Covid. Donatello, giovane medico lucano: “mentre facevo il vaccino pensavo a papà, morto per causa del virus”

Il 6 dicembre scorso ha perso il padre, stimato veterinario dell’Asp, ma dopo pochi giorni è rientrato in reparto a riprendere la lotta contro i virus

“Quando dalla direzione del reparto mi hanno chiesto se volessi fare il vaccino non ho avuto esitazioni, ho detto subito di sì”. Donatello Bochicchio, giovane medico lucano di Rionero, opera al Policlinico di Bari alla Medicina interna, nella sezione trasformata lo scorso marzo in Unità Covid. Una storia professionale e personale la sua, visto che solo il 6 dicembre scorso, ha perso il padre, Angelo, stimato veterinario dell’azienda sanitaria di Potenza, a causa del maledetto virus.

“Mentre facevo il vaccino, il pensiero andava a papà” L’ultimo mese è stato molto duro per Donatello. Il 6 dicembre la morte del padre, ricoverato in Terapia intensiva a Potenza. Dopo solo una settimana è rientrato in reparto a fare ciò per cui si batte da marzo, la lotta al Covid, tra le corsie dell’ospedale di Bari. “Ho voluto subito rientrare in servizio, avevo voglia di battermi e stare vicino a chi sta vivendo la stessa malattia, lo stesso dramma che abbiamo vissuto noi in famiglia”, afferma. Si esprime con toni pacati e professionali. Ma il momento in cui gli è stato inoculato il vaccino, lo scorso 27 dicembre, lo ricorda in un mix di sensazioni contrastanti. “Da un lato pensavo che finalmente l’umanità sta per liberarsi da questo flagello, dall’altra il pensiero andava a papà, lassù, e si è affacciata un po’ di tristezza”.

“Collaborazione tra personale medico e cittadini per vincere la sfida” Nel reparto in cui lavora Donatello, attualmente sono ricoverati 44 pazienti covid. Ogni giorno lui, come i suoi colleghi e il personale infermieristico, si bardano per prestare le cure agli ammalati. Scafandro, tuta e guanti con “chirurgica attenzione” a non contrarre loro stessi il virus. “Combattere il covid è la missione per antonomasia per me e tanti altri in prima linea”, confessa. E “dispiace leggere di tanti medici e infermieri che sono caduti e stanno cadendo in battaglia”. Già, una battaglia. Che non si può combattere, mette in guardia Donatello, “se non attraverso un patto tra noi addetti ai lavori e i cittadini tutti, che devono vaccinarsi per aiutarci a vincere questa dura lotta al nemico comune”.

“Vaccinarsi, atto di altruismo” Sullo sfondo ci sono i nuovi no vax, il nuovo volto dei negazionisti della malattia. E c’è un clima che anche in Italia non appare del tutto favorevole al vaccino e alle scoperte scientifiche. Complice il balletto di virologi e infettivologi spesso poco chiari e vocianti in ordine sparso. Il giovane medico, da par suo, non pensa alle nuove cure come a qualcosa da accettare come “un dogma”, alla stregua di una fede. Ma la vede come una strada, prima assente, per tornare ad un senso di normalità che ci è sfuggito di mano. “Vaccinarsi è un atto di altruismo, non farlo è da irresponsabili”, è il monito di Donatello, che ha vissuto tra i suoi affetti il senso della perdita. Mentre pensa “al papà che sta lassù”, prova poi a guardare al futuro, all’anno che verrà: E conclude: “A me, come credo a tutti, questo anno orribile ha insegnato cos’è il dolore, la privazione, e forse ci farà apprezzare di più cose che davamo per scontate; un bacio, un abbraccio senza retro pensieri, un contatto umano senza mettersi reciprocamente a rischio”.