Acque minerali, “Concessionari pagano royalties irrisorie. Regione Basilicata non sia debole con i forti”

Legambiente Basilicata chiede aumento dei canoni

In questi giorni l’argomento principale di discussione politica in Basilicata è quello relativo alla richiesta di revoca dell’articolo 6 della legge regionale n. 10 del 20 marzo 2020 (cosiddetta legge di stabilità) sull’aumento del canone delle concessioni delle acque minerali. Il fatto singolare è che la richiesta di abrogazione viene proposta dalla maggioranza di centro-destra in Consiglio regionale, quindi la stessa che poco più di tre mesi fa aveva approvato la legge contenente la misura in questione.

“Cosa è successo in questi 3 mesi? – chiede Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – Cosa ha fatto cambiare idea alla maggioranza che governa questa Regione per spingerla a fare repentinamente marcia indietro? Non è compito nostro appurarlo né ci interessa in modo particolare. Peraltro verifichiamo posizioni analoghe contrarie all’aumento del canone anche nel sindacato regionale e l’opposizione in Consiglio al momento non esprime una posizione sul tema”.

“Piuttosto – continua Lanorte – a noi interessa la sostanza del provvedimento che si intende abrogare. L’articolo 6 della legge regionale n. 10 del 20 marzo 2020 prevede che i concessionari di acque minerali e naturali debbano versare alla Regione Basilicata royalties pari a 2 € per metro cubo di acqua minerale emunta e imbottigliata. Si tratta quindi di un canone di 2 millesimi di € per litro con un aumento pari al doppio rispetto a quanto i concessionari hanno pagato fino ad ora. Poiché, in base ai dati regionali, nelle 12 concessioni di acque minerali della Basilicata si imbottigliano circa 400 milioni di litri, l’introito per la regione Basilicata fino a questo momento è stato di 400mila € all’anno e quindi sulla base dei nuovi canoni passerebbe a circa 800mila € annui. Insomma una royalty irrisoria che tale rimarrebbe anche nel caso l’articolo 6 non venisse abrogato.

Infatti bisogna considerare che tali introiti per la Regione servono allo scopo di preservare e bonificare aree di coltivazione particolarmente sfruttate. Inoltre, 2 millesimi di € al litro sono una cifra impalpabile, di ben 250 volte inferiore ai 50 centesimi al litro che rappresenta il prezzo medio di vendita dell’acqua in bottiglia al supermercato (che pagano i cittadini quindi), ma che arriva a rappresentare un costo di 1000 volte inferiore se si considera che spesso si raggiungono anche i 2-3 € al litro (ad esempio nella vendita al dettaglio nei bar, nelle stazioni o negli aeroporti). Cifre che si traducono in un business milionario per le aziende private delle acque minerali ottenuti con l’uso privato di un bene pubblico”.

“Insomma – sostiene Lanorte – il settore è ricco e florido anche in Basilicata ed è quindi davvero poco opportuno utilizzare il solito schema delle ricadute occupazionali negative di un settore che in Basilicata occupa 350 dipendenti, le cui garanzie lavorative non possono e non devono certo essere minate da un insignificante aumento del canone”.

“La nostra proposta e il nostro auspicio – conclude Lanorte – è che l’articolo 6 della legge regionale n. 10 del 2020 venga sì abrogato, non per ritornare alla situazione precedente ma per applicare un canone significativamente più alto. La proposta di Legambiente a livello nazionale è che le Regioni applichino un canone minimo di 20 €/metro cubo (equivalente ad appena 2 centesimi di € al litro imbottigliato) che permetterebbe di passare dagli attuali 18 milioni di euro incassati in totale dalle Regioni ad almeno 280 milioni di euro e, in Basilicata, da 400mila € a 8 milioni di €; una cifra che, seppur sempre di molto inferiore rispetto al fatturato delle aziende imbottigliatrici e al costo di vendita al pubblico, non andrebbe ad incidere sulle tasche delle aziende e sarebbe invece utile a incrementare le entrate per le Regioni, da reinvestire in politiche e interventi di tutela della risorsa idrica.

Riteniamo fondamentale che la concessione di beni comuni naturali e di pregio, come è quello delle acque minerali di un territorio (specialmente in quelle aree dove vi sono difficoltà di approvvigionamento idrico) deve essere sottoposta ad attente regole di assegnazione e gestione, nonché a canoni adeguati in modo da evitarne abusi e rendite”.