Covid, in questo Paese non siamo tutti uguali

La lettera aperta di un operaio della Fca di Melfi: "...Intanto continuiamo ad infettarci e a portare il virus in famiglia"

Di seguito la lettera di un operaio della Fca di Melfi.

“Oggi il Senato della Repubblica italiana è fermo perché due senatori hanno contratto il coronavirus. Si sono fermati i lavori, si accingono a sanificare le aule e far fare i tamponi a tutti prima del rientro.

Qualche giorno fa si era fermato il Ministero dello Sviluppo Economico, prima ancora tanti uffici della pubblica amministrazioni sparsi sul territorio.

È bastato un solo caso o al massimo due perché in questi luoghi si sanificasse immediatamente tutto e si facessero i tamponi a tutto il personale.

Più di un mese fa i primi lavoratori della Fca di Melfi contagiati, nel frattempo i casi di positività sono saliti a venti, l’ultimo ieri.

La fabbrica non si è fermata, non si sono sanificati i capannoni e non si sono fatti i tamponi a tutti i lavoratori.

Non c’era bisogno di un virus per sapere che esistono cittadini di serie a e cittadini di serie b, il Covid ha soltanto aggiunto un altro tassello, il più macabro, a questa consapevolezza.

Gli operai possono ammalarsi, devono esporsi e contagiarsi per produrre , i senatori possono tutelarsi, possono difendersi dal virus.

E allora scopriamo che ogni ceto sociale ha un protocollo di sicurezza fatto su misura.

Possiamo appellarci a Presidenti, Ministri, Assessori, Prefetti, ai carabinieri agli ispettori e ai medici del lavoro, nessuno di questi verrà in nostro aiuto, nemmeno ci  rispondono, intanto continuiamo ad infettarci e a portare il virus in famiglia.

Pulcinella si vergognerebbe di assistere al meschino teatrino messo in scena dai tanti clowns al potere. Un ultima cosa, nessuno si azzardi a dire che in questo paese siamo tutti uguali!

Un operaio della Fca di Melfi