Degrado nel Parco nazionale dell’Appennino lucano

L'associazione Fuorisentiero dopo numerose segnalazioni sullo stato di abbandono dell'area protetta, scrive a Regione, Provincia ed Ente Parco

In data odierna è stata inviata una lettera di segnalazione, corredata di numerosi documenti provanti, in merito al degrado ambientale-paesaggistico e allo stato di abbandono delle aree del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese e dei siti Natura2000 – Regione Basilicata, avente come destinatari il Dipartimento Ambiente ed Energia della Regione Basilicata, la Provincia di Potenza e l’Ente Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.

Firmataria della lettera l’Associazione “Fuorisentiero“, collettivo da tempo impegnato nella tutela e salvaguardia del territorio lucano attraverso la ricerca naturalistica e l’educazione alla sostenibilità ambientale.

L’iniziativa-spiega l’associazione- nasce dalle reiterate segnalazioni di illeciti e deturpamento dell’ambiente da parte dei membri di Fuorisentiero durante le consuete attività di ricerca e attraversamento delle aree naturali della Basilicata.

Di seguito la lettera:

“Premesso che tale segnalazione non ha uno scopo meramente polemico o accusatorio, bensì è mirata a mettere in luce le problematiche afferenti le aree in questione che impediscono una corretta e virtuosa tutela e conservazione delle stesse, si osserva quanto segue:

in primo luogo si rileva l’assoluta carenza di regolamentazione delle attività consentite nel Parco de quo, a dispetto di quanto previsto all’art. 11 della Legge 6 dicembre 1991, n. 394, “Legge quadro sulle Aree Protette”, e dall’art. 31 dello Statuto dell’Ente Parco che rimanda alla prima.

In dette disposizioni, come è noto, è espressamente disciplinata la prioritaria necessità per l’Ente Parco di dotarsi di un Regolamento in armonia con il Piano Parco.
Ebbene, nel caso di specie, il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese non ha pubblicato una disciplina in tal senso e tale vuoto normativo ha quale inevitabile conseguenza la perpetrazione di comportamenti del tutto scostanti dalle esigenze di tutela ambientale e paesaggistica e lede l’effettività dei controlli sui comportamenti stessi. Vista l’ingiustificabile carenza di strumenti specifici e norme di indirizzo risulta quantomeno improbabile un pacifico perseguimento delle finalità dell’Ente, tra cui si annoverano la gestione e la tutela dell’area protetta, il mantenimento della biodiversità, la ricerca scientifica, l’educazione ambientale, lo sviluppo e la promozione di un turismo sostenibile.

A queste problematiche si aggiunge inoltre la lesione del diritto all’informazione dei cittadini che gli organi competenti dovrebbero invece garantire, definendo chiaramente e concretamente le politiche di gestione e di tutela adoperate anche al fine di ottenere un accettabile livello di collaborazione dei fruitori delle aree e dei vari gruppi di interesse.

È altresì opportuno rimarcare la grave carenza di controllo sulle aree in questione che si evince sia dall’operato dalle autorità a questo adibite – Corpo Forestale dello Stato in primis – sia dalla totale assenza o inefficienza di strutture, strumenti informativi e servizi volontari di vigilanza ecologica che potrebbero efficacemente coadiuvare nel controllo della qualità dell’ambiente.
Quanto all’operato delle autorità si evidenzia come in plurime occasioni la scrivente Associazione ha provveduto con solerzia a segnalare situazioni di degrado ambientale (come meglio documentate negli allegati alla presente), tuttavia l’intervento dei Carabinieri Forestali non ha avuto l’esito sperato di ripristino dello stato delle aree. Peraltro non si comprende come, pure prescindendo da eventuali segnalazioni, possano passare inosservate dette situazioni di degrado così diffuse su tutto il territorio di cui trattasi, le quali dovrebbero certamente emergere già solo a fronte del normale espletamento dei compiti di tutela ambientale e dell’ordinaria attività di controllo dei Carabinieri Forestali stessi.

Quanto alla suddetta carenza di strutture e strumenti informativi è palese come questa costituisca l’ennesimo problema. Ed invero è assolutamente necessario predisporre punti di presidio territoriale operativi, quali ad esempio rifugi gestiti e punti di informazione, che per loro stessa natura e funzione contribuiscono al miglioramento della tutela delle aree protette.

Tale drammatico scenario è poi aggravato dall’inefficacia dei servizi prestati dalle Guardie Ecologiche Volontarie ove presenti, le quali se adeguatamente formate e incluse in una seria programmazione di tutela ambientale si rivelano risorsa essenziale per il monitoraggio ambientale e per il rispetto delle leggi vigenti in materia di illeciti ambientali.

Certi che tale segnalazione verrà presa in considerazione con l’adeguata sensibilità dagli organi competenti anche al fine di aprire un dialogo sulla tutela attiva di questi ambienti vulnerabili, vera ricchezza della Basilicata.