Coronavirus in Basilicata. Un po’ di chiarezza sui dati e qualche cenno sul futuro

I contagi zero sono una variabile apparente, statisticamente significativa, ma realisticamente incerta. La salute delle persone è cosa seria, molto seria

La Basilicata ha un tasso di letalità, al 13 aprile pari al 5,9. Si calcola dividendo il numero dei deceduti con il totale dei positivi accertati, non solo quelli accertati al netto dei deceduti e guariti, come invece pare abbia fatto la Task Force. Nessuno sa con precisione quanti siano i contagiati sia in Italia sia in Basilicata. Nella nostra regione sappiamo che i casi positivi al 13 aprile sono calcolati su 4754 tamponi effettuati.

Vediamo il tasso di letalità. L’Umbria, con una popolazione di quasi 900mila residenti, ha un tasso di letalità pari al 3,9. Il Lazio con una popolazione residente di 5,8milioni di persone, ha un tasso di letalità pari al 5,7. Il Veneto con quasi 5 milioni di residenti ha un tasso di 6,2 mentre la Campania con i suoi 5,8 milioni registra un tasso di 6,8. E queste sono regioni alcune molto colpite e altre meno colpite.

Dunque, rispettivamente alla letalità apparente non siamo stati molto fortunati, considerata la morfologia del territorio e la densità di popolazione.

Un dato importante è rappresentato dalla percentuale di decessi sul numero di contagi accertati. In Basilicata siamo al 6%. Mentre in Lazio siamo al 5,7%, in Umbria siamo al 3,9%; in Veneto al 6,1%; in Campania al 6,7%; Fatte le dovute proporzioni anche in questo caso non siamo stati molto fortunati.

I guariti in Basilicata sono l’11% dei contagiati accertati. In Veneto sono il 18%; in Campania il 9,3%; in Umbria il 48,7%; Nel Lazio il 15,3%. Anche in questo caso non siamo stati molto fortunati.

Questi sono solo esempi. Per chi vorrà cimentarsi, vedrà che anche il confronto con altre regioni, sia del Sud sia del Nord, presenta criticità lucane in diverse variabili. Spesso le medesime criticità riguardano la maggior parte delle regioni, non solo la Basilicata.

Quella più caratterizzante è la debolezza del sistema sanitario nel territorio. Vale a dire la medicina di prossimità. La possibilità diagnostiche sono state gravemente limitate da questa debolezza che si è sovrapposta alla disorganizzazione a tutti i livelli nella gestione dell’emergenza.

Metaforicamente potremmo dire che settimana per settimana ogni volta che i buoi scappano qualcuno chiude la stalla, dopo. In questa regione, piccola, fatta di piccolissimi comuni, chiunque, con un minimo di senno preventivo, di capacità strategica elementare, avrebbe evitato almeno la metà di quei morti.

I posti letto devono rappresentare l’ultima spiaggia. Le risorse e gli sforzi devono essere impiegati prioritariamente nel rinforzo della medicina del territorio. Una medicina organizzata alla perfezione, con equipaggiamenti adeguati specie sul piano delle tecnologie e delle attrezzature sanitarie. Almeno questo, deve essere ormai chiaro a tutti. Perché i contagi zero sono una variabile apparente, statisticamente significativa, ma realisticamente incerta.

E non si potrà parlare di fase due in questa regione, se continueremo a moltiplicare i posti letto e a sottrarre sangue vivo alla medicina del territorio. Se continueremo a creare posti inutili per piazzare i primari amici a fare nulla, a nominare dirigenti incapaci, a sviluppare filiere di privilegiati, raccomandati e servitori di principini della politica e della sanità. La salute delle persone è cosa seria, molto seria.