A Natale non torno in Basilicata, è rischioso in questa fase. La testimonianza di Andrea, giovane lucano emigrato a Bologna

“Certo, i genitori avrebbero voluto riabbracciarmi, ma non si può”

“Certo, i genitori avrebbero voluto riabbracciarmi, ma non si può, è troppo rischioso in questa fase”. Andrea, potentino originario del Vulture, lavora da diversi anni nel ramo assicurativo, a Bologna. Mentre parliamo al telefono, dietro, a fargli da sfondo, un centro di Bologna che appare quasi deserto. “Si, qua per strada c’è poca gente – conferma – in molti hanno paura ed escono solo per sbrigare le faccende essenziali”.

Molti dei suoi conoscenti appena hanno potuto hanno preso la macchina, o il treno, e proprio in queste ore stanno rientrando in Basilicata e nelle altre regioni del Sud. “Chi ha potuto è partito, in molti hanno fatto il tampone, ma personalmente non mi fido, non è un vaccino, non assicura affatto l’immunità. E poi è un periodo troppo travagliato per il nostro Paese. Siamo come in guerra e quando c’è una guerra non ci si sposta, ci si comporta secondo coscienza. E si aspetta”. In trincea ci sono “medici, infermieri e personale sanitario”. E Andrea sottolinea come “solo ieri in Italia sono arrivate oltre 800 chiamate dagli ospedali a casa, per comunicare la morte di un familiare per Covid”.

Troppo grande la ferita, così, pur di frenare questa terribile epidemia, bisogna fare delle scelte, come la sua, di non tornare da amici e genitori. “Certo, mi dispiace non vivere l’atmosfera natalizia accanto ai miei affetti, la famiglia, i tanti amici che ho giù – ammette – ma è poca cosa rispetto alla sofferenza di chi vivrà il primo natale con un posto vuoto a tavola”. Così il suo sarà un natale semplice.

“Trascorrerò giornate del tutto normali – chiarisce – pochi contatti e con gli occhi all’andamento della pandemia”. Ma in sé ha una grande speranza: “Che il vaccino al più presto ci consegni una vita normale, proprio quella vita che si è interrotta ormai 10 mesi fa”. Andrea vive come sospeso. Non sa quando potrà “scendere” ma preferisce affrontare questo periodo, che non esita a definire una “guerra con vittime manco fosse la Seconda Guerra”, con tutti gli accorgimenti del caso: “So che in molti faranno come me, ci penseranno due volte prima di partire entro il 20 dicembre, data delle chiusure tra regioni”.

E conclude con un appello a tutti i figli del Sud, come lui, emigrati al Nord per studio e lavoro. “Io non scenderò, in primis per proteggere i miei genitori, ma a chi scende raccomando almeno di fare i tamponi necessari per cautelare sé e gli altri, e quindi per evitare una terza ondata, che potrebbe finire di sconvolgere le nostre vite anche nei prossimi mesi”.

Andrea

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