 36enne di Tursi, considerato organico alla compagine mafiosa, è stato arrestato in flagranza di reato per detenzione illegale di una pistola calibro 36, di 15 ordigni esplosivi rudimentali ed una ventina di munizioni calibro 12. Sempre a Tursi, una giovane donna 24enne, vicina al gruppo criminale, è stata denunciata a piede libero, poiché trovata in possesso nella propria abitazione di circa 10 grammi di marijuana, di un bilancino di precisione e vario materiale per il confezionamento.

La sera del 5 marzo, a Policoro, un altro attentato incendiario ai danni di un’auto parcheggiata in pieno centro abitato. Sembra che ad ogni azione delle forze dell’ordine segua una reazione della criminalità.

Dunque assistiamo a una guerra continua tra istituzioni e clan. Clan di ominicchi malavitosi, col genoma della salamandra, che si rigenerano ogni volta che i vertici vengono colpiti e arrestati.

E ormai nel Metapontino, nella val d’Agri e nella valle del Sauro, le organizzazioni criminali sono capaci di rigenerarsi velocemente.

Gli inquirenti, che hanno già dimostrato nell’ultimo anno molta determinazione, sanno bene che occorre isolare i capi e i loro gregari dal resto del territorio e dal resto dei germogli criminali pronti a sostituirli. Un lavoro duro e difficile che richiede uno sforzo ulteriore nel controllo del territorio e nell’azione repressiva.

Tuttavia, la politica e la società civile devono fare la loro parte. Isolare socialmente e politicamente personaggi in odore di mafia, è un dovere assoluto. Bisognerebbe finirla con il malinteso senso del “garantismo” che regala reputazione sociale ed economica a uomini e donne dai profili ambigui. Certo, non bisogna condannare nessuno a priori, pregiudizialmente, ma bisogna tenere alta la guardia ed evitare di accettare sorrisi e caffè da chi, dopo essere già stato in galera, continua a delinquere e circola nei paesi con la faccia da “amicone”.

Gli ominicchi del clan Schettino in questi mesi hanno esibito arroganza, strafottenza, prepotenza nei luoghi sociali di frequentazione: nei bar, nei ristoranti, nelle strade e sui social network. Vanno isolati. Ai mafiosi non gli si rivolge la parola, non gli si scrive, perché non bisogna legittimarli neanche nel loro male.