Tempa Rossa e dintorni: il disastro morale e sociale nella terra di Pietro Lacava

Un territorio devastato dal potere economico, che ha perso l’identità, la dignità e la ragione

L’area che circonda il centro olio di Tempa Rossa, con i Comuni sparsi a poca distanza, è una zona franca dei diritti. Un territorio, la Valle del Sauro, che ha smarrito i valori legati alla tradizione contadina, ha disperso nel tempo le sue energie migliori, ha abdicato al denaro sporco di petrolio e dei suoi derivati.

“Bande” di prepotenti protetti dalla loro posizione nelle istituzioni locali, fanno il bello e il cattivo tempo. Sono loro a decidere chi deve lavorare e chi no, come ai tempi dei Baroni. Nelle attività dell’indotto, accade di tutto. A lavorare ci va l’amico, la fidanzata, il cognato dell’assessore, del sindaco. A lavorare ci va quel signore segnalato dall’amico che porta voti. Non stiamo parlando di lavori qualificati, che richiedono una qualche formazione specifica, una certificazione di competenze, no, stiamo parlando di occupazioni di basso livello: guardiania, pulizie, portineria…

Lavori accessibili anche a persone che fanno la fame, che vivono in condizioni di estremo disagio: ragazze madri, donne con mariti stremati dall’alcol, famiglie che non riescono a mettere insieme gli ingredienti per il pranzo. Persone senza qualifiche, senza grandi competenze che una possibilità l’avrebbero se qualcuno li chiamasse in qualche ditta dell’indotto Total, al pari dei cognati e delle fidanzate. Ebbene, questa gente, è stremata dall’aria pessima che respira, dalla fame, dalla paura di ribellarsi e dall’angoscia del futuro.

Niente lavoro, niente reddito, ma abbondante inquinamento. Le modalità di selezione concordate con i sindacati pare siano andate a puttane, ognuno fa come gli pare, ognuno usa il suo miserabile potere, dai livelli più alti a quelli più bassi, per piazzare i suoi uomini e le sue donne a fare qualche ora al giorno e guadagnare un salario da fame.

Sono i fortunati, quelli protetti, poveracci anche loro, costretti a vendere la dignità e a mordersi la coscienza per il male che fanno ai loro concittadini più bisognosi. Una guerra tra poveri pilotata dall’alto con l’obiettivo di garantire il mantenimento del potere locale ai soliti noti, quelli che guadagnano soldi e benevolenza dei veri padroni del territorio: i petrolieri e i loro amici politici a Potenza e a Roma.

La domanda che ci pone Antonio, uno di quei cittadini della Valle, a cui ribolle il sangue è: “Perché assumono il parente dell’assessore e non quella ragazza abbandonata dal marito, con un figlio piccolo, che non sa come campare? Quella ragazza, le pulizie le sa fare, e starebbe anche bene in portineria, perché lei ha un diploma di perito commerciale”.

Caro Antonio, quando un territorio è devastato dal potere economico, perde l’identità, la dignità e la ragione. Per sopravvivere si sottopone al dominio dell’incertezza, della precarietà, della fragilità imposto da chi detiene il controllo delle risorse. Quella precarietà, quello stato di povertà, vi mettono nella condizione di elemosinare i diritti e vi costringono a guerreggiare tra di voi, gli uni contro gli altri. Le porte della Valle non a caso si sono spalancate alla criminalità organizzata che, purtroppo, per alcuni di voi comincia a diventare l’alternativa alle speranze tradite.

Sono lontani i tempi di Pietro Lacava e dell’insurrezione antiborbonica dei corletani. Sono vicini i tempi del definitivo declino economico, morale, sociale della Valle.

Ribellatevi, ma non lo fate contro i vostri simili, ribellatevi contro i colonizzatori della Total, contro i loro servitori, contro la politica che vi umilia ogni giorno, contro le mafie. Sono loro i nemici. Il destino è nelle vostre mani, sarete  voi a decidere se vivere in una valle delle lacrime o in una valle del sorriso.