Coronavirus in Basilicata. Ospedali da campo, propaganda e illusioni. Si faccia sul serio

Qualche domanda all’assessore Leone, al responsabile della Task Force e al ministro Speranza

Chiariamo subito. Il Qatar non ha donato alcunché a Policoro o a Potenza. Il Qatar ha donato al Governo italiano 3 ospedali da campo. Il governo ha deciso di dislocare questi ospedali tra Nord Centro e Sud del Paese. Al Sud è stata individuata come allocazione la Basilicata. Il sindaco di Policoro in interlocuzione con la Regione si è reso disponibile ad ospitare nella sua città uno degli ospedali. Quell’ospedale in Basilicata sarà diviso in due parti, una a Policoro, 200 posti e una a Potenza 300 posti. Evidentemente anche il sindaco della città Capoluogo ha offerto la disponibilità ad ospitare una parte dell’impianto.

A prescindere dalla retorica narrativa di queste ore sulle prospettive formidabili degli ospedali di Policoro e Potenza che, grazie a questa opportunità, diventeranno punto di riferimento sanitario per tutto il Mezzogiorno (vorremmo crederci), qualche domanda è d’obbligo sulla base delle informazioni fino ad oggi disponibili.  La prima la facciamo al ministro della Salute Roberto Speranza.

È vero che a caval donato non si guarda in bocca, tuttavia è possibile trattare sul tipo di cavallo quando qualcuno vuole donarlo? Sarebbe a dire, se l’emergenza in Italia riguarda la fornitura di dispositivi di protezione individuale, la disponibilità di test diagnostici, di medici e infermieri, perché il Qatar ci dona 3 ospedali da campo?

Il solo ospedale diviso tra Policoro e Potenza, per funzionare avrebbe bisogno di 100 medici e 400 infermieri, e dunque in seguito all’installazione dell’impianto che si fa?

L’assessore alla sanità Rocco Leone, parlando di Policoro, ha dichiarato: “È un presidio che ci è utile, anche se speriamo di non utilizzarlo mai, è una struttura che dovrebbe essere un punto di riferimento anche per le altre regioni. In caso di emergenza, infatti, lo metteremo a disposizione anche delle vicine Puglia e Calabria”.

Altra domanda: in caso di quale emergenza? E con quale personale sanitario? I pazienti saranno covid o altro?

E a chi servirà se come sembra l’epidemia è in fase calante? Questa faccenda ci ricorda il periodo in cui qui in Basilicata hanno fatto costruire padiglioni per l’Hiv che non sono mai stati usati. Denaro buttato.

Intanto, se si pensa ad un uso flessibile dell’impianto, inteso come un luogo di aggiornamento continuo sulle patologie infettive per tutti i medici del centro-sud e di ricerca su cui far confluire gli esperti medici, infermieri, personale delle forze dell’ordine e della protezione civile per la elaborazione di piani di protezione da epidemie allora sarebbe sensato “approfittare” dell’opportunità. Insomma, un laboratorio di protezione civile e di formazione in sanità pubblica che, quando serve, può trasformarsi in parte o completamente in ospedale. Ci sono altre idee? Ecco si discuta di questo anziché sbandierare propagandisticamente meravigliose donazioni alle quali non si riesce a dare un senso.

I cittadini in questi giorni si fanno molte domande che attendono ancora risposte chiare, precise. A Potenza per esempio, nel famoso ospedale da campo ci saranno o no pazienti covid? E da dove arriveranno, considerato che in Basilicata, parole di Rocco Leone, i posti letto pronti (?) sarebbero circa 200 nei vari ospedali della regione?

Tanto per tornare sulle questioni vere dell’emergenza consentiteci un’altra domanda all’assessore e al responsabile della Task force: è vero che ci sono laboratori privati attrezzati in Basilicata che hanno proposto alla Regione di analizzare i tamponi a invarianza del tetto assegnato, e che attendono ancora una risposta? La domanda la facciamo perché in altre regioni, i laboratori di analisi privati sono stati tutti mobilitati. E, se avessimo seguito quell’esperienza, probabilmente anche qui avremmo risparmiato qualche vittima. O no?