Piano sanitario. Cgil, Cisl e Uil: prima i bisogni di salute dei lucani

I sindacati esprimono profonda insoddisfazione per il modello di riordino presentato di recente con un disegno di legge della Giunta regionale

Cgil, Cisl e Uil esprimono profonda insoddisfazione per il modello di riordino della sanità lucana presentato di recente con un disegno di legge della Giunta regionale.

Una manovra che per i sindacati si configura ed appare come un mero esercizio burocratico, un semplice “aggiustamento” teso a rimettere mano agli assetti di potere delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere.

L’impianto del disegno di legge, infatti, è carente di visione politica strategica, della capacità di lettura dei nuovi processi socio-sanitari e non coglie l’aspettativa di larghi strati dell’opinione pubblica e dei cittadini, per avviare una svolta vera nello “stato attuale delle cose” del Servizio sanitario regionale. Cgil, Cisl e Uil sono convinte che occorra altro e chiedono con forza e convinzione al Presidente Bardi che si cambi l’impostazione e si ripristini il metodo ed il merito della buona programmazione sanitaria”.

Occorre ripartire dalla programmazione, dalla lettura dei bisogni di salute e dei suoi determinanti per poi pensare alla conseguente architettura della governance che non può prescindere dalla tessitura di una stretta correlazione tra medicina primaria, territoriale e ospedaliera.

L’emergenza pandemica, con il suo portato di possibili recrudescenze, impone elementi e sfide nuove rispetto a qualunque altro impatto sulle strutture socio-sanitarie. Occorre ripartire da un “punto zero”. Il contesto è mutato. Non serve il ripristino dello status quo ante crisi. È uno spreco di opportunità, rafforza sistemi di gestione rigidi, burocratizzati legati a precedenti logiche di taglio finanziario e di parametri fissi (DM 70), dimostratisi concausa di tante criticità e dell’abbassamento dei livelli di prestazione e di protezione del cittadino utente.

E’ evidente -rimarca la Triplice- che la paventata distinzione, nel disegno di legge della Giunta Bardi, tra due uniche grandi aziende, una di tipo ospedaliero, l’altra territoriale, è di per se portatrice di separatezze, di logiche di iperspecializzazione e di eccessiva verticalizzazione delle decisioni.

L’ospedale deve, invece, articolarsi ed ampliarsi in una progressiva sinergia ed integrazione con le funzioni territoriali. È stato dimostrato che l’efficacia delle misure di contenimento è strettamente legata alla capacità di risposta della sanità territoriale, specie per i percorsi di cura a bassa complessità. Appare, inoltre, significativo e degno di considerazione che il modello “diviso in aziende committenti e di produzione” è in superamento in Regioni come il Friuli e nella Provincia di Ferrara.

In Basilicata, invece, si adombra la costituzione di un’unica azienda di “produzione” ospedaliera (1600 posti letto per acuti) che di fatto drenerà risorse a scapito del territorio, con un accentramento su base ospedaliera di risorse umane, tecnologiche ed economiche del sistema sanitario regionale ed una residualità di quelle da attestare alle attività territoriali sanitarie e socio-sanitarie.

Il semplice e meccanico riaffidamento ex lege all’azienda ospedaliera San Carlo di alcuni plessi ospedalieri ripropone, inoltre, tutti i suoi limiti: di fatto un depauperamento degli altri ospedali con un appiattimento verso il basso delle funzioni della stessa azienda ospedaliera. Il fulcro di un rinnovato sistema sanitario deve essere il distretto/ambito e quindi l’azienda territoriale, luogo di programmazione e produzione dei servizi sanitari, in grado di prendere in carico il cittadino utente attraverso il potenziamento dell’assistenza domiciliare e il rafforzamento delle USCA.

Una presa in carico multidisciplinare, con un reticolo assistenziale in grado di valorizzare e potenziare l’assistenza domiciliare in una logica di prossimità verso le persone, con modelli innovativi, in specie legati alla prevenzione, agli stili di vita, alla multicronicità. Decisiva è la regia rafforzata dei servizi a bassa soglia di accesso (pediatri, medici di famiglia, medici di continuità assistenziale, consultori familiari, centri vaccinali, centri di diabetologia, servizi socio-sanitari per anziani, disabili, sofferenti psichici, tossicodipendenti, ecc.) che già rappresentano il punto avanzato del sistema sanitario lucano.

Nel contempo Cgil, Cisl e Uil rivendicano che la Regione acceleri la piena ripresa delle attività in sicurezza, pena una nuova emergenza più grave di quella da Covid, con danni per la salute di pazienti cronici, oncologici, polipatologici a rischio di danni irreversibili, senza cure e follow up. La Regione deve formulare un vero Piano riorganizzativo degli ospedali, in relazione all’incremento significativo che lo Stato ha deciso per le terapie intensive e sub intensive, oltre che per i reparti di infettivologia e pneumologia.

I motori-per i sindacati- sono l’integrazione socio-sanitaria, la realizzazione “vera” del distretto della salute, la continuità ospedale-territorio, l’approccio territoriale alle cure con quelle dell’ospedale, ovvero di medicina generale e specialistica con un servizio di emergenza urgenza del 118 a fare da cerniera tra la medicina territoriale e il sistema delle acuzie. Una comunità integrata che assicura e presidia i percorsi di cura dei cittadini.